Gesù mockumentary

Esce il 26 marzo il film indipendente che immagina il ritorno di Cristo nell’era attuale


Sembra che il mondo aspiri a un ritorno dei grandi personaggi – più o meno positivi – del passato. Dopo il tedesco Lui è tornato che vedeva Hitler materializzarsi nel mondo moderno, e il suo adattamento italiano Sono tornato, con Mussolini a fare la parte del leone, arriva in sala il 26 marzo con Easy Cinema Oh mio Dio! di Giorgio Amato, dove a reincarnarsi tra social e tv è nientemeno che Gesù, e l’uscita vicino ai giorni di Pasqua è quantomai sul pezzo.

“E’ un soggetto che ho in mente da tanto tempo – spiega il regista – parliamo addirittura del ’98 quando frequentai un corso di sociologia delle religioni in cui si parlava della ‘Parusia’, ovvero il previsto ritorno di Cristo che paradossalmente è spesso taciuto se non per qualche accenno nelle preghiere. Non sono religioso ma il concetto mi ha molto affascinato, così ho iniziato a portarlo in giro ma i produttori con cui mi sono confrontato lo hanno ritenuto tutti un tema troppo difficile. Nella scrittura mi sono ispirato più che altro al best-seller di John Niven, ‘A volte ritorno’, ma ho letto anche ‘Lui è tornato’ di Timur Vermes, da cui è stato tratto il film, e in entrambi i casi ho dato la testa al muro, perché io sapevo che il soggetto era buono e mi scocciava che in altri paesi lo realizzassero con successo mentre qui in Italia erano tutti sordi. O meglio, ero io che non riuscivo a farmi capire, sicuramente. Comunque, è stato anche uno stimolo a partire. Mi sono detto: ‘me lo faccio da me’. Mi hanno aiutato diversi benefattori che hanno creduto nel film e lo abbiamo fatto con un budget che di solito le grandi produzioni usano per il catering. I tempi si sono allungati e ci siamo trovati vicinissimi all’uscita di Sono tornato, ma pazienza. Volevo fare un film che tornasse ai valori cristiani e anche un po’ ingenui che mi avevano insegnato nell’adolescenza: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te e ama il tuo prossimo come te stesso. Sono valori morali più che religiosi e anzi penso che essere ateo possa essere un vantaggio, perché spesso la religione è usata come scusa per adottare comportamenti eticamente ‘alternativi’. Le stesse persone che protestano perché viene tolto il crocifisso dalle aule poi fa le barricate perché un gruppo di profughi non venga accolto in città. Non mi pare molto cristiano”. L’approccio scelto è quello del ‘mockumentary’: Gesù e i suoi discepoli – non dodici, perché come sottolinea il regista, nei Vangeli non è specificato il numero – vanno in giro per strada a raccogliere le reazioni della gente, trovandosi spesso di fronte all’incredulità e al cinismo. Perfino una suora sbatte loro la porta in faccia.

“Anche se abbiamo un basso budget – continua Amato – non significa che lo spettatore non meriti di vedere un film credibile. Il mockumentary è un espediente, se vogliamo, che mi ha permesso di far passare il messaggio, e di provare a rispondere alla domanda ‘se Gesù tornasse, saremmo in grado di riconoscerlo? Se camminasse sulle acque del Tevere, ci crederemmo o penseremmo che è un effetto speciale?”.

Cristo ha il volto smunto e ieratico di Carlo Caprioli: “Ho capito subito – dice l’attore – che dovevo sparire dietro al personaggio. Non è solo un personaggio storico, è una divinità. Ma avendo lavorato in maniera totalmente indipendente è stato possibile scrivere il personaggio con calma e anche sul campo, di fianco al regista, e questo ha aiutato tantissimo”. Ci sono anche due personaggi femminili interessanti, entrambi a confronto con il tema della maternità. La Madonna di Anna Maria De Luca e la Maddalena di Giulia Gualano. “Io sono credente – spiega De Luca – e mi aspettavo di dover interpretare una Maria canonica, ma invece la forza di questo personaggio è il dubbio”. “Sono atea – commenta Gualano – ma credo nei valori di cui parla il film. Nella pellicola interpreto una donna costretta ad abortire dal contesto sociale e culturale in cui si trova, e questo fa riflettere su quanto veramente possiamo agire in regime di libero arbitrio”. “Tra l’altro – commenta ancora il regista – quella è una delle scene per cui ho rinunciato a una distribuzione importante, perché ritenevano troppo impegnativo il tema dell’aborto. Ma per me era essenziale, la mia era una domanda verso chi si sente cristiano ma poi si trova di fronte al problema di dover affrontare una scelta di vita così importante. E’ normale che Gesù sia a favore della vita, ma non necessariamente è la mia posizione da regista. In quel momento lui offre alla sua Maddalena una alternativa e lei la accetta. Ma la decisione finale spetta alla coscienza di ciascuno di noi. Non so se questo sia un film educativo da far vedere nelle scuole, non era quello il mio intento né di fare un film religioso. Per me è una fiaba sui valori essenziali dell’etica umana”.

Il film non ha però i toni della commedia, anzi risulta spesso cupo, drammatico e non si lascia scappare nemmeno una scena spaventosa: il confronto tra Gesù e l’Indemoniata, che avviene qui in un ospedale psichiatrico dove sono entrambi rinchiusi. “Non dimentichiamoci che il mio primo film, Circuito chiuso, era un horror. Mi rendo conto che si veda una sorta di ‘salto di stile’ in quella scena, ho anche provato ad abbassare la qualità delle immagini per suggerire che fosse ripresa dal telefonino di un infermiere dell’ospedale ma non si capiva molto, così ho rinunciato. Gestire gli aspetti spettacolari o sovrannaturali è complesso, anche ad esempio per quanto riguarda i miracoli. Molti li ho tagliati, non volevo che distogliessero l’attenzione dal concetto essenziale del film. Ad ogni modo sono certo che oggi un indemoniato verrebbe rinchiuso, così come uno che dice di essere Gesù. Può piacere o no ma sicuramente è una parte molto personale”.

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16 Marzo 2018

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