Enrico Ferrari: Sony e la rivoluzione 4k

Il 4k è ormai tra noi. I primi Blu-Ray con questa sigla sono arrivati nei negozi, e prima ancora sono interessate le sale


RICCIONE – Il 4k è ormai tra noi. I primi Blu-Ray con questa sigla sono arrivati nei negozi, ma prima ancora che l’home video, l’altissima definizione – nemmeno il tempo di abituarsi a quella semplicemente ‘alta’ – interessa le sale e gli esercenti, che ancora una volta, dopo l’arrivo della distribuzione digitale e del 3D, devono adeguare i loro standard per stare al passo. Di cosa si tratta, esattamente? Il K sta per 1.000, dunque 4K sta per 4.000: rappresenta la larghezza in pixel dell’immagine. Il 4K quadruplica la risoluzione degli schermi Full HD, che passa così da 2 milioni a 8 milioni di pixel. Per l’occhio umano questo si traduce nella possibilità di cogliere un maggior numero di dettagli, con l’immagine che non perde di qualità mentre scorre il filmato, e soprattutto una possibilità di avvicinarsi allo schermo senza perdere in dettagli assai maggiore per lo spettatore. Chiediamo a Enrico Ferrari, responsabile Regional Sales Head Central Eastern & Southern Europe di Sony Digital Cinema 4K, la divisione di Sony che realizza proiettori cinematografici per le sale, come si sta evolvendo questa nuova tecnologia e come è stata accolta dai gestori di cinema.  

“Facciamo una premessa – dice – all’atto pratico quello che doveva cambiare è già cambiato con l’avvento del digitale, da un proiettore su cui bastava premere un pulsante a un sistema complesso con il coinvolgimento di file e DCP. Dal punto di vista pratico,  invece tutto è più sicuro. Il cinema è basato su un proiettore con delle lampade. Le vecchie lampade allo Xeno erano pericolose, potevano esplodere rischiando di danneggiare l’apparecchiatura. Noi ora forniamo lampade basate sulla tecnologia HPM, ovvero ad alta pressione al mercurio. Si tratta di set di quattro, sei o otto lampade  – a seconda della grandezza dello schermo da illuminare – inserite in una cartuccia, il cui cambio è facile come l’inchiostro di una stampante. Inoltre, se anche se ne brucia una la proiezione continua. Niente black screen e una vita garantita molto più lunga, fino a tremila ore, mentre quelle allo Xeno arrivavano ad ottocento. Stanno andando bene e la quota di mercato coperta è aumentata da uno a quindici percento dal 2013 a oggi”.  

E la risoluzione? “Il 4k è il primo formato che può competere davvero con la pellicola. Lo spettatore per non percepire un pixel e quel fastidioso effetto ‘a scaletta’ deve essere distante circa 1,2 volte l’altezza dello schermo. Ovvero, esattamente dove di solito si posiziona la prima fila. Con la pellicola la prima fila corrispondeva esattamente all’altezza dello schermo. E al di là delle distanze, la percezione migliora. Proiettando un film masterizzato in 2k con un proiettore 4k anche se non si aggiungono informazioni, vengono lette in maniera diversa, il pixel è quattro volte più piccolo, questo significa all’atto pratico che lo spettatore vede comunque il film ‘più bello’. Almeno 550 schermi su territorio italiano sono passati alla nuova tecnologia”.  

E per quanto riguarda la tecnologia a illuminazione laser, utilizzata dai concorrenti? “E’ ottima – dice Ferrari – ma purtroppo non ha ancora un prezzo abbordabili. Noi abbiamo prototipi funzionanti dal 2010 ma non presenteremo il tutto finché non saremo sicuri che l’esercente possa ripagarli e ci possa guadagnare, altrimenti non ha senso. Ci vorrà ancora qualche anno”.  

06 Luglio 2016

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