Sarà presentato il 4 dicembre al Nuovo Sacher di Nanni Moretti, alle 10,45, in una speciale matinée il film di Fabio Segatori Lussu, con Renato Carpentieri e Galatea Ranzi. L’occasione è l’anniversario della nascita del protagonista del film, Emilio Lussu, eroe avventuroso che si sempre battuto per la Libertà. Autore di ‘Un anno sull’Altipiano’, uno dei più bei libri pacifisti, Lussu è stato un politico che non ha mai pensato al suo tornaconto personale. Ma è anche la storia di un grande amore, quello con Joyce Salvadori Lussu: partigiana, scrittrice, attivista per i diritti delle donne e per i paesi in via di sviluppo.
Dopo la proiezione di 52′ il critico cinematografico Pedro Armocida intervisterà Carpentieri, e approfondirà poi con Segatori la sua scelta innovativa di riprendere gli attori in green screen e di inserirli in compositing digitale all’interno di repertori d’epoca provenienti dagli archivi di tutto il mondo, tra cui l’Imperial War Museum e lo Steven Spielberg Film & Video Archive.
Luciana Castellina, amica di Joyce Lussu, gli storici Italo Birocchi, Agostino Bistarelli, Giuseppe Caboni, politici e giornalisti ragioneranno sui temi che emergono dal film: Etica e Politica, Che cos’è il Fascismo per i giovani d’oggi, La fragilità di Libertà e Democrazia. Girato tra la Sardegna, Salina e Lipari dove è stata ricostruita la spettacolare evasione dal confino fascista insieme a Carlo Rosselli, il film è prodotto da Paola Columba e Fabio Segatori per Baby Films con il sostegno del MIC, di Regione Sardegna, Sardegna Film Commission, Regione Sicilia, Sicilia Film Commission, Fondazione di Sardegna in collaborazione con AAMOD, Cineteca Sarda, Brigata Sassari, Archivio Emilio e Joyce Lussu.
Dopo il successo dell’anteprima a Lipari, che ha contato 170 spettatori paganti, partirà un tour che toccherà il 5 dicembre Firenze, l’11 Milano, il 12 Torino, il 15 Olbia, il 16 Sassari, il 17 Nuoro, il 18 Cagliari, il 19 Vallermosa e altre piazze in via di definizione. A Natale il DVD verrà distribuito in tutte le edicole dell’isola con l’Unione Sarda, prima di essere mostrato nelle scuole di tutta Italia.
Così il regista definisce la pellicola: “Nato come un documentario, si è trasformato in un film d’avventura. E’ un mockumentary, ma vero, un film brechtiano d’azione, l’ultimo Rossellini frullato con Tsui Hark. Con un finale dance. Nel cast oltre a Carpentieri e Ranzi c’è anche un giovane attore sardo che vive a Parigi, Giacomo Fadda, qui al suo primo ruolo importante”.
Lei ha sempre avuto Tsui Hark tra i suoi modelli. Vent’anni fa era all’avanguardia. Oggi i giovani sono abituati ai mastodontici film della Marvel. Questo dura poco più di cinquanta minuti. Che percorso e che tipo di pubblico prevede per questo film?
“Con la Baby Films noi in questi anni abbiamo fatto molte esperienze in campo produttivo e distributivo. Quella più sorprendente e stimolante è stata la produzione distribuzione di Femminismo! di Paola Columba, realizzato prima del #metoo. Lo avevamo mandato in visione a Natalia Aspesi proprio nel giorno in cui Trump aveva attaccato le femministe. Siamo finiti su ‘La Repubblica’ in prima pagina. Il femminismo sembrava una parola superata e all’improvviso era di nuovo di moda. Così il film è finito in 45 città, con 45 dibattiti, il più breve dei quali è stato di un’ora. Ci ha aperto la visione di un’Italia migliore di come la vediamo in tv. C’è una borghesia pronta a ragionare, discutere e riflettere. Ma è un pubblico senza prodotto. Se si ragiona solo per algoritmi si va al ribasso. Questa logica – alla base di Netflix e di chi la scimmiotta – ci costringe a vedere prodotti con appeal immediato ma senza molto spessore. Abbiamo notato che pre-Covid c’era molta voglia di partecipare non solo tramite la tastiera, ma ragionando insieme. E così nascono le idee, anche attraverso il linguaggio del corpo e quello che nella tastiera non c’è. Il pubblico è meno scemo di quello che pensa un dirigente televisivo. Anche in questo senso i 50 minuti sono più adatti, per evitare che la gente stia sempre a guardare l’orologio”.
E le reazioni quali sono?
“L’anteprima a Lipari ha visto partecipare 170 persone paganti. E c’erano ragazzi con cui abbiamo parlato proprio della differenza di assistere a un film in cui si racconta un supereroe, e quelli in cui si racconta la storia di un eroe. Se Lussu si sega sei costole nessuno lo riaggiusta. Non è l’Uomo Ragno. E questi ragazzi non sono abituati al dibattito come quelli della mia generazione. Faticano ma poi sono venuti fuori alla grande, ed è uscito fuori che alla fine i supereroi li annoiano. Naturalmente bisogna lavorarci sopra. Le cose non possono accadere casualmente. Dopo le anteprime siciliane faremo un incontro al Nuovo Sacher, la vera anteprima nazionale, con molti nomi importanti. Discuteremo su un personaggio straordinario che è stato il motorino d’avviamento dell’antifascismo italiano. Da ‘Giustizia e Libertà’ è nato tutto, compreso il movimento partigiano, coagulando la cultura antifascista quando ancora c’era Mussolini e non c’erano gli americani”.
Perché ha scelto di raccontare proprio la storia di Emilio Lussu?
La storia di Lussu era squisitamente cinematografica, la sua storia era adatta per un film d’azione. Io sono un uomo di cinema e questo mi ha interessato. In Gran Bretagna ci spenderebbero 50 milioni di sterline, è una storia più avvincente de Il ponte delle spie di Spielberg. Ho cercato di fare scampoli di cinema, illuminazioni, sequenze in cui si poteva vedere questo film immaginario che era impossibile da realizzare. Ma questi scampoli man mano crescevano. All’inizio erano quasi subliminali, poi si sono estese, e grazie a una serie di circostanze abbiamo lanciato il cuore oltre l’ostacolo e abbiamo fatto sì che questi flash diventassero il corpo del film. La parte ricostruita è più grande di quella documentaristica”.
La tecnica che usa è interessantissima. Mescolare materiale d’archivio, documentari e cinema in un flusso continuo, e non a blocchi separati.
“Il materiale ha molte fonti: dagli archivi del Senato Americano a quelli dell’Imperial World Museum, all’Archivio del Movimento Operaio e addirittura allo Steven Spielberg Film Archive, oltre al Museo della Città di Marsiglia. E addirittura un pezzo di un film inglese del ’57 che raccontava la Marsiglia del ’43 Seven Thunders di Hugo Fregonese, ho mescolato tutto usando il computer all’interno dell’inquadratura o montando le scene in maniera alternata. Uso tutto, rigenero tutto dal punto di vista dello statuto dell’immagine. Uso l’immagine documentaristica alla stessa stregua dell’immagine tratta da film, un grande tradimento che è l’unico modo di essere veramente fedeli. E accanto a me c’era l’Archivio Lussu che scioglieva ogni eventuale dubbio, non ci sono fesserie storiche. E’ tutto fedele ma fatto usando tutti i materiali dell’immaginario”.
Mi ha ricordato anche They Shall Not Grow Old di Peter Jackson, sulla Prima Guerra Mondiale…
“Esatto. E’ un’operazione analoga. Quando ho scoperto che Peter Jackson lo stava facendo ero già in post-produzione, l’ho guardato però con grande interesse. C’è una library dell’immaginario mondiale a disposizione dei cineasti, possiamo usare tutto quello che abbiamo a disposizione per le nostre storie, possiamo usare tutti i materiali audiovisivi in orizzontale e in verticale. Da spettatore detesto i docu-drama dove si alternano una brutta parte di fiction a una bella di documentario d’epoca. Lo spettatore deve essere in un flusso di emozioni dove non si distingue il ricostruito dal documento storico. E l’oggetto che ne viente fuori, alla fine, è un film”.
Come ha scelto l’interprete principale?
“Cercavo un attore che poteva essere credibile per raccontare un personaggio di una tale statura morale. Un attore non compromesso con la produzione ridanciana dei nostri tempi. E poi serviva un attore di grandi sfumature, che potesse rendere l’idea di un personaggio ribelle, duro, che alla fine ha subito anche sconfitte. E’ stato un grande lavoro di trasformazione. Quando abbiamo registrato la sua voce narrante temevo l’effetto speaker, mentre lui ha ricostruito le emozioni e lo stile dell’interpretazione di quando era sul set. Era un secondo livello di interpretazione. Non una semplice lettura del testo ma un’altra interpretazione. Ecco la differenza tra un grande attore e uno normale”.
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