FABRIZIO GIFUNI


Shooting star ovvero saranno famosi all’europea. L’anno scorso toccò a Stefano Accorsi, alla vigilia di un successo lungamente preparato, adesso è Fabrizio Gifuni a partire per Berlino con una valigia piena di ruoli difficili e appassionati. Molto teatro, due film con Tavarelli (Un amore e Qui non è il paradiso) che hanno fatto la differenza per la critica più attenta, una nomination al David, un ruolo piccolo ma significativo in Hannibal di Ridley Scott. Forse la grande occasione non è ancora arrivata, ma Fabrizio sta vivendo un bel momento: il 28 gennaio inizia le riprese del fluviale La meglio gioventù, quattro film per la tv di Marco Tullio Giordana che raccontano i ventenni dal ’66 a oggi dove reciterà con Luigi Lo Cascio, Maya Sansa, Jasmine Trinca, Alessio Boni, sua moglie Sonia Bergamasco (insieme erano anche nel film di Giuseppe Bertolucci, L’amore probabilmente). Poi Berlino, dove porta L’inverno di Nina Di Majo e, in un certo senso, anche il film del concorso: al protagonista di Brucio nel vento ha dato infatti la voce nell’edizione italiana.

Di “L’inverno” qualcuno ha detto che è un film sul funerale della coppia. Sei d’accordo?
Non so. Certo, parla dei blocchi che si possono creare all’interno di una coppia fino a distruggerla. I personaggi di Nina Di Majo sono come topolini in gabbia che sbattono contro le sbarre per liberarsi senza riuscirci.

Tu sei uno scrittore…
Sì, un giovane romanziere di un certo successo in un momento di crisi esistenziale e artistica. Tento di cambiare stile, ma finisco impelagato in una storia pesante, mentre il mio matrimonio con Valeria Bruni Tedeschi viene messo a dura prova dall’incontro con un’altra coppia, che è venuta ad abitare accanto a noi. Sono un tipo chiuso, nevrotico, mi salva soltanto l’ironia.

Nel tuo lavoro scegli o ti senti scelto?
Cerco di essere attivo, altrimenti questo lavoro può diventare destabilizzante. Rifiuto ruoli identici, discuto con i registi, rivendico il coraggio di sperimentare. Dopo Un amore avrei potuto fossilizzarmi invece ho praticato strade diverse. Così, nell’ultimo anno, mi sono capitati due film, L’inverno e Sole negli occhi, in cui ho creduto immediatamente.

Si intuisce che il film di Porporati è stato particolarmente importante, nel tuo percorso.
Mi ha costretto a confrontarmi con un tema, il parricidio, davvero duro, ma mi ha anche permesso di muovere delle cose dentro di me. Sole negli occhi è un film che avrebbe meritato di più: ha vinto ad Annecy, è stato amato dalla critica americana e italiana, eppure a Milano l’hanno smontato dopo quattro giorni. Senza voler fare polemiche, dico che la 01 Distribution – che è nata anche con l’intento di difendere i film italiani – avrebbe dovuto fare qualcosa per dare fiducia all’opera prima di Porporati.

Tu ci credi nel cinema italiano?
Sì, lo vado a vedere perché ci sono autori e attori di grandissima qualità e storie importanti. Dialogare con il pubblico è importantissimo, ma non bisogna cadere nella trappola del film tranquillizzante e consolatorio. Altrimenti il cinema diventa una grande menzogna: non stiamo certo vivendo tempi tranquillizzanti.

Qualche titolo che hai apprezzato?
I cento passi, Le fate ignoranti, La stanza del figlio.

Che ricordo hai di “Hannibal”?
È stato un divertissement: ho girato solo due giorni. Ricordo però Hopkins, una star senza nulla di deteriore. In scena doveva uccidermi: non mi ha mai lasciato da solo nei controcampi, ha fatto commenti, mi ha raccontato le sue impressioni.

Grazie a Giordana ti vedremo anche in tv.
La meglio gioventù è la mia prima cosa televisiva. Nel film sono un giovane studente di economia che diventerà poi un economista di spicco e, infine, un obiettivo delle Br. È un progetto che mi piace per molti motivi, non ultimo che inizia nel ’66, l’anno in cui sono nato.

Che rapporto hai con la politica: passione, indifferenza?
Un rapporto forte. Quando ero ragazzino, gli echi del ’77 non erano ancora sprofondati in un buco nero.

A Berlino farai il tifo per Soldini?
Certo. Anche perché quel film lo sento un po’ mio, avendo dato la voce al protagonista. Tra l’altro è stato un secondo incontro con un parricidio, e forse è servito a chiudere il cerchio.

autore
23 Gennaio 2002

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