Emanuele Crialese


E. CrialeseQuale è la vera identità di Nuovomondo, terza opera italiana in Concorso accolta con grandi applausi da pubblico e stampa? Se dovessimo dare retta alla dichiarazione d’intenti del suo regista, Emanuele Crialese non si tratta di un dramma né politico, né storico, né sociale. Piuttosto, suggerisce l’autore, è la storia di un lungo viaggio in tre atti che trasforma il contadino Salvatore/Vincenzo Amato emigrante siciliano, che sceglie di abbandonare il Vecchio Mondo, l’aspra e amata terra che dà poco per vivere ma è anche luogo di credenze e tradizioni consolidate. Salvatore affronta l’attraversata oceanica con la consapevolezza di stare per entrare in quel Nuovo Mondo solo immaginato grazie a finte e infantili fotografie che lo mostrano come il paese dell’abbondanza. E’ pronto ad accettare le nuove regole di quell’America tanto agognata, le stesse che invece la madre Donna Fortunata rifiuta. Con quali ricadute sulla sua identità, Salvatore non se lo chiede e non lo vuole sapere. Tanto ad aiutarlo e ad accompagnarlo in questo suo viaggio verso l’ignoto c’è la giovane borghese Lucy/Charlotte Gainsbourg, vedi l’immagine simbolica che torna due volte nel film di loro due immersi in una distesa d’acqua color bianco latte. Salvatore s’affida tutto a Lucy, lei lo condurrà per mano nel XX secolo americano, e con lui il figlio sordomuto che inaspettatamente ritrova la parola. Come dire ora sono pronto a comunicare.

Come nasce il suo film?
Non c’è stato un ragionamento particolare, ma è stata una visita la museo di Ellis Island, l’isola che all’epoca era la prima tappa americana per gli emigranti, a spingermi verso il film. Mi hanno colpito gli sguardi sorpresi e ingenui di questi emigranti, come se fossero sbarcati sulla luna. Non è stata una scelta politica né una decisione sociologica.

Come definirebbe allora “Nuovomondo”?
Innanzitutto un film su un sogno di un uomo di altri tempi. Vorrei sfuggire dall’identificare la mia opera come un film sull’emigrazione. Certo affronto questa tematica così importante, ma ci sono andato leggero nel descriverla, perché la situazione era ben peggiore. Avevo una ricca documentazione storica che ho poi abbandonato per leggere centinaia di lettere che gli emigranti dettavano. Attraverso i loro sentimenti lì espressi ho ritrovato lo spirito dell’uomo di quel tempo, che era sempre positivo, anche di fronte alla miseria più nera. Proprio queste parole di carta mi hanno guidato.

Il film ha avuto una lunga gestazione?
Ho scritto otto sceneggiature, sono partito da una storia personale e nel primo script la parte dell’arrivo nell’isola di Ellis Island era la più lunga, sbilanciando così il film. Mi sono appassionato all’eugenetica, ma non volevo fare un film su questo argomento.

Riprenderà questo tema in altri suoi lavori?
Vorrei realizzare un documentario dal titolo Black Drop, letteralmente quella goccia nera di cui andavano alla ricerca nel laboratorio di eugenetica, aperto in America nel 1902 e che ha portato alla terribile sterilizzazione di oltre 60mila persone quasi sempre disadattate e ai margini, spesso neri o immigrati, con l’obiettivo di difendere la razza bianca anglosassone.

 

Come mai su quella nave viaggia, anche lei in terza classe, una donna così diversa?
Lucy è una donna moderna, dell’altro mondo, che vive profondamente il suo senso di solitudine. Volevo rimanesse una figura misteriosa. E’ un altro sogno, ma vero di Vincenzo, che non a caso la chiama Luce. Insieme rappresentano il nuovo e il vecchio mondo.

E quell’inquadratura finale di loro e tutti gli altri emigranti immersi nell’acqua bianco latte?
Mi costa spiegarla, mi piacerebbe lasciarla alla libera interpretazione di ciascuno. Potrebbe rappresentare una tabula rasa, un mondo immacolato, dove i protagonisti possono ricominciare daccapo a costruire qualcosa. Ricordate Respiro là c’è una immersione, qui invece c’è un’emersione.

Il suo film all’inizio sembrava che fosse candidato per andare a Cannes?
Non era finito, l’inquadratura finale è stata girata in aprile e il montaggio è terminato in agosto.

autore
08 Settembre 2006

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