VENEZIA – Ieri sera Emanuele Crialese era ancora a Lampedusa, dove c’è stata una commovente e affollata anteprima di Terraferma. Mai avrebbe pensato di salire stasera sul palco della 68ma edizione della Mostra per ritirare il Premio speciale della giuria. Almeno così dice. “Non immaginavo di dover tornare al Lido con tutti i grandi maestri del cinema che erano quest’anno in concorso”, ha detto il cineasta, già vincitore del Leone d’argento con Nuovomondo, ritirando questo nuovo premio. Ma già si favoleggia di una riunione supplementare dei giurati, tra cui Mario Martone e Alba Rohrwacher. E chissà che non abbiano parlato proprio di questo, di dargli un premio importante, che l’Italia sentiva di meritare. Non certo il maggiore, da subito ipotecato, e giustamente, dal monumentale, straordinario Faust di Sokurov, unico vero capolavoro di questo festival dove i buoni film erano però molti (e molti infatti sono rimasti a bocca asciutta, tra questi L’ultimo terrestre di Gipi, per non parlare di William Friedkin e George Clooney).
Per Rai Cinema è una vittoria, per Medusa una disdetta totale. Sembrava destinata a festeggiare con Carnage di Polanski (era stata lanciata l’idea di un collegamento video col regista, che non si può muovere da Parigi) e invece sono partiti in gran fretta dal Lido i massimi vertici della società, mentre arrivava il direttore generale della Rai Lorenza Lei. Che pare abbia anche pranzato col direttore Marco Müller. Secondo alcuni a penalizzare è stata la componente Usa della giuria (Aronofsky e Todd Haynes) convinta che non fosse una buona idea mettere sull’altare un uomo che per l’America resta sotto accusa. Il passato che non passa.
Crialese ha voluto subito ringraziare Rai Cinema, insieme al suo produttore Riccardo Tozzi, per la possibilità di girare in piena libertà. Il premio l’ha dedicato a tutta la gente del mare, pescatori e abitanti delle isole, specialmente Linosa e Lampedusa, protagonisti di una storia che ha colpito la giuria per la capacità di “combinare problemi sociali a una vicenda appassionante e commovente”. Terraferma, piaccia o non piaccia, è una storia radicata nella realtà italiana. Come lo è un’altra storia di immigrazione, Là-bas di Guido Lombardi, l’opera prima scoperta e proposta dalla Settimana della Critica, che ha vinto il Leone del futuro e i suoi 100mila dollari messi a disposizione da Aurelio per ricordare Luigi De Laurentiis. Un film piccolo ma forte, prodotto da imprenditori coraggiosi come Dario Formisano e Gaetano Di Vaio, a cui si sono aggiunti Gianluca Curti e Rai Cinema. Carlo Mazzacurati, presidente della giuria opera prima, considera Là-bas “una storia di formazione e immigrazione senza retorica e senza sensi di colpa, ma anzi raccontata con le armi del cinema”. Il giovane regista napoletano, ormai africano di adozione visto che africani sono tutti i suoi personaggi, ha anche lui citato Rai Cinema per la sensibilità di sostenere un film parlato in francese, inglese e casertano che ha trovato proprio stamattina la sua strada verso le sale con Cinecittà Luce.
L’unanimità c’è stata sul Leone d’oro, forse non su altri riconoscimenti. Darren Aronofsky ha confessato che “gli ultimi giorni sono stati entusiasmanti e snervanti insieme, perché c’erano molti bei film ma troppo pochi premi”. Alcuni davvero annunciati, come la Coppa Volpi al magnifico Michael Fassbender, che alla Mostra era Carl Gustav Jung nel match tra padri della psicoanalisi diretto da Cronenberg, ma che il premio l’ha avuto per l’erotomane compulsivo di Shame, un personaggio che ha commosso e turbato la giuria. Trentaquattro anni, tedesco ma naturalizzato irlandese, Fassbender ha citato Gary Oldman tra i suoi eroi. Oltre naturalmente al regista Steve McQueen, che all’opera seconda è già un mito per molti. L’altra Coppa Volpi è andata alla protagonista di A Simple Life, Deanie Yip, attrice e cantante piuttosto famosa in Cina ma finora relegata a ruoli di secondo piano, qui splendida nella parte di una cameriera a fine carriera. Lei ha 63 anni, ne hanno meno di venti i due emergenti del Premio Mastroianni andato a Shota Sometani e Fumi Nikaido, un ragazzo e una ragazza che in Himizu sono soli di fronte al senso di devastazione per il terremoto di Fukushima. Il loro rapporto di odio/ amore li riporta in qualche modo alla vita in un paesaggio devastato e triste. Il regista Sion Siono ha ritirato il premio al posto loro, dedicandolo al futuro dei giovani in tutto il mondo.
Un’altra catastrofe è emersa nelle parole ispirate di Aleksandr Sokurov, Leone d’oro con il quarto atto della sua tetralogia sul potere, accolto da una standing ovation dalla Sala: “Il mio paese è in lutto per una catastrofe, eppure io sono felice lo stesso”, ha detto il cineasta pensando all’aereo che portava la squadra di hockey precipitato a Nord di Mosca. Una tragedia sportiva che ricorda quella di Superga. E quando Sokurov ringrazia tra gli altri lo sceneggiatore, viene da chiedergli se non sia Wolfgang Goethe… Non torna a mani vuote il film sorpresa, l’hongkonghese cinese People Mountain, People Sea, già circondato dalla leggenda festivaliera di film maledetto, oltre che avversato dalla censura. “Oggetto terribile e misterioso che descrive una condizione prossima alla schiavitù in una miniera”, dice la giuria dando il Leone d’argento a Shangjun Cai, mentre il direttore traduce. E i produttori cinesi già si preoccupano per il futuro di Venezia, sperando che Marco Müller non lasci. Ma questo si vedrà nella prossima puntata.
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