“Sembra solo una scelta irrispettosa per le vittime e i loro familiari, dettata probabilmente da scopi unicamente commerciali”. Così l’avvocato Camillo Graziano, legale dei familiari di Stefano Feniello, una delle 29 vittime della tragedia dell’hotel Rigopiano, commenta a nome dei suoi assistiti la notizia della fiction Taodue sulla vicenda. “A nemmeno un mese dal fatto, c’è già chi pensa a trasformare un dramma di tali proporzioni in una serie tv. Leggiamo, inoltre, che le riprese inizieranno a settembre per andare in onda a gennaio 2018 e che addirittura stanno già lavorando al progetto, con ‘il supporto e il coinvolgimento di chi ha vissuto in prima persona questa vicenda: superstiti, famigliari delle vittime, soccorritori’. Precisato che supporto e coinvolgimento alla famiglia Feniello non ne è stato mai chiesto – sottolinea l’avvocato Graziano – ci chiediamo che senso abbia, in questo momento, una fiction il cui scopo, a dire del signor Valsecchi, sarebbe anche quello di ‘fare luce sulla verità dei fatti’. La verità dei fatti la sapremo solo quando si saranno celebrati tutti i gradi di giudizio, non certo dopo aver visto una serie televisiva scritta all’indomani della tragedia”, conclude il legale della famiglia Feniello.
A sua volta il produttore Pietro Valsecchi precisa: “Era da tempo che stavo pensando di raccontare il lavoro di chi fa parte della macchina dei soccorsi (Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Carabinieri, Guardia di Finanza, Soccorso Alpino, volontari, personale medico e paramedico). Queste persone rappresentano la parte migliore di un paese in cui le calamità naturali vengono purtroppo amplificate nei loro effetti tragici dalla negligenza o dalla corruzione. Sono convinto che il loro impegno meriti di essere raccontato, allo stesso modo in cui ho raccontato nel mio lavoro di produttore, la dedizione e il coraggio di poliziotti, carabinieri, magistrati ma anche di persone della società civile come i giuslavoristi Biagi e D’Antona uccisi dalle BR, l’imprenditore Libero Grassi e il giornalista Mario Francese, assassinati dalla mafia. Credo infatti che raccontare a milioni di persone l’abnegazione e il coraggio di persone reali possa dare dei necessari punti di riferimento ai giovani, a noi e alla politica, in un periodo in cui abbiamo pochi esempi da seguire. Saranno questi ‘eroi’ i protagonisti della nostra storia, dove non avrà invece spazio alcun indugio voyeuristico sul dolore, quello a cui purtroppo abbiamo assistito in molti programmi tv in quelle ore drammatiche; sarà infatti importante nel nostro progetto il tentativo di ricostruire con precisione e lucidità le dinamiche di questa tragedia e capire se si sarebbe potuta evitare. Credo che questo sia il modo migliore per riconoscere il lavoro dei soccorritori, che ogni giorno, in silenzio e in ogni angolo del paese, agiscono per la collettività. Mi rendo conto che la tempistica della comunicazione del progetto possa essere ‘mal interpretata’, ma il mio intento non è mai stato quello di realizzare un ‘instant movie’ per sfruttare l’onda emotiva della tragedia, ma sarà al contrario di costruire un’opera meditata e approfondita, che, come quelle che ho realizzato in tutta la mia carriera (da Uno Bianca a Nassiriya, da Paolo Borsellino al film su Giorgio Ambrosoli e a quello su Papa Francesco), hanno sempre rispettato la memoria delle vittime e il dolore dei familiari. Sono pronto ad ascoltare tutti coloro che hanno vissuto quelle ore drammatiche in modo che non venga dimenticata la voce di nessuno”.
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