Franca Sozzani rientra nell’iconografia e nell’immaginario globale per essere stata colei che ha cambiato passo all’editoria del settore moda, osando in un mélange trasversale alle arti, tenendo a sottolineare di voler, comunque, fare informazione: “Perché non devo parlare di quello che succede nel mondo?”, domanda lei stessa intervistata nel documentario, sottointendendo che la moda, superficiale e commerciale, non prescinde dal poter fare informazione in senso classico. Completa poi la sua visione dell’editing del fashion con la componente onirica, il sogno, di cui per lei i fotografi sono gli interpreti.
Il figlio, Francesco Carrozzini, regista all’esordio, ha costruito un racconto sulla madre – Franca: Chaos and Creation – realizzando 250 ore di girato in circa 2 anni e mezzo, narrati in un documentario biografico, già presentato lo scorso anno alla Mostra del Cinema di Venezia, insieme a lei (scomparsa poi il 22 dicembre 2016), adesso in uscita in sala in Italia con un evento di tre giorni – 25/27 settembre –, a cui si implementa la distribuzione sulle piattaforme digitali Netflix, iTunes e Amazon, distribuito da M2 Pictures, e che ha presentato a Roma in anteprima.
Come è nata l’idea del documentario?
Era una necessità, per la morte di mio padre, che stava avvenendo quando ho iniziato le riprese. All’inizio non doveva essere un film, solo dei ricordi, come i filmini di famiglia che ho montato.
Come si è sviluppata la lavorazione del film?
Le difficoltà, anzitutto: non avevo mai fatto un film, quindi c’era l’inesperienza del processo emotivo e produttivo; e il passare intere giornate con mia madre: straordinaria ma anche molto impegnativa, che non voleva assolutamente fare questo film. Il lavoro è durato circa 2 anni e mezzo.
Perché non voleva?
Non amava condividete le proprie cose.
Cosa ha scoperto della Franca Sozzani, direttore di ‘Vogue’ e madre?
Del direttore, anzitutto ammetto che da bambino credevo avesse un’edicola, perché ‘lavorava con i giornali’. Poi, essendo cresciuto in questo mondo non avevo davvero mai capito che avesse lavorato a quel livello, con quello spessore. Cercherò di portare avanti alcuni dei suoi progetti. Ci sarà una Fondazione che cercherà di portare avanti queste attività. Mia madre ha lavorato con lo IEO – Istituto Europeo di Oncologia, riuscendo a portare una (macchina da) risonanza molto cara, soprattutto in Paesi come l’America: sto cercando di mettere insieme persone che mi aiutino in quel settore, per evitare che le generazioni a venire muoiano di cancro, come mio padre e mia madre. Della madre ho scoperto tante cose che non sono nel film: che i genitori sono esseri umani, che sbagliano, che noi figli li vorremmo perfetti, ma che così non sono.
Del suo impegno per le grandi cause, non si parla nel doc, perché?
Non ha mai voluto pubblicizzare troppo quello che faceva; sto scoprendo adesso parte dei suoi impegni, faceva molto di più di quello che io credessi. Io ho voluto raccontare la sua creatività, il suo coraggio, e al tempo stesso raccontare noi. Non volevo pubblicizzare io quello che faceva al di là del suo lavoro perché non volevo renderla una martire, sapendo sarebbe venuta a mancare.
Avete fatto in tempo a presentare insieme il documentario alla Mostra di Venezia 2016, istituendo da quest’anno un premio a suo nome, Franca Sozzani Award, creato da Jeff Koons.
Quest’anno l’abbiamo dato a Julienne Moore, che mia madre ammirava molto e che ha una personalità simile a lei. Sarà anche un modo per tornare sempre a Venezia, un luogo che ha molto significato per noi, forse anche il luogo del nostro addio.
Il film adesso, in Italia, sarà in sala come evento, in vista del suo secondo lavoro da regista.
Esce in sala in Italia, ma abbiamo deciso di non uscire in USA, una release inutile. L’ha comprato però il Canada. Le piattaforme digitali sono invece perfette per questo film: Netflix, iTunes, Amazon. Sono appena tornato dalla Norvegia, dove abbiamo scritto, con Stefano Bises (già Gomorra – La Serie) un adattamento di Sole di mezzanotte (dal romanzo di Jo Nesbø). Sarà il mio primo film narrativo. Sono andato fino in America, per poi tornare qui: sono felice di far le cose con persone con cui condividere la nostra cultura. Avrò un cast internazionale e posso contare sul grande supporto di Cattleya per la coproduzione italiana. Le riprese sono previste per la prossima estate.
Nell’occasione dell’anteprima, Francesco Carrozzini ha ritirato anche il Nastro d’Argento, consegnato dalla presidente Laura Delli Colli: “La consegna ad una quotidianità che continua nel ricordo – ha detto la Presidente . Ho avuto occasione di conoscere Franca a Cinema Italian Style, in America: l’impressione, prima di allora, era di una persona distante, invece la cosa che sorprende di lei, da vicino e nel film, è il profilo umano, l’essere a tratti curiosamente alla mano, contraria all’icona apparentemente meno disponibile. Questo è un premio speciale ai documentari”, la cui motivazione narra di un viaggio, del risultato di un percorso intimo, della non facile confidenza madre e figlio.
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