La Ferrari rappresenta da sempre la macchina sportiva per antonomasia. Mito che già mezzo secolo fa influenzò persino Fellini (Tre passi nel delirio) e che oggi risulta essere il brand italiano più noto nel mondo. Ferrari 312 B, in sala settimana prossima nei giorni 9-10-11 ottobre distribuito in 250 copie da Nexo, è un curioso documentario che coniuga repertorio e reality in un format inedito e riuscito, destinato non solo ai milioni di fan del cavallino rampante diffusi in tutti i continenti.
Quando l’ingegnere Mauro Forghieri si mise al tecnigrafo per tracciare il profilo della monoposto Ferrari destinata a correre nella stagione 1970 l’uomo aveva raggiunto da poche settimane la Luna e la 312 B venne realizzata con un’aerodinamica così ardita ed elegante da sembrare quasi un’astronave pronta a confrontarsi nei circuiti del Mondiale. L’auto conquistò subito il cuore dei tifosi della “Rossa” e fu il prototipo da cui si svilupparono tutti quei modelli vincenti che segnarono una stagione fortunata e irripetibile per la scuderia di Maranello. Proprio la forza ancora oggi del mito della 312 B rappresenta l’elemento scatenante di questo documentario.
L’imprenditore Paolo Barilla, con un passato come pilota in Formula uno nei primi anni ’80, decide di comprare uno dei quattro modelli rimasti della vettura simbolo di una generazione, non a caso proprio la monoposto che lo fece innamorare delle corse quando era ragazzo. Il sogno dell’imprenditore è ambizioso ma affascinante: restaurare filologicamente il telaio e il motore della macchina più bella del mondo per poter partecipare a Montecarlo alla corsa delle auto di epoca che si svolge proprio lungo il circuito del Gran Premio più famoso del mondo. Paolo Barilla decide allora di ricostruire nella sua scuderia di auto d’epoca il clima e l’atmosfera “da bottega” che ancora segnava il mondo della Formula Uno all’inizio degli anni ’60, quando la sfida costruttori era tra i meccanici italiani e i “garagisti” inglesi, e le vetture erano davvero fatte ancora a mano, bullone dopo bullone, dal motore alla scocca. Dopo quasi mezzo secolo Mauro Forghieri ha quindi, grazie al desiderio generoso di Barilla, la possibilità di viaggiare nel tempo e di restituire alle corse la sua creatura prediletta: la regina dei 12 cilindri, il motore più amato da Enzo Ferrari. E proprio Forghieri, il Virgilio di questo documentario, è il personaggio che emerge più marcato nel racconto cinematografico. Una figura di altri tempi che incarna lo stile e la classe dell’età pionieristica dei motori che non ha perso, nonostante l’età, un sincero entusiasmo, una spiccata forza ed un carisma deciso nel seguire e controllare tutte le dinamiche della sua scuderia. Non a caso, come si vede in una scena tra le più curiose del film, Forghieri ha anche una sorta di “orecchio assoluto”, perché anche solo da come romba la vettura girando in pista riesce a capire i problemi tecnici del bolide e ad intervenire rapidamente per risolverli. Il film non racconta solo questa sfida affascinante con il restauro integrale della monoposto ma è corredato sia da suggestive immagini di repertorio sia dalle testimonianze raccolte oggi di personaggi simbolo del mondo delle corse dell’epoca. Perché il viaggio verso il gran ballo delle debuttanti “vintage” di Montecarlo è nel film alternato al racconto del mondiale 1970, quello che vide esordire la 312 B. I fanatici delle quattro ruote non potranno non gradire sul grande schermo i contrappunti di Lauda, Stewart e Ickx, il dream team dei piloti del decennio che dimostrano nei loro interventi una spiccata capacità di storyteller nel restituirci il racconto e l’atmosfera della loro epoca. Un racconto quindi ricco, sapientemente dosato dal regista maremmano Andrea Marini. Classe 1984 (anno dell’ultimo mondiale vinto da Lauda in McLaren) ci tiene a sottolineare che è cresciuto “a pane e Schumacher”. Il giovane autore non può non essere in linea con lo spirito pionieristico che da sempre contraddistingue il mondo Ferrari e quindi con il prezioso intervento del produttore Tarpini decidono di raccontarci questa storia con uno standard di eccellenza del formato 4K: il sistema HDR.
Infatti questa preziosa scelta tecnica (tra l’altro questo modello restituisce vigore e carattere anche alle immagini d’epoca vidigrafate nel film) ha visto il coinvolgimento dei laboratori francesi Eclair che si sono serviti proprio delle possibilità che offriva il racconto di questo documentario per valorizzare e testare la loro nuova tecnologia sul colore digitale. Un’esperienza che dona un maggior numero di colori, che enfatizza il contrasto e che regala all’immagine numerica una più precisa profondità cromatica. Il film – continua Marini- ci confessa che “girare questo film con questa tecnologia è stato come guidare una splendida fuoriserie” e ci ricorda che andare al cinema settimana prossima è davvero l’occasione “unica, perfetta e irripetibile per vedere sul grande schermo il rosso Ferrari più vivo, profondo, definito e acceso che mai”. E se la Ferrari ancora rappresenta l’eccellenza della Formula Uno è merito di una certa passione e di uno stile innato che ha ereditato da un glorioso passato, come questo film ci ricorda.
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