Gabriele Muccino e il thriller di formazione

'Fino alla fine' è alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public. Si presenta come un intenso racconto sulle decisioni, le conseguenze e il passaggio dall'adolescenza all'età adulta

FINOFINE

Fino alla fine, diretto da Gabriele Muccino, esplora il delicato momento delle scelte che possono cambiare la vita.
Scritto da Muccino insieme a Paolo Costella, il film segue la storia di Sophie, una giovane americana di vent’anni che si trova in vacanza a Palermo con la sorella.

A pochi giorni dal rientro in California, Sophie incontra Giulio e il suo gruppo di amici, e quelle ultime 24 ore in Sicilia saranno destinate a stravolgere il suo destino. Attraverso una serie di decisioni che la porteranno a camminare su un filo sottile tra amore e pericolo, la ragazza si ritroverà immersa in un’avventura di sopravvivenza, riscatto e adrenalina pura, imparando quanto sia facile sbagliare e quanto profondamente queste scelte possano influenzare il futuro.

Prodotto da Lotus Production, una società Leone Film Group, insieme a Rai Cinema e in collaborazione con Adler ed ELA Film, si presenta come un intenso “thriller di formazione”, racconto sulle decisioni, le conseguenze e il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

E’ alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public.

“I personaggi sono nati in maniera organica – dice il regista – volevo soprattutto raccontare un film incentrato su un personaggio femminile, ispirandomi anche a Fuori Orario di Scorsese, faro che mi ha inseguito per anni. Volevo che fosse una donna a sorreggere tutta la storia, mettendo insieme i punti di un arco drammaturgico che ho messo insieme a Costella, costruendo la trama di una ragazza la cui vita viene stravolta in poche ore. Lo spettatore avverte le porte che scricchiolano ma dopo un twist specifico si entra nell’occhio dell’uragano, e lei si trasforma da ragazza di provincia americana che ancora non ha espresso sé stessa, con un lutto non elaborato e un tentato suicidio, un grande disagio, arriva a Palermo, vede il mare e decide in quel momento di fare la prima di una serie di scelte. Si lascia alle spalle la sua vita originaria, ovvero la sorella, e nuotando incontra un ragazzo orfano e malinconico come lei. Un incontro forte proprio per le loro similitudini nell’incompiutezza. Le scelte di Sophie sono rischiose proprio perché a lei manca la vita, è rimasta troppo a lungo rinchiusa nel bozzolo. Pur di vivere quella notte in un modo assoluto è pronta a morire, con una capacità di leadership inespressa, che fa girare il film”.

Muccino è un esperto di racconti che parlano di giovani, ma qui subentra il tema della criminalità, espressa come una deriva vicinissima. Ci si cade con poco.

“Non penso che sia un film che riguarda i ragazzi di oggi – commenta l’autore – credo che le dinamiche di questa storia siano universali e senza età. La linea invisibile tra giusto e sbagliato, lecito e illecito, bene o male, è universale. Ed è molto più facile e naturale di quanto possiamo pensare trovarsi dall’altra parte. Il male e la prevaricazione hanno costituito l’umanità, fanno parte di noi, per motivi di difesa: del territorio, del villaggio, della famiglia. Siamo cacciatori nell’animo ma anche assassini, lo siamo stati per millenni, è un file incancellabile. Il confine è sottile e le scelte di Sophie vengono anche da questo potere ancestrale di incontrare il pericolo e pensare con l’umana presunzione di poterlo dominare”.

Un cambiamento radicale di genere per il regista, anche se, dice “era qualcosa che volevo raccontare da tempo. Mentre lavoravo a L’ultimo bacio vedevo American Beauty e pensavo “ci dovrebbe scappare il morto anche nel mio film”. E’ un modo di valicare i limiti del linguaggio. Ho messo una macchina da presa in un’automobile che era guidata da un pod, è stato tutto molto incoraggiante. Dopo 13 film e una serie si ha voglia di cambiare, di sperimentare. Ho sempre scelto film che mi mettessero paura di sbagliare. Tutte le volte che mi sono mosso su territori ‘safe’ i risultati sono stati pessimi. E questo film era pericoloso di suo, temevo che il morto ci scappasse sul set, qualcuno si poteva fare male. Bastava che qualcuno attraversasse la strada nel momento sbagliato. L’adrenalina che vedete non è simulata, quella corsa l’hanno fatta tutti realmente, me compreso”.

Che non si usi però la parola “generazionale”. “La odio dal 20o1”, scherza Muccino.

Interviene poi la protagonista  Elena Kampouris: “E’ stato facile empatizzare con Sophie. Chi non ha voglia di vivere al massimo, di lasciarsi andare? Quando incontra Giulio, per lei è la luce. Nella mia vita sono più cauta, più misurata, ma ho lavorato sulla sua esigenza di vivere al massimo delle possibilità. Non ho mai rubato un gelato, come Sophie, anche se mi piace il gelato di Roma. Non sono folle come lei, proprio per questo interpretarla è stata una grande avventura. Devo dirvi che Gabriele è un visionario, ha inventato idee folli all’ultimo minuto, come il girare in due lingue allo stesso momento, inglese e italiano. Non mi ricordo esempi precedenti di successo. Un vero genio, anche nel supportarci, mi ha dato tanto coraggio in questa indimenticabile esperienza”.

Le fa eco Lorenzo Richelmy: “Concordo con Muccino. Non è una questione generazionale anche se in molti ancora mi considerano un ragazzino. Certi temi riguardano tutti. Oggi i ventenni si preoccupano del futuro del pianeta. Nobilissimo, ma oggi i giovani sono i pompieri e non gli incendiari: dicono ai genitori di stare attenti in macchina. Ci stiamo negando la libertà di essere noi stessi. Non possiamo limitarci a fare i passacarte. Quanto è più comodo sentirci impossibilitati a fare delle scelte? Soprattutto in Italia: ‘ma chi te lo fa fare?’. Dobbiamo ricordarci che siamo noi i padroni delle nostre vite. Non c’è un Dio o qualcuno che ci obbliga a non essere liberi. Nel mio personaggio ho sentito, grazie alla forza emotiva di Gabriele, che è una sorta di ‘carbon fossile’, tutta la vitalità necessaria. Siamo artisti, non ingegneri, e il film tratta di libertà. Un messaggio per tutte le generazioni”.

L’altro interprete Saul Nanni conferma: “è un film sulle scelte che facciamo e sulle loro conseguenze. E’ un film pieno di emozioni e il gruppo innesca la vita nell’altro. La vita è proprio la conseguenza delle scelte che operiamo”.

Per Francesco Garilli è una prima esperienza. “Sono del tutto nuovo. Anche la scelta di partecipare al casting è stato un salto nel vuoto”. “Quello che mi interessa – aggiunge Enrico Inserra – è specificare che il film è stato girato assolutamente borderline. In quel momento vivi una vera dimensione di rischio ed è quello che ci ha dato la sensibilità per portare avanti questa storia e renderla verosimile. Senza di quello sarebbe stato difficile mettersi nei panni dei personaggi. Dipende da come è stato scritto, girato e interpretato. Gabriele ti offre un viaggio intenso. Ti da tutto e tu senti di dover dare tutto a lui”.

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