Mohamed Ben Khalifa, fotografo e operatore freelance libico, è rimasto ucciso in scontri tra milizie rivali a Sud di Tripoli, nella zona di Sheba. Secondo le autorità libiche, Mohamed Ben Khalifa è morto dopo essere stato colpito da una scheggia a seguito di un’esplosione. “Sono scioccata. Hanno ucciso Mohamed Ben Khalifa mentre stava filmando gli scontri nel Sud di Tripoli – ha scritto su Twitter la fotografa libica Hiba Shalabi, promotrice della campagna social #SaveTheOldCityofTripoli – hanno fermato le lenti della sua macchina fotografica che stavano documentando la verità. Hanno impedito alle sue immagini di mostrare la verità”. Grande dolore e commozione anche per la regista italiana Giovanna Gagliardo, che proprio con Khlalifa aveva collaborato per il documentario Il mare della nostra storia, prodotto da Istituto Luce Cinecittà e presentato di recente alla Festa del cinema di Roma (vedi l’intervista di Cinecittà News).
“Era stata proprio Hiba Shalabi a mettermi in contatto con lui – ci racconta Gagliardo al telefono – perché mi serviva un operatore che filmasse la Tripoli contemporanea. Inizialmente il nostro rapporto è stato via email, io descrivevo le scene e lui le girava con grande professionalità. Poi ci siamo incontrati a Tripoli, dove sono andata a realizzare le immagini che chiudono il film, con la mostra di Hiba Shalabi”. Giovanna Gagliardo descrive il giovane fotografo come un uomo pieno di passione per il suo lavoro. “Aveva da poco avuto una bambina e progettava un viaggio in Italia insieme alla moglie e alla piccola. All’Ambasciata italiana, dove era andato la settimana scorsa a prendere alcuni dvd del documentario che abbiamo realizzato insieme, aveva appena chiesto come ottenere il visto per questo viaggio nel nostro paese”. E ancora: “Era una persona di professionalità squisita e le sue riprese avevano un’eleganza degna del miglior cinema, non erano televisive. Tra l’altro mi raccontò che suo nonno aveva lavorato per il conte Volpi in Libia e l’aveva poi seguito in Italia, vivendo per circa un anno a Milano per poi tornare in Libia”.
Sui social media sono in tanti a ricordare il fotografo. “Chi segue quanto succede in Libia, si sarà probabilmente imbattuto senza saperlo nel suo lavoro … gran parte del lavoro foto-giornalistico sulla migrazione (foto nei centri di detenzione, intercettazioni in mare, guardia costiera, ecc.) in Libia era suo”, si legge in un tweet. Dopo quattro mesi di tregua, gli scontri sono ripresi nei giorni scontri nel Sud della capitale libica. Il ministero della Sanità ha riferito di almeno 13 morti e 52 feriti, tra cui donne e bambini.
Istituto Luce Cinecittà e tutti coloro che avevano conosciuto Mohamed durante le riprese del documentario, oltre al personale dell’Ambasciata italiana, si uniscono al dolore della famiglia per questa assurda perdita, ancora un giornalista ucciso nel suo fondamentale lavoro di documentazione.
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