Eddie Redmayne, omaggio alla prima transgender

Molto applaudito in concorso The Danish Girl di Tom Hooper, ispirato alla biografia di Einar Wegener alias Lili Elbe, con l'attore inglese nei panni della protagonista


VENEZIA – C’è persino un glossario nei materiali stampa di The Danish Girl, dove scopriamo la terminologia più appropriata per parlare della “transizione”. Ad esempio l’intervento chirurgico è preferibile chiamarlo “riassegnazione sessuale” o “gender confirmation” piuttosto che cambio di sesso. E questa estrema delicatezza, questo rispetto assoluto, percorre tutto il film di Tom Hooper. Che riesce nel difficile compito di restituire, con linguaggio mainstream, la complessità psicologica e il dramma interiore di chi si sente nato in un corpo diverso rispetto alla sua identità sessuale profonda, una donna in un corpo maschile in questo caso. A maggior ragione nella seconda metà degli anni ’20, pur nell’evoluta Danimarca. Il film, in concorso a Venezia 72, accolto molto bene dai giornalisti, si ispira alla storia vera di Einar Wegener, alias Lili Elbe, pioniera transgender, la prima persona che si sia sottoposta alla chirurgia – ancora del tutto sperimentale – per realizzare il suo sogno di avere un corpo femminile. All’inizio del film vediamo Einar, un pittore danese di paesaggi, assieme alla moglie Gerda, anch’essa pittrice: sono una coppia molto innamorata e complice che cerca di avere un bambino. E sarà proprio Gerda, quasi intuendo la vera natura del compagno, a “liberare” Lili, cominciando a dipingere il marito in abiti femminili. Il percorso sarà lungo e accidentato, fatto di ritrosia e imbarazzo, incomprensione e paure. Einar/Lili sarà anche bollata di schizofrenia dai medici non attrezzati a comprendere i suoi desideri e pronti a definirla un pervertito… 

Naturalmente il film, scritto da Lucinda Coxon, non esisterebbe senza Eddie Redmayne, un interprete dotato di grandi capacità di trasformismo (già messe alla prova nel ruolo dello scienziato Stephen Hawking in La teoria del tutto, che gli è valso l’Oscar). “Mi sembra che Eddie esprima meglio di altri una certa fluidità di genere, ha già recitato in vesti femminili, in Violet, anche se qui ci siamo concentrati più sulla transizione uomo-donna”, spiega il regista, anche lui “oscarizzato” per Il discorso del re, a chi gli chiede perché non ha scelto un attore trans. Ma aggiunge: “L’accesso agli attori transgender è d’importanza chiave: nell’industria adesso c’è un problema in questo senso perché è un accesso ancora molto limitato. Credo si possa fare qualcosa di più perché ci sia un’apertura maggiore da questo punto di vista”. In The Danish Girl ad esempio compare l’attrice trans Rebecca Hoot nel ruolo “simbolico” dell’infermiera di Lili. 
 
Redmayne, molto bello in vesti femminili, racconta di essere stato folgorato dalla sceneggiatura, “forse la migliore che abbia mai letto, sono rimasto colpito da questa storia d’amore così appassionata e coraggiosa, con Tom abbiamo parlato per anni del progetto, l’idea del trasformarsi non è molto semplice da mettere in pratica. Poter recitare la parte di Lili è stato un sogno che si è realizzato. Ma non credo di aver trasmesso l’estremo coraggio di questa donna”. E parla della preparazione al ruolo: “Ho incontrato tante persone nella comunità transgender, la loro gentilezza, il loro sostegno, la loro disponibilità ad aiutarmi nell’affrontare questo percorso è stata straordinaria”. L’attore ed ex modello inglese spiega di aver parlato con trans di generazioni diverse proprio per comprendere l’evoluzione. “In quel momento storico non esistevano esperienze precedenti ed è importante capire come il loro percorso si sia evoluto. Ho incontrato una coppia di Los Angeles che stava insieme da quando lei era un uomo, mi ha spiegato che avrebbe dato qualsiasi cosa per vivere vita autentica e quanto sia stato importante che il partner l’abbia sostenuta durante la transizione”.

In questo il personaggio di Gerda (la bravissima attrice svedese Alicia Vikander, vista in Ex machina) è fondamentale al percorso di Lili. “Gerda era una donna all’avanguardia – spiega l’interprete – un’artista, una donna che lavorava, ed è stata in grado di amare qualcuno più di se stessa. La cosa speciale è che il film ci racconta anche come imparare ad amare nuovamente se stessi, questi due personaggi sono antesignani di qualcosa che, ancora oggi, è difficile trovare”. The Danish Girl si basa molto sul diario di Lili Elbe, pubblicato proprio da Gerda dopo la sua morte. Per Hooper il nucleo del film “non è la costruzione di una nuova identità ma l’emergere della vera identità. Con Eddie abbiamo parlato sin dall’inizio della necessità di interpretare una donna che piano piano si rivelava: come scoprire questa femminilità latente, in un percorso profondo. Lili ha avuto un coraggio straordinario nel saper ascoltare questa voce di insoddisfazione che la animava”. Un percorso che trova il suo spazio attraverso la pittura: “La cosa straordinaria – conclude Hoooper – è come l’emergere di Lili scaturisca attraverso l’arte: attraverso il sentimento condiviso con la sua compagna pittrice riesce a compiere un cammino impensabile per la società e a diventare finalmente se stessa”. E un pensiero va anche, sorprendentemente, ai profughi. “Il mio film – dice Hooper – parla dell’inclusione che è resa possibile dall’amore. Noi viviamo in mondo molto diviso, basta vedere cosa succede sulle nostre spiagge con gli sbarchi dei rifugiati e le tante vittime di questo esodo. Allora l’appello contro l’esclusione è più che mai attuale, ma l’unico antidoto all’esclusione è l’amore”. 

The Danish Girl, che la giuria di Venezia 72 non potrà ignorare, uscirà in sala il 4 febbraio 2016 distribuito da Universal, giusto giusto nel periodo degli Oscar. 

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05 Settembre 2015

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