L’incredibile impresa compiuta per ridare speranza agli ultimi tra gli ultimi, i bambini italiani nei sobborghi della New York di fine ‘800. Ma anche una ricostruzione del nostro drammatico passato di emigranti. Sono raccontati in Francesca Cabrini, il film del regista messicano Alejandro Gómez Monteverde sulla storia – vera – della fragile suora lombarda che, inviata da Papa Leone XIII, trovò la forza e il modo per organizzare in America una rete di orfanotrofi, scuole, ospedali rivolti agli immigrati. Prodotta da Angel Studios e distribuita da Dominus Production, la pellicola arriverà in Italia, forte del successo riscosso negli Usa (oltre 20 milioni di dollari di incassi), prima con un evento unico (13-14-15 ottobre) e dal 17 ottobre nelle sale.
Siamo nella New York a cavallo tra il XIX e il XX secolo, a Five Point, sobborgo in cui gli immigrati italiani si concentrano, ghettizzati e trattati come fossero animali (per indicarli esiste anche una parola speciale “dago”, che richiama “dog”, “cane”). Il quartiere è una distesa di catapecchie, fango, violenza e disperazione. In questo mondo brulicante e feroce “i topi”, come dice una delle protagoniste, “stanno meglio dei bambini. Ma a nessuno importa nulla”. È proprio il desiderio di prendersi cura dei bambini abbandonati che spinge Francesca Cabrini, ottenuto il permesso papale, a partire da Sant’Angelo Lodigiano e a imbarcarsi alla volta dell’America. Gli ostacoli che la suora e le poche consorelle che l’accompagnano incontrano sulla loro strada, però, non finiscono mai. I principali sono essere donne e per giunta italiane. Ma di mezzo si metteranno anche la malavita, le gerarchie cattoliche newyorkesi, il sindaco della città. E, non ultimi, i polmoni della donna, compromessi da una tubercolosi contratta durante l’infanzia. Francesca Cabrini, tuttavia, non è tipo da scoraggiarsi. Con tenacia inesauribile e grande intelligenza riuscirà a conquistare la fiducia dei prelati, a far schierare la stampa dalla sua parte, a vincere l’opposizione della politica e a fondare un ospedale che sarà l’embrione di una rete mondiale di assistenza a bambini e immigrati.
Francesca Cabrini non è solo un interessante e accurato documento storico sul dramma dei due milioni di italiani emigranti in America tra il 1889 e il 1910. E’ un film reso appassionante da una storia straordinaria, una regia che riesce a essere intensa senza mai scivolare nella retorica e un cast di grande spessore, in cui spiccano la bravissima Cristiana Dall’Anna (Francesca Cabrini), un carismatico Giancarlo Giannini (Papa Leone XIII) e la sempre più convincente Romana Maggiora Vergano. Come ha spiegato Cristiana Dell’Anna, “quella di Francesca Cabrini è una situazione che ancora accomuna le donne quando dobbiamo imporci, far capire il nostro valore, distruggere i pregiudizi degli uomini”.
“Non ero d’accordo quando nel copione c’era scritto che il mio personaggio dovesse sottostare alla gerarchia religiosa – spiega ancora Cristiana – ma certo c’erano delle regole da rispettare. Lei è stata comunque una rivoluzionaria, una donna che si è opposta sempre allo status quo e ha creato tutte istituzioni gestite da sole donne. Ho letto tutto di lei, era una bambina che sognava molto, che voleva andare in Cina e comunque una donna che voleva decidere autonomamente il suo destino”.
“Non conoscevo nulla di questa storia, come conoscevo poco anche Cristiana Dell’Anna che ho scoperto poi essere una grande attrice – dice Giancarlo Giannini – ma ho amato molto lavorare in questo film che nel mondo di oggi parla di anima e bontà”.
Francesca Cabrini è anche un’acuta riflessione sulle difficoltà e le diffidenze che da sempre incontra chi emigra. La lezione finale consegnata dal film è che il mondo sì, è un posto duro ma, se non ci si arrende, alla fine il bene prevale.
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