Eran Kolirin: “Ho cercato Antonioni a Tel Aviv”


VENEZIA – “Un uomo torna a casa ed entra nella propria vita in un momento in cui non si era mai trovato, osservandola con gli occhi del bambino che era. La trova colma di mistero e di magici nascondigli. I corridoi, i viottoli, le sale delle caldaie. Un uomo si trova ad assistere alla propria vita dall’esterno”. E’ la singolare prospettiva di The Exchange, film israeliano in concorso. Opera seconda del trentasettenne Eran Kolirin, famoso per La banda, divertente vicenda di spaesamento e dialogo tra culture, non ha purtroppo la stessa affascinante ironia. Stavolta Kolirin ci trasporta in un territorio filosofico, dove l’esistenzialismo viene profuso a valanghe in un pellicola che fa prevalere il silenzio sulla parola in modo programmatico e dove gli oggetti inanimati sono protagonisti quanto gli esseri umani. O anche di più.

 

Oded, ricercatore presso l’università di Tel Aviv sulla quarantina, conduce una vita quanto mai monotona. Esce ogni giorno alla stessa ora, rientra alla stessa ora, incontra le stesse persone, sull’autobus o in ascensore. Forse non vede neppure più la moglie, che si è appena laureata in architettura e lavora in casa. Finché un giorno dimentica in soggiono una cartellina e torna a prenderla. Da quel momento la sua consapevolezza si accende, come un faro puntato sui riti del quotidiano, complice un vicino di casa che sta vivendo una crisi esistenziale molto simile alla sua e che lo riporta ai giochi dell’infanzia, mentre il matrimonio va a rotoli. “Credo che sia un’opera sulle cose stesse – dice il regista – tavoli, porte, stanze, sedie: tutti gli strani oggetti di cui si compone la nostra vita. Strani non perché stanno in agguato nell’ombra, ma di quella stranezza che è propria degli oggetti situati in piena luce”. Pare che una delle fonti del film sia stata la lunga permanenza dell’autore in camere d’albergo spesso anonime, certamente tutte molto simili, durante i lunghi mesi in cui La banda l’ha portato in giro per il mondo. Ma quell’alienazione, ben nota a chi viaggia per festival, si è sposata a uno sguardo che vuole essere a tutti i costi d’autore. Dice Kolirin: “Adoro il cinema di Antonioni, lo trovo uno dei più grandi autori in assoluto. In un certo senso ho trasposto Antonioni in Israele”.
 

autore
07 Settembre 2011

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