“Se in Italia ci sarà la secessione che fine faranno i meridionali?”. Da questa domanda scherzosa di Gianfelice Imparato nasce nel 1994 la commedia Casa di frontiera. Era a cena con Gigi Proietti che gli suggerì di lavorare sull’idea e di scrivere uno spettacolo per il teatro.
A metterlo in scena fu lo stesso Proietti e ora Imparato, autore e interprete che ha recitato anche in film di Moretti, Bellocchio e Monicelli, è il protagonista della trasposizione cinematografica Gennaro Strummolo cittadino del Nord, diretta da Massimo Costa.
Il film è in concorso al Festival de la Comédie di Montecarlo (25-30 novembre 2002) ma non ha ancora trovato una distribuzione.
Come sei arrivato dalla versione teatrale a quella cinematografica?
E’ stato il regista Massimo Costa, che aveva visto lo spettacolo, ad avere l’idea. Nel 1995 la proponemmo a vari produttori, tra cui Pietro Innocenti, ma non se ne fece nulla. Poi l’anno scorso Innocenti ci contattò e ci diede l’ok per la realizzazione del film. Da allora tutto, dalla sceneggiatura alle riprese, è stato fatto in tempi rapidissimi. Il plot è rimasto quasi inalterato, così come il gusto per la commedia paradossale e i toni amari anche se il cinema permette una maggiore ricchezza di situazioni e personaggi.
Chi è Gennaro Strummolo, il tuo personaggio?
E’ un tornitore che dopo la secessione, come tutti meridionali residenti nella Repubblica del Nord, è stato rinchiuso in una delle “riserve” sparse per tutta la Padania. Ambisce a diventare cittadino del Nord. Per questo accetta di sottoporre se stesso e la sua famiglia ai test dell’amministrazione padana. Per realizzare il suo sogno cambia il proprio cognome in Strumm e millanta origini tedesche.
Come si vive nelle case di frontiera?
I nordisti chiamano le case di frontiera C.R.I.C. cioè “Centri raccolta e identità culturale”, termine politically correct per definire dei lager. Ma qui è vietato dare del “terrone” a qualcuno, piuttosto si usano termini come peninsulare, extracomunitario, forastico e ostrico. Sono posti simili a riserve indiane, la gente che ci vive è priva di libertà di movimento e la loro forza lavoro è sfruttata da quelli del nord. Fanno lavori umili, senza garanzie né sicurezza.
Il film tocca temi di grande attualità…
La secessione dell’Italia che abbiamo messo in scena è la metafora di un’epoca in cui la divisione tra nord e sud del mondo non passa più per le grandi ideologie ma per la distribuzione delle ricchezze. Dunque il riferimento non è tanto alla politica italiana ma, più in generale, ai piccoli interessi locali che compromettono i valori della solidarietà.
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