VENEZIA – Commuove ed emoziona, con la storia di una coppia che si ama in terza età, Paolo Virzì, in concorso a Venezia con il suo primo film americano, Ella & John –The Leisure Seeker, interpretato da Donald Sutherland ed Helen Mirren e tratto dal romanzo ‘In viaggio contromano’ di Michael Zadoorian, che racconta la storia di una coppia di anziani e della loro fuga per sottrarsi alle cure dei medici e dei figli ormai adulti. Lui svanito ma forte, lei acciaccata ma lucidissima, si regalano un’avventura per le strade americane, dal Massachusetts a Key West a bordo del loro vecchio camper e tra momenti esilaranti ed altri di autentico terrore, ripercorrono l’appassionata vicenda di un amore coniugale che sembra destinato a regalare rivelazioni sorprendenti fino all’ultimo istante. Prodotto da Indiana Production con Rai Cinema in associazione con 3 Marys Entertainment sarà distribuito da 01 Distribution dal 18 gennaio. Le vendite internazionali – sold out già in 90 paesi – sono state affidate a Bac Films. Il film esce anche negli USA a fine dicembre distribuito da Sony Classic Pictures.
Non c’è giudizio morale, né compassione, né stucchevole sentimentalismo nel personalissimo punto di vista di Virzì sui personaggi e, più in generale, sull’America. La mano registica è ferma ma delicata, e a struggere e smuovere l’animo sono le vicende della vita, narrate con cura e ritmo, ma senza filtri o artifici. Solo la solida prova di due attori perfettamente in parte e sintonizzati tra loro. E dire che il regista aveva delle reticenze.
“Non avevo alcun progetto di emigrazione – spiega il regista in conferenza – mi sento italiano e sono felice di appartenere alla comunità dei cineasti italiani, ma i miei amici produttori e co-sceneggiatori, Stephen Amidon, Francesca Archibugi, Francesco Piccolo , mi hanno convinto a intraprendere l’impresa. Pensavo che i miei strumenti fossero la padronanza della lingua e la conoscenza di paesaggi familiari. Per proteggermi ho chiesto di avere Helen e Donald nel cast. Come a dire ‘figurati se lo fanno’. Incredibilmente hanno accettato entrambi, lui subito, lei dopo un momento di esitazione. So che amano l’Italia avendo anche già lavorato qui, sono due creature meravigliose che hanno avuto una grande pazienza con il mio ‘broken english’”.
Rispetto al testo ci sono alcune modifiche. Ad esempio il percorso dei protagonisti, che lì partiva da Detroit e culminava a Disneyland, si è fatto più ’culturale’. La ‘road 1’ sull’East Coast fino ad arrivare alla casa di Hemingway, uno degli scrittori preferiti del protagonista, ex professore di letteratura: “Quella strada – dice Virzì – è quella che loro hanno percorso spesso, come l’Aurelia nel tratto Roma – Livorno per me. Amo l’identificazione, abbiamo spostato l’azione per rendere la storia più vicina a noi. Nasce così l’idea del professore che perde memoria delle sue conoscenze e vive tra le pagine dei libri che ha amato. Mentre Ella è ingorda di vita anche se viva per miracolo. C’è un che di irresistibile, intelligente, ironico in questa fuga ribelle da un destino di separata ospitalizzazione”.
Ci sono anche riferimenti alla politica e a Trump, naturalmente assenti nel romanzo, che è del 2009. “Forse è anche una fuga dall’America – commenta ancora Virzì – Ella ricorda al marito immemore di aver votato per Reagan, e che lui si era arrabbiato moltissimo. Questa ribellione così scandalosa mi sembrava avesse qualcosa di fortemente gioioso e amorevole, e sfiora il tema politico ma lo impatta in modo narrativo e non didascalico. E’ un film soprattutto sulla libertà di scelta e sulla dignità. Specie in un paese in cui le assicurazioni si prendono un sacco di soldi sulle assicurazioni sulla vita. Ella ha un progetto a cui lavora dall’inizio del film, ma può metterlo in atto solo quando capisce che è d’accordo anche John. Io lo capisco e la seguo nella sua scelta. Credo che alla fine anche i suoi figli lo capiscano, anche se il film resta sospeso.”
“E pensare – dice il co-sceneggiatore Amidon – che noi non volevamo inserire riferimenti a Trump. Eravamo tutti convinti che sarebbe stato un fenomeno passeggero e di poco impatto sulla cultura americana. Invece Paolo aveva ragione, anche se ora gli dispiace molto. E’ lo ‘sguardo italiano’, che gli ha permesso di vedere dall’esterno alcune cose meglio di noi. Ed è uno sguardo particolarmente penetrante”.
“E profondo – prende la parola Helen Mirren – lui non giudica e non fa parodie. I registi sono visionari, e questo è incontrovertibilmente un film di Paolo Virzì, che nessun altro avrebbe potuto fare. E’ uno sguardo fresco, individuale, non influenzato dalla cultura locale, dalla politica o altro. Ha portato la sua sensibilità, il suo humour, la sua umanità. Naturalmente questa riflessione sulla vita mi tocca da vicino, è vicino a quello che vorrei fare io. Arrivare alla fine della vita ma viverla con energia e piacere, spero di poter mantenere questo spirito fino alla fine dei miei giorni come Ella, certamente lo faccio ora. Voglio arrivare a una morte più piena di vita possibile. E dato che ho interpretato io stessa la Morte in Collateral Beauty, è un’esperienza particolarmente utile. Per quanto riguarda poi il mio rapporto con il cinema italiano, quando ci penso penso a La strada di Fellini o a uno dei primi film che io abbia mai visto in vita mia, L’avventura di Antonioni. Che onore poter incontrare finalmente Claudia Cardinale. Amo Monica Vitti, Sofia Loren e soprattutto Anna Magnani, è la mia dea. Io feci Caligola a Roma, mi innamorai di Tinto Brass e ora mi sono innamorata di Paolo”.
“Io ho girato proprio qui a Venezia – ricorda Sutherland – A Venezia… un dicembre rosso shocking e poi The Italian Job. E’ una città difficile in cui girare. Poi ho fatto Novecento a Parma e Casanova con Fellini a Cinecittà. Sono film che hanno contribuito a formare l’immagine del cinema italiano che abbiamo nel mondo, e ci siamo sentiti parte del cinema italiano anche stavolta. Quanto a Trump, nessuno pensava che potesse accadere davvero. Non fraintendete, non è un commento politico. Solo una constatazione dei fatti. Forse. Quando Paolo è venuto da me non l’ho visto come italiano, anche se quando parlava italiano non capivo una parola, a me lui è sembrata unapersona universale. Ha una visione straordinaria della verità. Ha capito le caratteristiche di una condizione particolare che mi era molto familiare. Sia a me che ad Helen sembrava la migliore idea al mondo la sua e quindi abbiamo deciiso di fare questo film insieme. Ma non l’ho mai pensato come cinema italiano ma come una storia universale”.
In chiusura, le dichiarazioni dei due portavoce delle produzioni, Paolo Del Brocco, ad di Rai Cinema, e Fabrizio Donvito, responsabile Indiana Production. “Paolo è il nostro regista più importante – dice il primo – e quindi lo abbiamo coinvolto in un progetto importante. Mi sembra una scommessa vinta che sicuramente apre una strada alla nostra cinematografia”. “Una strada che porta all’estero – sottolinea il secondo – noi crediamo nel cinema italiano che va verso l’estero. Non è necessario girare in inglese, è una questione di approccio”.
Virzì ha aggiunto, a margine della conferenza, intervistato dall’ANSA, un pronostico sull’eventualità di partecipare all’Oscar. “Sarebbe divertente ma sono scettico. Gli americani ci pensano, loro sono fissati con la statuetta, a me fa già piacere essere a Venezia, sapere che lo vedranno in 90 paesi e che viene apprezzato”.
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