Pare che la regola del “prima le donne e i bambini” non abbia alcun fondamento. Lo abbiamo visto di recente, nel caso dell’incendio del traghetto Norman Atlantic nell’assalto alle scialuppe di salvataggio. E lo conferma una ricerca dell’Università di Uppsala che analizza 18 disastri marittimi avvenuti nell’arco di tre secoli, Titanic compreso. In termini di sopravvivenza sono gli uomini ad avere la meglio, pronti a calpestare i più deboli pur di salvare la pelle. L’istinto del “si salvi chi può” prevale persino sugli affetti.
E’ questo lo sfondo teorico dell’inquietante Forza maggiore opera quarta dello svedese Ruben Östlund, segnalata l’anno scorso dal Premio della Giuria a Un Certain Regard. “Il film nasce da un aneddoto che non riuscivo a togliermi dalla testa – rivela il 41enne cineasta, già autore di Play – una coppia di amici era in vacanza in Sudamerica quando sono sbucati dal nulla dei tizi con la pistola e hanno aperto il fuoco: il marito istintivamente è scappato, lasciando sola la moglie. Tornati in Svezia, lei continuava a raccontare questa storia agli amici, magari dopo aver bevuto uno o due bicchieri di vino. Ho fatto delle ricerche e ho scoperto che in situazioni estreme la gente reagisce in modi del tutto inaspettati, con grande egoismo. Ci sono studi che dimostrano che la maggior parte delle coppie che sopravvivono alle catastrofi finiscono per divorziare”.
Ma Forza maggiore non è un trattato scientifico e trasforma questo assunto antropologico, più che psicologico, in una storia che intreccia momenti di ironia e connotati di thriller in un contesto quasi fantascientifico nel décor – sia la montagna che il grande albergo – e nelle atmosfere. Una bella famiglia – padre, madre, figlio e figlia immortalati nella prima scena in una foto ricordo studiata nei minimi dettagli – trascorre cinque giorni di vacanza sulle Alpi francesi in una località ad alta quota. Gli scenari sono mozzafiato, ma anche piuttosto minacciosi: tutto, dalle seggiovie ai cannoni, lancia sottili segnali angoscianti allo spettatore.
Tomas, il marito, appare come un uomo razionale e sicuro di sé, sua moglie Ebba è invece più emotiva, ma i due sembrano uniti e solidali. Al secondo giorno di sci, mentre sono a pranzo tutti e quattro sulla terrazza panoramica dell’albergo, una valanga improvvisa sembra sul punto di travolgerli. Lui rassicura la famiglia – “sono valanghe controllate” – ma quando l’enorme muro di neve sta per colpirli (almeno così sembra) se la dà a gambe lasciando moglie e figli paralizzati dal panico. E quando la paura è passata, il tarlo del dubbio travolge Ebba e il matrimonio comincia a vacillare: una valanga di emozioni cresce vorticosamente fino ad esplodere. E tutto questo sotto gli occhi di alcuni “spettatori” imbarazzati o silenziosi, altre due coppie e un inserviente ficcanaso. Ma ben presto si creano due fronti, con una divisione netta del punto di vista tra maschi e femmine.
Östlund, con un estremo controllo della sua partitura, va consapevolmente contro le regole hollywoodiane. “Di solito nel cinema americano si vede una famiglia che vive in pace, all’improvviso arriva una minaccia esterna e il padre deve usare la violenza come difesa, poi tutto torna nella norma. Ma questo arco narrativo rappresenta un modo ideologico di guardare alla vita e alla società. A me interessa invece mostrare come l’uomo civilizzato debba confrontarsi con la natura, la parte selvaggia di sé, ovvero il suo istinto che lo porta a pensare solo a se stesso. Per Tomas è duro ammettere di aver fatto quello che ha fatto, ma è duro anche continuare a mentire”.
Forza maggiore, girato anche in Alto Adige con il sostegno della BLS Film Fund & Commission, esce il 7 maggio con Teodora.
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