Chiara (Vanessa Incontrada) è bella, realizzata e ha un corteggiatore attraente (Giulio Berruti) che la ama e la desidera. Purtroppo ha anche un piccolo problema: è completamente anorgasmica e non riesce a provare piacere nei rapporti sessuali. Orazio (Enrico Brignano) fa invece il toelettatore per cani, non è particolarmente in buoni rapporti con il sesso femminile e a causa di un trauma preferisce la compagnia degli animali a quella delle donne, infatti il suo miglior amico è uno scimpanzé a cui racconta i suoi problemi sentimentali. Ma un giorno, per un equivoco, Orazio viene scambiato da Giulia per un Generoso Partner Sessuale (abbreviato in GPS), ovvero un asso delle lenzuola capace di portare ad alte vette di godimento qualsiasi donna che incontra. Per lei sembra essere la svolta. Questo il canovaccio della commedia Tutte lo vogliono, di Alessio Maria Federici, in uscita con 01 il 17 settembre in 350 copie. La sceneggiatura è stesa a molte mani (vi hanno preso parte Alessandra Di Pietro, Valentina Gaddi, Maria Teresa Venditti, Mario Ruggeri, Michela Andreozzi oltre allo stesso regista), come si faceva nel cinema italiano di un tempo, in cui la storia era creata da molte intelligenze: “Ma noi di intelligenza ne avevamo poca – scherza il regista – quindi bisognava sopperire. La molla è nata da un dato: pare che il 50 per cento degli italiani finga l’orgasmo a letto, quindi il restante 50 è sicuramente preso in giro. Ma il senso è che se si impara da accettarsi si sta meglio. Esiste un movimento europeo e anche un’associazione italiana delle anorgasmiche”.
Ma perché adottare un punto di vista maschile, dato che il problema, nel film, ce l’ha una donna? “Perché il sesso si fa in due e se c’è un problema riguarda la coppia. Non si può sempre pensare che dipenda dall’altro e per questo il personaggio di Enrico è interessante, perché fa questo sforzo ed è molto meno gretto di quanto si possa pensare. Anche quando un po’ se ne approfitta”. “Sono io stesso un uomo oggetto – dice Brignano – nel senso che mi sfruttano quando si tratta di ridere, battute, storielle e scemenze a tutto spiano. Io sfino. Poi arriva un bel tenebroso come Giulio Berruti e finisce il lavoro al posto mio. Sai quelli, sempre arrabbiati, che ‘il mondo non mi capisce’? Ecco a me invece il mondo mi capisce, ma vado sempre in bianco. Comunque, l’imbranato lo sapevo fare e il ruolo è stata una sfida, ci ho aggiunto qualcosa e tolto qualcosa. Alla fine tra addominali e fettina panata vince la fettina panata. Volendo il film tratta anche un problema serio, in certe parti del mondo l’orgasmo è vietato alle donne, con tutto quello che ne consegue. Infibulazione eccetera. Noi ci ironizziamo ma non per spostare il baricentro. “Abbiamo voluto mettere il protagonista a contatto con gli animali – dice ancora Federici – per sottolineare la sua fisicità. Inizialmente la sceneggiatura prevedeva degli spostamenti in più, dei viaggi al mare, ma ho voluto che fosse tutto più concentrato per agevolare il gioco degli equivoci. E l’idea dello scimpanzé ha permesso di raccontare il tutto in terza persona”.
“Mica facile lavorare insieme agli animali – racconta di nuovo Brignano – ho lavorato con un porcellino vietnamita, a via Margutta, che non ne voleva sapere di muoversi. Suo padre pesava 300 chili invece, e si spostava solo se gli offrivi della pizza bianca. La divorava senza guardarla, come fanno i macchinisti che vanno sempre di corsa. Altrimenti nisba. E poi sudava parecchio, mica lo sapevo che i maiali sudassero. Lo scimpanzé invece era francese, e come tutti i francesi faceva quello che gli pareva. Infatti si è fatto la cacca addosso, mentre eravamo insieme sul Gran Sasso e io guidavo il pulmino. Hai voglia a dire ‘guarda in macchina’, era un’impresa. Poi lui mi voleva anche abbracciare e baciare, aveva capito che ero un italiano simpatico, alla fine. Per poco non finivamo in un burrone”.
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