“Il primo istinto era che non si potesse rappresentare in nessun modo questa storia, ma proprio questa non-rappresentazione ha messo in moto tutto: il cinema mi consente di non mostrare, non indagare dal punto di vista giornalistico. È una storia di tradimento, del mondo dei bambini da parte degli adulti, così come viene tradito – a metà struttura – lo spettatore. È una storia che prende un sogno e lo fa divenire realtà: con il cinema posso cercare di dare una seconda opportunità a questa bambina, Fortuna – il riferimento è a Fortuna Loffredo, la bimba precipitata dall’ottavo piano del suo palazzo, a sei anni, al Parco Verde di Caivano, ndr -, così l’abbiamo celebrata, per questo abbiamo scelto questo ‘modo’, per me l’unico”, spiegava Nicolangelo Gelormini – regista alla sua opera prima – quando presentava il film in Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2020, e adesso in attesa di uscire in sala, dal 27 maggio con I Wonder Pictures.
Un film che si costruisce con uno scritto – di Gelormini con Massimiliano Virgilio – articolato sulla forma del doppio: la messa in scena comincia con la bambina che si chiama Nancy, la mamma – interpretata da Valeria Golino – e un conseguente sviluppo basato sulla sindrome da disorientamento temporale della piccola, curata dalla psicologa Luigia – Pina Turco; poi il film s’interrompe, il sogno di smorza, si spezza, e la storia “ri-comincia”, con la bambina che si chiama Fortuna, la mamma – interpretata da Pina Turco – e un conseguente sviluppo basato sul precipitare della vicenda, in questo secondo tempo più prossimo alla storia di cronaca tristemente conosciuta. E fondamentale, in questo “doppio”, è proprio la figura della madre, delle madri, laddove una sola delle due non riuscirebbe a colmare appieno il profilo: “Io sono la madre immaginata e immaginaria, tutto quello che la bambina vorrebbe la mamma fosse, protettiva, apprensiva, soave, una sorta di accoglienza senza condizioni. Poi ho portato lo stesso sentimento nell’altro mio personaggio – la psicologa – senza essere costretta a guardare gli opposti, perché l’opposto era Pina Turco (la mamma della seconda parte del film, ndr). Gli ambienti, gli abiti, rendono tutto obliquo, iper-reale: è molto interessante vedere quanto architettura, tessuti, cambiassero a seconda di chi ci fosse dentro a quel palazzo. L’architettura, i costumi, seguono i movimenti emotivi dei personaggi”, dice Valeria Golino.
“Interpretare una mamma, ad un’attrice lascia sempre sotto pelle la tentazione di andare a scovare la realtà, ma qui c’era un grande rischio di emulazione: non abbiamo fatto un lavoro di mimesi, non è stato preparato; Valeria fluttua, occupa l’inquadratura, sembra che danzi, così quando vedevo le sue scene vedevo il personaggio danzante, e pensavo fosse interessante io facessi l’opposto, mi mettessi a terra, serpeggiassi, arrancassi per star dietro a questa bambina che è quasi un mostro, per me madre che non ho gli strumenti per capire e reggere il suo dolore”, riflette Pina Turco.
“Io, volutamente, ho fatto a meno di ricordare la storia di cronaca, di cui sapevo, ma poco: la sceneggiatura, però, mi sembrava una di quelle che non leggi sovente; traslare il fatto di cronaca in quello sceneggiato m’è sembrato poetico, un punto di vista originale. Penso ad un autore italiano al primo film, che, con l’immaginazione e nonostante i pochi mezzi, ricrea un mondo a servizio di questa immaginazione, per cui ho cercato di entrare anche io in questo universo”, continua Golino.
“Non abbiamo raccontato in nessun modo Caivano, perché volevamo raccontare la periferia, universalizzata, e le sue sacche, in cui si generano mostri. Il mio tentativo era restituire un ambiente animale in cui non c’è logos. L’approccio non è stato d’inchiesta, per non essere frustrato nell’immaginazione, per non essere contaminato in un racconto di totale finzione”, aggiunge il regista, che ha affidato il ruolo di Fortuna a Cristina Magnotti, incontrata dopo: “Un casting molto esteso, durato mesi. Ho visto centinaia di bimbi, poi una bambina che non avevo mai conosciuto, figlia di un’amica: ho incontrato lei, magnetica. Per i bambini sono stato affiancato da una coach: gli abbiamo raccontato il minimo, la realtà sì ma con dei codici, senza una visione complessiva, per non spaventarli e fargli capire che stessimo giocando, ma seriamente”.
Fortuna è stato prodotto da Davide Azzolini di Dazzle Communication con Indigo Film e Rai Cinema.
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