Un museo immersivo e visionario che nasce a Cinecittà mettendo insieme il patrimonio audiovisivo di soggetti come il Luce, Rai Teche e la Cineteca Nazionale: è il MIAC, Museo Italiano Audiovisivo e Cinema, presentato alla stampa stamani, aperto al pubblico da dicembre allargando l’offerta espositiva di Cinecittà (con Cinecittà si mostra e i diversi set visitabili). “Un museo che permette di conoscere la gloriosa storia del cinema tenendo aperta una porta sul presente e sul futuro, che mette insieme il patrimonio straordinario del Luce, delle Teche Rai e del Centro Sperimentale di Cinematografia, e che era giusto nascesse a Cinecittà, come luogo simbolico”: così il ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini. Proprio a lui si deve la prima idea, lanciata cinque anni fa mentre visitava la mostra allestita per i 90 anni del Luce al Vittoriano. “È una rara soddisfazione vedere aprire un museo in così poco tempo e l’imprevedibilità della politica o forse il destino ha fatto in modo che fossi qui da ministro per inaugurarlo”, ha aggiunto, spiegando che avrebbe in ogni caso voluto presenziare a questa inaugurazione.
Finanziato con il piano strategico Grandi Progetti Beni Culturali, previsto dalla legge istitutiva dell’Art Bonus varato nel 2015, per un ammontare di 2,5 milioni di euro (in buona misura necessari per la ristrutturazione edilizia e la bonifica dell’edificio ex Sviluppo e Stampa), il progetto si coagula attorno all’idea felliniana che “l’unico vero realista è il visionario”. “Attorno a questo luogo – prosegue Franceschini – si possono costruire molte cose, iniziative di studio e formazione. Sarebbe bello avere una sala del museo in cui il visitatore può lasciare la propria dichiarazione d’amore per il cinema attraverso un filmato”. E pensando al 2020, anno dedicato a Federico Fellini nel centenario della nascita, il ministro ha suggerito che “il MIAC potrebbe coordinare tutte le iniziative organizzate in Italia per ricordare il grande riminese”. Tra queste anche l’installazione felliniana a cui Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo stanno lavorando proprio a Cinecittà.
A introdurre l’affollata conferenza stampa, ospitata dalla Sala Fellini, Roberto Cicutto, AD e presidente di Istituto Luce Cinecittà, che ha sottolineato come il progetto sia una start up che sarà continuamente rinnovata, con temi e immagini sempre diversi. “Nasceranno altri due spazi, uno dedicato alle mostre temporanee e uno spazio lettura intitolato a Tullio Kezich con la sua biblioteca, 7.000 volumi di cinema donati da Alessandra Levantesi”. Inoltre sarà riaperto il Laboratorio di sviluppo e stampa per l’analogico. Cicutto ha voluto citare i tanti partner dell’iniziativa, dalla Cineteca di Bologna all’Aamod, alla Siae al Museo nazionale del cinema di Torino. Il MIAC non si vuole sovrapporre ad alcuna istituzione già esistente ma offre a Roma Creative City of Film UNESCO la possibilità di offrire uno spazio dedicato proprio alla storia dell’audiovisivo.
Maria Pia Ammirati, direttore di Rai Teche, loda la “meraviglia innovativa” del museo dove la storia può rivivere anche come storia della radiofonia prima e della televisione poi. Così una delle prime mostre sarà dedicata proprio alla vicenda che porta dallo sceneggiato al serial. Felice Laudadio, presidente del CSC, sottolinea l’immenso patrimonio messo in campo da Istituto Luce, Rai Teche e Cineteca Nazionale, con i suoi 160mila titoli.
La parola passa ai quattro curatori del museo: Gianni Canova, Gabriele D’Autilia, Enrico Menduni e Roland Sejko. Per Canova il MIAC è un “museo dell’immaginario italiano e l’immaginario è gassoso, liquido, nomade”. E il critico e docente aggiunge: “Volevamo costruire un’esperienza, un museo che non fosse museificato, paralizzante”. D’Autilia si sofferma sull’impegno a cercare di unire “l’aspetto esperienziale con i percorsi didattici, un dialogo continuo con la visualità del mondo”. Per Menduni, storico dei massmedia, il MIAC è “un sito web in muratura che riunisce cinema, fumetto, radio, fotografia, tv, videogioco in un solo luogo e non sono molti i musei che parlano di tutte queste cose insieme”. Sejko, regista e documentarista, riassume il senso dell’operazione in una frase: il film di cui ci illudevamo di essere solo spettatori è in realtà la storia della nostra vita”. Gregorio De Luca Comandini, per il collettivo NONE, spiega come il gruppo di 12 artisti trentenni abbia curato l’allestimento rielaborando circa 400 film usando la tecnologia per ricercare diverse forme narrative e diversi media per stimolare la percezione.
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