“Una specie di sgangherata seduta psicoanalitica, in cui racconto quel che mi è accaduto, quel che mi è successo, e anche quel che non mi è successo”. Così Dario Argento descrive in estrema sintesi il documentario a lui dedicato, a poche ore dall’anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023: Profondo Argento, di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa, prodotto da Baires Produzioni e Luce Cinecittà.
“È stata un’esperienza molto interessante – continua il grande regista – perché mi ha fatto tornare indietro a quando giravo quei film, ad altri tempi. E poi è bello che l’anteprima sia nella mia città, a Roma: io stavolta non presento un mio film, ma un documentario sulla mia carriera, il mio lavoro, il mio mestiere. Sono contento perché si racconta qualcosa di vero su di me.”
“Oggi le paure sono cambiate perché è cambiato il cinema e sono cambiati i registi, che hanno altre aspirazioni, altri modelli. – aggiunge Dario Argento – Io invece qui racconto il mio cinema allo stesso modo, perché mi ispiro ai miei sogni, rievoco i tempi passati, i film fatti, ma anche qualcosa di presente, di intimo, il mio modo di vivere. In questo senso questo documentario non rispecchia i cambiamenti che ci sono stati nel cinema”.
“Più di qualcuno ha preso il mio cinema come modello” – ha proseguito – il cinema coreano ad esempio, o Guillermo del Toro, che nel cinema ha seguito il mio lavoro… in qualche modo anche Tarantino si è ispirato ai miei film. Per me è più difficile trovare i riferimenti, perché io ho fatto il critico cinematografico, ho visto centinaia di film, anche quando a Parigi andavo alla Cinémathèque française, i film degli anni ’40, ‘50… Mi ha ispirato questo mondo, anche fare il critico mi ha ispirato, perché ogni film devi esaminarlo sotto tanti aspetti, e così mi sono buttato nel cinema con tutto me stesso”.
“Io le donne le ho raccontate tanto, ma non per questioni ideologiche, semplicemente perché mia mamma, Elda Luxardo, aveva una grande intuizione sulle figure femminili, lei da fotografa raccontava i volti e i corpi delle donne, e io quando uscivo da scuola andavo a studio da lei e stavo lì delle ore, da lì passavano le donne che raccontava, come la Cardinale, la Lollo… e io vedevo come metteva le luci, come truccava, questo è rimasto nel mio DNA. E quindi anche quando ho fatto il mio primo film, L’uccello dalle piume di cristallo, ho capito come potevo raccontarle”.
“Cinecittà? Se non ci fosse stata, io negli ultimi tre anni non avrei girato il mondo con la rassegna dei miei film restaurati in 4K” – chiosa Dario Argento . “Un lavoro prezioso, con cui Cinecittà mi ha permesso di presentarli in tutto il mondo”.
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Il documentario sarà infatti presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023 insieme alla versione restaurata in 4k da Luce Cinecittà di uno dei suoi capolavori, Profondo Rosso: “È un film che nasce dalla voglia di cambiare rispetto al mio cinema precedente – racconta Argento. Mi sono chiuso a scriverlo in una villa in campagna, nella quale non c’erano né acqua né luce. Ero in totale solitudine, e sentivo solo i rumori della campagna. Mi sono alimentato di quell’atmosfera”.
Profondo Argento, invece, è un viaggio tra straordinario materiale d’archivio, scene di film, una nuova intervista al cineasta e le voci, fra le altre, di Asia Argento, Daniele Luxardo, Donato Carrisi, Jean-François Rauger, Guido Lombardo, Luciano Tovoli e Franco Bixio, in cui il Maestro si racconta attraverso le sue radici familiari, i gusti letterari e artistici, l’esperienza di critico cinematografico, la sua estetica e le sue preziose ombre onnipresenti (anche quelle cinesi). Il tutto rigorosamente girato, senza alcun effetto visivo, compresa la deliziosa grafica pittorica che scandisce la narrazione, realizzata con acqua, china, e glicerina.
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“Abbiamo cercato di raccontare un Dario Argento che fosse sia frutto della mia grande conoscenza della persona” – spiega Steve Della Casa. “Poi, come nell’idea del produttore, Maurizio Tedesco, di raccontarlo nella vita privata, nella realtà familiare, che sono argomenti poco trattati, perché lui è considerato di solito uno che ha fatto film dell’orrore, thriller e così via, e quando si parla di lui si parla sempre dl concetto di paura. In realtà nel suo cinema c’è molto altro: intanto c’è un ‘prima’ della sua regia, quando lui lavorò con Bertolucci, o quando era il critico di ‘Paese Sera’, in quella chiave ad esempio fu il primo a sostenere I pugni in tasca di Marco Bellocchio. Con loro, Dario è stato un ideale protagonista di quella Nouvelle Vague che in Italia non c’è stata. Poi abbiamo voluto raccontare la figura di sua madre, la grande fotografa Elda Luxardo, una delle più importanti del mondo dello spettacolo, non solo italiano, e il ruolo che ha avuto nel suo cinema, lavorando su poche testimonianze che però arricchissero questo particolare aspetto.
“Io sono arrivato su un lavoro che già esisteva, Steve aveva curato più di un libro su Dario Argento – racconta Giancarlo Rolandi, che con Della casa firma il documentario. “E mi sono molto fatto prendere dalla lettura di Paura, l’autobiografia di Argento (Einaudi, 2024), e da una frase in particolare in cui lui parla di se stesso come di una persona che parla con il proprio ‘doppio’, con la propria ombra. Ogni tanto incontra quest’ombra, quest’altro Dario Argento e gli chiede il perché di certi fatti: qui entriaamo chiaramente nella psicologia junghiana. E questo è stato un po’ il faro che ha guidato un po’ la narrazione, anche nelle interviste, a parte qualcuna divertente tipo gli incontri con Fassbinder o David Bowie… Abbiamo cercato di indagare questo aspetto qui, di come si è costruito questo cineasta di rottura nel panorama italiano. Perché lui arriva nel cinema italiano in un momento in cui da una parte c’era il cinema ideologico, che doveva sempre avere dei contenuti, dall’altro c’era il cinema che doveva solo intrattenere, e lui questo conflitto l’ha vissuto moltissimo già da critico cinematografico: quando inizia a fare il cinema, oltre ad avere subito un grandissimo successo, lui affronta subito temi di grande modernità: la costruzione di una città immaginaria, la percezione che lo spazio urbano è cambiato”.
Intanto, alla bella età di 83 anni, con una lucida e invidiabile chiarezza, Dario Argento non si ferma: in cantiere, infatti, ha un film a Parigi con Isabelle Huppert, sul quale si sa solo che dovrebbe essere il remake di un thriller messicano degli anni ’40, divenuto un classico.
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