8 gennaio 2021, centenario della nascita di Leonardo Sciascia. Un centenario importante per la cultura italiana – e anche per il cinema – che la Fondazione celebra con una tavola rotonda sui canali social (alle 19) che vedrà coinvolti studiosi come Antonio Di Grado, direttore letterario della Fondazione, Matteo Collura, autore della prima biografia dello scrittore, Valter Vecellio, Luis Luque Toro, Camilla Maria Cederna, Nino De Vita, Lavinia Spalanca, Ettore Catalano, Rosario Castelli e Paolo Squillacioti, che ha curato per Adelphi la riedizione delle opere complete. A introdurre l’evento saranno il sindaco e l’assessore alla cultura di Racalmuto, Vincenzo Maniglia e Enzo Sardo, e il regista Fabrizio Catalano, coordinatore delle iniziative e nipote dell’autore di opere come Il giorno della civetta, Porte aperte e Todo modo, opere più volte portate sullo schermo da cineasti come Elio Petri, Damiano Damiani e Gianni Amelio. In arrivo una mostra con le foto di scena realizzate da Enrico Appetito sul set de Il giorno della civetta (1968), mentre la Cineteca Nazionale ha già messo in cantiere il restauro del film. Sugli scaffali numerosi libri tra cui Il tenace concetto (Rogas Edizioni), scritto a sei mani da Catalano con Alfonso Amendola ed Ercole Giap Parini, ma anche Questo non è un racconto. Scritti per il cinema e sul cinema di Leonardo Sciascia a cura di Paolo Squillacioti (Adelphi) che contiene tre soggetti inediti del maestro di Racalmuto. Tra gli omaggi anche una puntata di “Hollywood Party” con Gianni Amelio ospite. Per Cinecittà News abbiamo intervistato il nipote Fabrizio Catalano.
Al di là della ricorrenza del centenario, cosa rappresenta Leonardo Sciascia oggi?
Mio nonno rifuggiva la retorica e le celebrazioni a comando e il rischio di retorica in questi giorni c’è, ma è importante, anzi necessario tornare a parlare di lui, rileggerlo. Ne Il cavaliere e la morte c’è uno scambio di battute fra il protagonista, un vecchio funzionario di polizia, detto il Vice, e un agente dei servizi segreti. Il primo dice: “Si può sospettare, dunque, che esista una segreta carta costituzionale che al primo articolo reciti: La sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini”. E l’altro replica: “Di tutti i cittadini, in effetti: anche di quelli che, spargendo insicurezza, si credono sicuri…”. Quel testo è il suo testamento laico e basterebbe questa citazione a segnalare la devastante attualità del suo pensiero. Parole che ci lasciano sperare. Forse questo spargere insicurezza potrà nuocere anche a chi lo fa. Lo vediamo in quello che sta accadendo negli Stati Uniti: Trump sarà uno squilibrato, ma il problema nasce da lontano. Ad esempio, dalla contrapposizione tra due candidati ultrasettantenni, con Biden che traballa scendendo dalla scaletta dell’aereo… Una potenza mondiale che detiene la bomba atomica è nelle mani della gerontocrazia. Ma ciò che è successo ieri a Washington ci dice che quel sistema è finito.
Manca una voce come quella di suo nonno, una voce mai omologata che possa svelare i meccanismi oscuri del potere che sia mafioso o meno.
Manca Sciascia come mancano Pasolini, Sartre, Manuel Scorza… perché nessuno dice più quelle cose. Il nostro mondo è schiacciato dal politicamente corretto, ma la grande cultura e il grande cinema sono stati sempre scorretti come lo erano Dante Alighieri, Botticelli, il western all’italiana, la commedia. Oggi invece ci muoviamo tutti in punta di piedi.
Vede eredi di Sciascia all’orizzonte?
Non ne vedo, ma per un semplice calcolo delle probabilità ci dovranno pur essere. Se Sciascia scrivesse oggi, probabilmente sarebbe accusato di essere un complottista. Quante chance ha di emergere una voce fuori dal coro? Ci sarà sempre qualche intellettuale scomodo, ma è la società che non vuole ascoltarlo. Quando ero piccolo ricordo leader come Bettino Craxi che venivano a trovare mio nonno per sentire cosa pensasse del mondo pur non essendo allineati alle sue idee. Oggi quale politico ascolta Saviano o Carofiglio?
C’è un ricordo che esprime in modo speciale il suo rapporto con suo nonno?
È morto che avevo 14 anni quindi ho potuto fare con lui solo discorsi da adolescente. Mi piacerebbe molto mangiare la sua frittata coi fiori di zucca. Quando cucinava era fuori dalle regole, inventava. Ricordo che diceva che Gesualdo Bufalino aveva una prosa roboante ma mangiava la pasta con l’olio, mentre lui aveva una prosa stringata e si dilettava a cucinare manicaretti. Ho un ricordo speciale, poi, del nostro ultimo viaggio insieme, nel 1988: siamo andati in Friuli ospiti dei Nonino, attraversando tutta l’Italia in treno. Durante la sosta a Roma, mangiammo in un ristorante e al tavolo accanto c’erano Moravia e Tinto Brass. Per un giovane come me fu un momento unico anche se l’incontro con Moravia avvenne in modo abbastanza composto, diversamente da quanto avrei potuto immaginare.
Tra i tanti film ispirati ai suoi libri, qual è il suo preferito?
Se ne dovessi scegliere uno soltanto, cosa non facile, forse sceglierei il poco noto Una vita venduta di Aldo Florio, del ’76, tratto da L’antimonio, ha una piccola dimensione di cinema di genere, ma restituisce alcuni tratti sciasciani. Di recente li ho rivisti tutti per il Centro Sperimentale, di cui sono stato allievo: mi hanno chiesto di affidare a un’intervista con Vincenzo Aronica una narrazione sul tema “Sciascia e il cinema”. Queste conversazioni usciranno a marzo.
Non citerebbe un film profetico come Todo modo di Petri?
E’ vero. Ha acquisito attualità la storia di un gruppo di politici che si trincerano durante un’epidemia, è un romanzo sul potere che mangia se stesso. Come oggi negli Stati Uniti. Succederà anche in Cina, nell’Unione Europea… Anche Cadaveri eccellenti da Il contesto ha una sua forza e Il giorno della civetta funziona ancora come western all’italiana. Meno riusciti i più recenti: ricordo che mia nonna non voleva dare i diritti de Il Consiglio d’Egitto che fu fatto nel 2002 da Emidio Greco.
Quella è stata l’ultima versione cinematografica di Sciascia. Cosa è successo dopo?
Arturo Diaconale, quando era consigliere d’amministrazione in Rai, mi disse che era più facile far finanziare un mio progetto di film in Bolivia piuttosto che una qualche versione di Sciascia. Sicuramente c’è una resistenza. Per anni sono andato in tournée con uno spettacolo teatrale tratto da Il giorno della civetta, mi avevano chiesto i diritti per una serie tv, ma i diritti sono liberi, chiunque può farla, però non è stata mai fatta. Perché è un testo scomodo.
E’ in uscita con Rogas Edizioni Il tenace concetto da lei scritto insieme ad Alfonso Amendola ed Ercole Giap Parini. Di che si tratta?
E’ un libro intervista che ho realizzato con due sociologi della letteratura, mescola racconto intimo ed esercizio di stile, per leggere l’attualità alla luce della visione etica di Sciascia. Ad esempio mio nonno ebbe a dire che un’idea morta produce più fanatismo di un’idea viva, ed è verissimo, dalla religione alla finanza.
Tra le tante celebrazioni in programma per il centenario quali considera più vicine allo spirito e alla visione del mondo di suo nonno?
Senza dubbio quelle organizzate dalla Fondazione Sciascia, ente che lui stesso ha voluto, a cui ha donato carte, lettere, la sua collezione di ritratti di scrittori, parte della sua biblioteca. La Fondazione non si mescola alla politica, mentre altri cercano di attirare la figura di Sciascia nella loro orbita. Mio nonno ha avuto esperienze sia con il Pci che con il Partito Radicale, ma non ha mai avuto una tessera, è sempre stato dissenziente.
Cosa avrebbe detto della pandemia? Come l’avrebbe vissuta?
Se fossero vivi lui o Jean Paul Sartre la pandemia non sarebbe stata vissuta in un modo così irragionevole. Temeva la caduta nell’irrazionale, invece oggi viviamo in un mondo basato sulla magia. Guardate per esempio come avviene la comunicazione sui vaccini. Il vaccino viene presentato come il feticcio di uno stregone e non spiegato in modo scientifico. Ve li immaginate Sciascia o Pasolini a un dibattito tv con la Meloni, loro due che parlano a bassa voce, lentamente, provando ad articolare un ragionamento. In tv le battute non durano più di 20 secondi e sono solo slogan. È difficile immaginare queste persone oggi. Chiediamoci cosa possiamo fare noi anziché cosa farebbero loro.
Ci sono dei soggetti cinematografici inediti di Sciascia. Ce ne parla?
Uno è un dialogo scritto per un incontro con Sergio Leone, avvenuto all’inizio degli anni ’70 quando il regista lo voleva per collaborare a C’era una volta in America. Si incontrarono a Palermo alla presenza di Vincenzo Consolo. In due ore Leone raccontò la storia del film nei minimi dettagli, rumori e musiche compresi. Mio nonno disse di no, ma poi tentennò. Sembrava che il protagonista dovesse essere Henry Fonda e l’idea di scrivere delle battute per quell’attore mitico era emozionante. Un altro soggetto lo scrisse per Lizzani, si intitolava Vedova della mafia. Misteriosamente il film non si fece eppure alla fine degli anni ’60 sia mio nonno che Lizzani erano molto popolari. Invece scrisse per Florestano Vancini sul massacro di Bronte e quel film si fece, sia pure faticosamente. Tra l’altro con Vancini e con Fabio Carpi ebbe un grande rapporto di amicizia.
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