Una storia tipicamente anni ’80, uscita dalla penna di Sandro Veronesi, sulla generazione liquida e le sue contraddizioni. Una storia che resta ancora valida se applicata ai giovani e giovanissimi di questi anni, secondo il produttore Domenico Procacci che ha affidato Gli sfiorati al trentenne regista di malesseri Matteo Rovere (suo Un gioco da ragazze). Ma non secondo Asia Argento, che nel film ha il piccolo ruolo incisivo della pierre Beatrice Piana, donna nevrotica e insicura alla disperata ricerca di un amore nella vita notturna romana: “Negli anni ’80 i ragazzi erano più liquidi, oggi ci sono molte porte chiuse – dice l’attrice – non c’è paragone plausibile tra queste due epoche”.
In sala dal 2 marzo in 80 copie con Fandango, il film parte dalla definizione di “sfiorati” come di coloro che vivono la propria vita in sogno, senza immaginare le conseguenze delle proprie azioni, in perenne inquietudine, schiacciati da genitori che danno poco spazio e aiutano troppo, estremamente mutevoli. Così sono Méte e Belinda (Andrea Bosca e Miriam Giovanelli), nati dallo stesso padre ma da madri diverse, lui italiano e lei spagnola, che si trovano a trascorrere insieme la settimana che precede il matrimonio dei genitori (Aitana Sanchez-Gijon e Massimo Popolizio). Belinda, che nel libro è appena una quindicenne e nel film ha un’età indefinita, non esce mai di casa e sta per lo più in mutande davanti a qualche documentario in tv, si trova inizialmente di fronte alla resistenza passiva di Méte, trentenne piuttosto depresso che non ha mai perdonato il padre per averli abbandonati, lui e la mamma, da un giorno all’altro. Di mestiere perito grafologo, lavora con Bruno (Claudio Santamaria), che a sua volta è stato lasciato dalla moglie, dorme in ufficio ed è sommamente infelice perché non riesce a vedere abbastanza la figlia ancora piccola, mentre l’altro amico di Méte, Damiano (Michele Riondino), è un agente immobiliare che usa i lussuosi appartamenti del centro storico con vista sui Fori come garconniere offrendo numerosi spunti di commedia.
Per Rovere, imbevuto di cinema anni ’90, un modello dichiarato è Eric Rochant col suo Un mondo senza pietà (1989) e Procacci rivela che proprio al regista francese aveva parlato inizialmente del progetto. Ma la scelta degli sceneggiatori Francesco Piccolo e Laura Paolucci (che lavorarono anche su un altro romanzo di Veronesi, Caos calmo) è stata quella di cercare un equilibrio tra quello che loro chiamano “spirito leggero” e che può evocare tocchi mucciniani, e la densità di un mondo davvero angosciante per la sua pochezza: “Con Caos calmo – dice Piccolo – siamo stati più attaccati al libro, qui ci siamo sentiti più liberi, anche di introdurre una struttura circolare e alcuni nuovi personaggi”. Per Laura Paolucci, “questo è il racconto di una tentazione in questo senso avremmo potuto rinunciare all’incesto tra i due fratelli anche se il romanzo era costruito proprio per portare il lettore a desiderare questa scena”. Un incesto, chiarisce ancora Francesco Piccolo, “che viene reso possibile e sopportabile”, specie nella sequenza in cui la ricomposta famiglia allargata canta “Più bella cosa” di Eros Ramazzotti in macchina (con echi da La stanza del figlio di Nanni Moretti). Inizialmente vietato ai minori di 14 anni, Gli sfiorati è stato derubricato dopo il ricorso.
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