RIMINI – È oggi, è il 20 gennaio il giorno in cui 100 anni fa, qui a Rimini, nasceva il piccolo Federico, dal romagnolo Urbano e da Ida, riminese d’adozione e romana – dell’Esquilino – di natali. Una decina d’anni dopo, Federico non resta figlio unico: nasce Riccardo dopo 13 mesi e nel 1929 la sorellina Maddalena, mamma di Francesca Fabbri Fellini, “la Bamboccia, bellina, nata con la ruggine perché dopo 12 anni di matrimonio ”, come la chiamava il Maestro, e come la stessa Francesca racconta.
Hanno preso il via i festeggiamenti per celebrare i 100 anni dalla nascita di suo zio Federico, ma nella vita famigliare era persona che amava festeggiare? Cosa penserebbe di queste celebrazioni?
Lui non amava essere protagonista, non amava riflessioni sulla sua opera, declinava ogni invito in suo onore. Percepisco, però, per questo compleanno una bellissima aria, friccicorina: vedo in giro tantissimi giovani, e questo gli sarebbe piaciuto molto, ne sarebbe felice: d’altronde per celebrare un autore è necessario accendere i riflettori, per cui un po’ deve accettarlo, anche se lui non ha mai festeggiato un compleanno, era contrario alle candeline, alle torte, figuriamoci spegnerne 100!
Il suo personale regalo, quello di Francesca a Federico, è un pezzo di cinema: La Fellinette, che poi è lei, un disegno di lei bambina.
Nella giostra di compleanno a cui ognuno porta il proprio contributo, io ho deciso di fare una cosa unica, perché parte da un suo disegno, una cosa privata che appartiene alla mia infanzia, ed è la cosa più cara che lo zio Federico – Chicco, come lo chiamavo io – mi ha lasciato. Lui aveva intitolato questo disegno La Fellinette, e io partendo da quello ho deciso di mettere in movimento questa bambina, proprio perché lui mi ha sempre spiegato l’importanza dei bambini, mi diceva che hanno con la realtà un rapporto sfumato, emozionale, tutto è fantastico per un bambino perché mai visto, mai sperimentato: il mondo è solo un gigantesco spettacolo gratuito e meraviglioso. Partendo da questo, ho deciso per una favola che sarà senza parole, muta, che parla ai bambini da zero a cento anni e di tutto il mondo: Federico diceva poi che bisognerebbe riuscire a non dettare regole ai bambini, ma a chiedere loro qualche volta cosa stanno facendo, cosa significa, perché fanno quel certo gesto. Per lui erano creature magiche, che poi crescendo cambiano, quindi saper mantenere dentro di sé quello spazio interiore è importantissimo. La Fellinette è a tecnica mista, animazione e live action, per cui ci sono attori come Milena Vukotic, Ivano Marescotti, Sergio Bustric con la fotografia a firma del grande Blasco Giurato, che fu, a 29 anni, operatore alla macchina de I clown dello zio Federico. È un cortometraggio di 10’ molto tenero, con le musiche di Andrea Guerra, ed è è una favola sospesa tra sogno e realtà, che parte da un sogno. Una sera andando a letto ho chiesto allo zio Federico e a Rol di farmi venire un’idea e quella notte ho fatto un sogno, che la mattina dopo ho fatto disegnare ad un esperto di storyboard. Per gli incontri e le concomitanze che poi sono riuscita a mettere insieme, ho assemblato un gruppo che sarebbe stato impossibile pensare, ritengo quindi sia un’opera alchemica, sotto la ‘supervisione’ dello zio.
Ricorre facile, per alcune assonanze, appaiare il cinema di suo zio a quello di Paolo Sorrentino: chi pensa sarebbe un regista, in auge adesso, che Fellini avrebbe potuto amare?
Non lo so proprio. Ritengo che ci siano, nella cinematografia mondiale, tanti autori, da Almodóvar, strepitoso nel suo Dolor Y Gloria con il dichiarato omaggio a 8 ½, a Woody Allen che ci fa rivivere ancora emozioni ricalcando quello che è il suo film preferito, Lo sceicco bianco, così nel suo ultimo Un giorno di pioggia a New York. Wes Anderson, che ha una visione estetica dei colori e dei costumi come aveva Federico.
La vigilia del compleanno ha visto un incontro al Cinema Fulgor con Marco Bellocchio e Marco Tullio Giordana, anche loro a Rimini per festeggiare Federico: quando lui già aveva una carriera avviata, loro erano la nuova generazione di autori. Come osservava il resto del cinema Fellini?
Con me non ne ha mai parlato. Federico non andava al cinema, non è mai entrato in una sala, entrava per le proiezioni delle sue anteprime e appena scendeva il buio scappava. Lui viveva la sua arte, il suo essere autore della sua opera mentre la creava, la sua dimensione: certo s’è confrontato con artisti come Bergman, Kurosawa, Kubrick, che ama tantissimo, Scorsese o Chaplin, che fu per lui un faro.
Come faro era Giulietta Masina.
Lui ha incontrato una donna straordinaria, l’incontro più importante della sua vita, e per cui ha dichiarato: ‘io sono nato nel momento in cui ho incontrato Giulietta’, credo sia la dichiarazione d’amore più bella e importante. Poi – e mi fa strano pensarlo – quando lui ‘è diventato a colori’, sono nata io, con l’uscita di Giulietta degli spiriti, prima in bianco e nero, poi diventato a colori appunto, un discorso molto carino connesso ai miei capelli rossi, ‘nata con la ruggine perché è stata lì 12 anni’, diceva, riferendosi al fatto che i miei genitori, entrambi corvini, avessero atteso quel tempo per avermi. E poi il ’65 è anche l’anno in cui incontra Gustavo Rol: è un anno magico per Federico, e non potrò mai dimenticare che, dalla mia nascita, lui m’ha sempre considerata sua figlia, soprattutto dopo aver perso il loro figliolino, mio cugino Pier Federico, per cui io sono sempre stata la sua ‘Franceschina’.
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