FELLINI O NON FELLINI


“Esiste un cinema prima di 8 1/2, e uno dopo di esso. Nessuno prima di Federico Fellini aveva rappresentato l’ego. Con il suo cinema arriva Joyce, Svevo, la migliore produzione letteraria del ‘900″. Così Gianfranco Angelucci, sceneggiatore dell’Intervista di Fellini, ricorda il genio creativo del regista, spegnendo la polemica provocata dall’uscita della biografia al vetriolo Fellini & Rossi di Moraldo Rossi (vedi l’articolo di tamtam).
Ma Angelucci, che ha diretto la Fondazione Fellini dal 1997 al 2000, ha fatto ben di più. Ha scritto e pubblicato per Avagliano Editore Federico F.. Il libro, a metà tra il romanzo e la cronaca sugli ultimi anni di vita del maestro, è stato presentato presso l’Associazione Civita di Roma da Anna Maria Mori, ospiti Tullio Kezich, Luciano De Crescenzo, Rinaldo Ghele e la figlia di Riccardo Fellini. Poche persone, intimi e silenziosi testimoni del fatto che “Fellini ha disseminato odio tra alcune delle persone a lui vicine. Il regista circondava ogni individuo della massima attenzione e poi, all’improvviso, lo lasciava”. Un passaggio sentito qualche volta come un tradimento, ma, sottolinea Angelucci, “non era possibile guardare Fellini con la lente del giudizio morale. Il regista era come una grande massa di energia, una supernova, che travolge e che poi con la sua definitiva scomparsa è implosa. Annidato nella testa del genio c’era un bambino. Qui è la sua grandezza, la capacità di sognare e di reinventare. Il cinema esoterico che racconta delle storie”. Lo sceneggiatore ha poi sottolineato che scrivere per Fellini non voleva dire necessariamente avere una qualche paternità dell’opera finale. “Ognuno dei suoi collaboratori, dopo la sua morte, ha cercato di rivendicare una sua parte nell’opera felliniana. Ma qualsiasi cosa si scrivesse per lui, sulla pellicola veniva totalmente trasfigurato. Era tutta roba sua. Fellini ha inventato un suo linguaggio visivo”.
Con amarezza, riferendosi agli attuali dirigenti della Fondazione (leggi il nostro dossier) che per anni ha diretto, Angelucci ha poi concluso: “il sogno felliniano è stato prima deturpato e poi annullato. A me, Kezich e Mollica, interessava trasmettere la forza vivificante del cinema felliniano, non il suo monumento. E invece la fretta, la voracità di alcuni politici locali ha cancellato queste premesse”. E le polemiche continuano.

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09 Ottobre 2001

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