“El Campo”, falso thriller dall’Argentina


VENEZIA – Nasce dall’accordo di coproduzione tra Italia e Argentina, El Campo, l’opera prima di Hernan Belón applaudita alla Settimana della Critica. Un piccolo film spiazzante costato 320mila euro e girato in digitale in cinque settimane. Spiazzante perché, senza grandi accadimenti, deraglia continuamente dai binari sicuri del genere – si muove tra horror e thriller in una vecchia casa che sembra stregata – per portarci nel territorio molto più malcerto e insidioso della mente di una donna. E’ una depressione post partum, anche se non te ne accorgi che impercettibilmente, quella di Elisa, una giovane madre che da Buenos Aires viene portata dal marito Santiago, insieme alla piccola Matilda, in una casa lontana dalla città, isolata e cadente, da un po’ disabitata, dove l’uomo sogna di mettere le tende. Ma la giovane mamma è in crisi e piena di paranoie, terrorizzata dai rumori insoliti, spaventata da una vecchia vicina di cui non comprende le intenzioni. “In città – dice il regista – siamo protetti dalla civiltà, non abbiamo fame o freddo, non ci sentiamo in costante pericolo, ma in campagna perdiamo questa illusione di invulnerabilità e prendiamo coscienza di quanto siamo fragili”.

 

Interpretato da due attori noti nel cinema di lingua spagnola come Leonardo Sbaraglia e Dolores Fonzi (tra l’altro moglie di Gael Garcia Bernal), El Campo è coprodotto dagli italiani Giorgio Magliulo e Luciano Stella e sarà distribuito da Cinecittà Luce. Belon, classe 1970, nasce come documentarista: ha raccontato storie di cantanti di tango dilettanti e di vecchiette centenarie. “Amo l’osservazione diretta della realtà, non filtrata da interviste, e poi negli ultimi anni c’è stata molta mescolanza tra fiction e non fiction come tra i generi”. Tuttavia non considera El Campo un film di genere. “Posso dire che Elisa c’est moi… La scrittura nasce da una mia esperienza personale: ero da poco diventato padre e andai a vivere in campagna con la famiglia in un casale comprato da mio padre che voleva allevare le api. Ma era per me un periodo difficile, sentivo la pressione di diventare genitore, ero fin troppo ansioso. Allora mia moglie mi propose di descrivere quello che mi stava accadendo e mi resi conto che, mentre all’inizio mi identificavo nella figura femminile, via via capivo anche il comportamento del marito”.

 

Sbaraglia, che ha debuttato a 16 anni con La notte delle matite spezzate ed è già stato a Venezia due volte, è convinto che il film rifletta i tanti cambiamenti della famiglia e della donna nella società contemporanea, in Argentina come altrove. “Oggi i padri si fanno più carico dei figli, ma questo non li rende più capaci di assumersi questa responsabilità, mentre sono saltate le reti di solidarietà e spesso le madri sono molto sole nell’affrontare la nascita di un figlio”. Ma il film sfiora anche il tema della morte in senso positivo. “Il prendere coscienza della possibilità concreta della fine, rende questi due personaggi più capaci di affrontare la vita”.

 

Regista e attore confessano poi un grande amore per il cinema italiano. “Quello di ieri, con Bertolucci, Scola e soprattutto Fellini, ha segnato la generazione precedente alla dittatura, ma anche quella successiva: anche il nuovo cinema argentino, quello di Lucrecia Martel e Pablo Trapero, conserva un legame con i classici”, dice Belón, che insegna cinema. Mentre l’attore, che cita anche Nanni Moretti e Marco Bechis tra gli autori italiani più noti nel suo paese, racconta: “Ho visto Amarcord da bambino e mi ha segnato per la vita, la mia visione dell’erotismo viene da lì”.

autore
02 Settembre 2011

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