La Settimana Internazionale della Critica è da 21 anni un appuntamento importante della Mostra di Venezia, organizzato dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Inaugurata da un omaggio al grande Otto Preminger, in occasione del centenario della sua nascita e del ventennale della sua morte, quest’anno la Settimana si ritrova curiosamente attraversata dal tema della “scomparsa”: sin dal suo film d’apertura, appunto, quel Bunny Lake is Missing realizzato dal regista austriaco nel 1965, incentrato sul misterioso rapimento di una bambina nella Londra degli anni ’60. Ne parliamo con il delegato generale Francesco Di Pace.
Tre film europei, uno argentino, uno canadese, uno taiwanese e uno americano si contenderanno il premio della Settimana Internazionale della Critica. Partiamo dalla vostre selezione in campo europeo.
Comiciamo dalla Francia, che come sempre si rivela un paese molto vivo, cinematograficamente parlando. Anche quest’anno avevamo un elenco di opere prime di notevole livello: la nostra scelta (e ci tengo a dirlo, perché il film lo abbiamo strappato al concorso di un Festival molto importante) è stata per l’esordio alla regia di Jean-Pierre Darroussin, uno degli attori preferiti di Guediguian, che con Le pressentiment ha realizzato un film molto personale, da lui stesso interpretato nel ruolo del protagonista. Un film sullo spaesamento e sul cambiamento di identità, sulla ricerca di un nuovo senso per la propria vita. Siamo poi molto contenti di avere in concorso due film provenienti dall’Europa dell’Est, film di scuola ma molto diversi l’uno dall’altro: per quanto Egyetleneim dell’ungherese Gyula Nemes è virtuosistico e frenetico (molta camera a mano, ma anche un formidabile piano-sequenza di quasi dieci minuti, il regista si è formato alla Famu di Praga con maestri come la Chytilova e Vachek), Hyena del polacco Lewandowski, supervisionato da Zanussi, è elegante e dalle atmosfere sospese, un racconto horror con protagonista un ragazzino alla prese con il passaggio dall’età della paura a quella del coraggio.
“A Guide to Recognizing Your Saints”, dello statunitense Dito Montiel, è prodotto dalla rockstar britannica Sting e da sua moglie Trudie Styler. Come siete arrivati a questo film dal titolo bellissimo?
Il film aveva vinto un Premio al Sundance. Ma noi l’abbiamo visto al Marché di Cannes, in una proiezione affollatissima. Li abbiamo contattati quasi subito e si vede che il prestigio della SIC e di Venezia deve averli convinti. Montiel è un nome da tenere d’occhio: a un suo reading di un racconto autobiografico si accorse di lui Robert Downey jr., che lo spinse a realizzarne un film. Cast di tutto rilievo (Palminteri, Rosario Dawson, lo stesso Downey jr.), ma soprattutto una regia sorprendente.
Segnaliamo gli altri titoli…
L’argentino El Amarillo di Sergio Mazza è la conferma del momento felice per il cinema latino-americano di questi anni: un film che si srotola in un non-luogo, con una mistura di sentimento, umorismo e musicalità. Sur la trace d’Igor Rizzi del canadese Noel Mitrani è un noir dalle atmosfere ironiche e surreali, dalle parti di Jarmusch ma anche di Kaurismaki. Il taiwanese Yi Nian Zhi Chu – Do Over di Yu-Chieh Chieng potrebbe essere una delle scoperte di Venezia: struttura circolare a ritorni temporali, si svolge tutto a cavallo tra la fine e l’inizio di un anno, con vari personaggi che potrebbero cambiare il destino delle loro vite, se solo volessero.
L’unico titolo italiano è “La rieducazione”, proposto come “evento speciale”, un film di esordienti a bassissimo costo. Perché avete fatto questa scelta?
Il film è fuori concorso perché è girato in video e non avevamo garanzie che potesse essere trasferito in pellicola in poco tempo (il nostro regolamento parla chiaro); e anche perché è un piccolo film che forse avrebbe sfigurato nei confronti di film dal più alto livello produttivo. Detto questo, La rieducazione è un film che indica delle strade, senza presunzione, solo con idee e voglia di fare, ed è un film girato da giovani dotati di sguardo cinematografico, che è la cosa che ci piace di più. Avremmo voluto invitare in concorso un altro esempio di giovane cinema italiano, di tipo più assistito se vogliamo, ma alla fine i produttori non se la sono sentita di venire a Venezia.
Il tema della scomparsa e della ricerca che lega i film selezionati potrebbe fare simbolicamente riferimento all’assenza del nuovo cinema italiano. Voi stessi avete affermato che non ci sarà una sola opera prima italiana in tutto il festival di Venezia. La nuova legge e i tagli considerevoli ai finanziamenti per il cinema hanno portato ad una stagione particolarmente “magra”.
Credo che sia innegabile sostenere che il cinema italiano non è in un bel momento, al di là di quei quattro-cinque film che poi girano per i festival e illudono sul suo stato di salute. La stagione appunto è magra e questo si riflette inevitabilmente sulle opere prime: pochi produttori sono disposti a rischiare su nomi sconosciuti e proposte che non portino con sé un pacchetto di attori in voga e soprattutto temi e stile da “notteprimadegliesamisimilmuccino”. Con tutto il rispetto per quei pochi che cercano in ogni caso di fare un cinema personale e i cui film, in tutta onestà, non ci sono piaciuti.
Quest’anno c’è qualcosa di nuovo in Italia, la nascita di un festival a Roma con un budget considerevole, che sta sollevato molte polemiche. Per molti è una vera e propria minaccia per Venezia. La Settimana ha sofferto di una “caccia al film”, se c’è stata? Come valuta l’inevitabile “concorrenza” tra le due manifestazioni?
La concorrenza non credo abbia toccato la Settimana: ci siamo sfiorati solo su un film, a quanto mi risulti. Venezia gode ancora di un certo prestigio, e forse anche la SIC. Detto questo, mi sembrano discorsi un po’ prematuri: la Festa di Roma deve ancora mostrare quello che è in grado di essere, mentre Venezia può farsi del male già da sola, poi se ci si mettono anche i politici… Io credo che Venezia debba essere difesa e potenziata. Roma potrebbe diventare quello che Paris Cinema è nei confronti di Cannes. Ma questo è solo il mio parere.
Camillo de Marco (cineuropa.org)
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