La saga dell’invasione delle scimmie sul pianeta Terra inizia 50 anni fa (1968), con protagonista Charlton Heston. Di film in film si arriva fino al nono, quello attuale. Negli ultimi tre episodi (L’alba del pianeta delle scimmie, 2011; Apes Revolution, 2014 e questo The War – Il pianeta delle scimmie, 2017) è sempre Andy Serkis a detenere il testimone nel ruolo di Cesare, capobranco delle scimmie che dominano la Terra a seguito di un’epidemia virale, che ha dilaniato ampia parte della popolazione umana. Questo capitolo narra un drammatico conflitto fra sopravvissuti, una guerra necessaria per la sopravvivenza. Serkis, a proposito di Cesare, racconta: “L’ho interpretato dall’infanzia all’età adulta ed è stato un viaggio emozionante. I problemi che si trova ad affrontare in questo film sono grandissimi e trovo meraviglioso il modo in cui lui li fronteggia e progredisce. La bellezza di questi film consiste nello straordinario bilanciamento fra le storie umane e quelle delle scimmie e Cesare è l’anello di congiunzione, perché è stato cresciuto dagli uomini”.
Andy Serkis (già Gollum ne Il Signore degli Anelli, e King Kong per Peter Jackson) viene considerato un’eccellenza nell’interpretazione della tecnica “performance capture”, che cattura i movimenti e le espressioni dell’attore, ricostruendone poi l’immagine digitale. Certo è che lo sguardo umano nelle pupille della scimmia conferisce al personaggio di Cesare un’intensità emotiva potente e racconta, in fondo, una contiguità tra esseri viventi, al di là della specie. La produzione di questo terzo capitolo reboot, che lascia certamente aperta l’opportunità a sceneggiature successive – la via umana potrebbe essere narrata tramite la bambina orfana “adottata” dalle scimmie, a cui strizza l’occhio anche la cartellonistica ufficiale; il punto di vista animale, invece, seguendo l’eredità di Cesare, rimasto padre di un unico piccolo figlio sopravvissuto al disastro – era stata annunciata nel gennaio 2014, confermando alla regia Matt Reeves, già autore del capitolo precedente Apes Revolution (e regista di Cloverfield e Blood Story): le riprese sono poi iniziate dopo un anno e mezzo nelle Lower Mainland, presso Vancouver, paesaggio che visivamente concorre a disegnare l’umore tutto del film, con il senso di una natura dominante. Ripidità montuose scoscese e scure, cascate vertiginose e l’inquietante isolamento donano infatti indubbia forza al racconto.
Non troppo difficile leggere anche in questo capitolo della saga un riferimento alla società, un occhio di bue puntato sulle dinamiche di prevaricazione razziale, ricorrendo anche a iconografie non difficilmente riconducibili a grandi drammi della Storia, dall’immagine del cranio rasato, di memoria nazista, del Colonnello a capo dei soldati che combattono le scimmie (Woody Harrelson), alle gabbie in cui queste ultime sono prigioniere forzate, tanto simili ai reticolati dei campi di concentramento del secondo conflitto mondiale, fino al riferimento palese della costruzione di un muro, parete di separazione definitiva da coloro che sono considerati portatori di “infezione” per una certa etnia.
Il film, programmato in sala per il luglio dello scorso anno, esce invece in Italia il 13 luglio (negli Usa due giorni prima), distribuito da 20th Century Fox.
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