“Siamo la generazione del piano B. Lavorare in questo paese fa così schifo che quando allo schifo per il lavoro si aggiunge quello per la città cominci ad elaborare il tuo piano B. A 20 anni era il chiringuito sulla spiaggia. A 40, quasi sempre, si tratta di un agriturismo”. Così dice uno dei quattro falliti e sfigati della commedia Noi e la Giulia, tratta dal libro di Fabio Bartolomei “Giulia 100 e altri miracoli” (edizioni E/O), che Edoardo Leo interpreta e dirige. Distribuito da Warner Bros. Pictures il 19 febbraio, in 380 copie, prodtto da Fulvio e Federica Lucisano il film è una prova divertente e riuscita, nel solco di quella felice e apprezzata commedia, Smetto quando voglio, evento del 2014, del cui cast faceva parte lo stesso Leo.
In Noi e la Giulia Fausto/Edoardo Leo è un imbonitore televisivo di miracolosi orologi e con debiti in scadenza; Diego/Luca Argentero è un venditore poco presente di un salone d’auto frequentato da clienti esigenti e antipatici; Claudio/Stefano Fresi è un ristoratore, da poco separato, che ha fatto fallire il locale ereditato dai genitori; Sergio/Claudio Amendola è un veterano dei centri sociali, un militante comunista pronto a ribellarsi all‘ennesimo torto subito.
Questi personaggi, sconosciuti tra loro e in fuga da esistenze cittadine, affrontano insieme l’avventura di trasformare una vecchia masseria in un agriturismo. Il loro sogno, il loro piano B, s’imbattono nella visita inaspettata di un camorrista/Carlo Buccirosso, alla guida di una vecchia Giulia 1300, con relativa richiesta di pizzo e nell’arrivo imprevisto di Elisa/Anna Foglietta, una giovane single incinta e un po’ fuori di testa. Due ospiti sgraditi ma che alla fine aiuteranno i nostri eroi nella loro impresa disperata.
Quale è il messaggio del suo film?
Il cinema non deve dare messaggi o essere didattico, non a caso il mio film ha un finale sospeso. Tocca allo spettatore trarre una sua conclusione.
Comunque una storia di resistenza civile?
Sì fatta in modo avventuroso da quattro sconfitti. Al di là del camorrista, è la storia di un sopruso che può accadere in qualsiasi parte d’Italia. Ma il film è anche una grande storia d’amicizia, con i protagonisti che riscoprono altro da sé.
Sceglie di sorridere di un tema serio?
Sono un teatrante e la lente deformante della commedia serve a raccontare quel che ci succede. Il mio film non è avulso dalla realtà storica, ma vuole nel contempo emozionare e divertire il pubblico.
Quali sono i modelli della sua commedia?
Noi e la Giulia è la mia terza regia ed è un mix di riferimenti adorati di ieri e di oggi, primi fra tutti Ettore Scola che ha narrato il nostro paese, dalla guerra ai fallimenti ideologici, e American Hustle.
Ha dovuto quindi misurarsi con la migliore commedia all’italiana?
E’ un’eredità pesante per noi 40enni, così cerchi nuova ispirazione. Ho cercato un ritmo diverso e ho scelto di girare in sequenza, passo dopo passo, con gli attori che sono arrivati sul set rispettando la cronologia della vicenda. E insieme abbiamo deciso di togliere o aggiustare delle scene.
Chi è Fausto, il suo personaggio?
L’italiano medio, il qualunquista, il nuovo coatto che va in crisi totale accanto a un ex comunista, un camorrista e un immigrato nero. Un razzista? Direi piuttosto un ignorante che fa sorridere.
Dove ha trovato il casale del film?
In Basilicata, a Montescaglioso, grazie alla collaborazione della Lucania Film Commission. Volevo un Sud meno visto e raccontato, un simbolo meno caratterizzato.
Lei ha mai ideato un piano B nella sua vita?
Sono stato fortunato, non ho avuto bisogno di pensare a un piano B perché sono riuscito a realizzare quello che volevo, anche se non vengo da una famiglia di artisti.
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