Donne e audiovisivo, come invertire la rotta?

Presentata oggi al Lido la ricerca condotta dall'“EWA", European Women's Audiovisual Network, sulla presenza femminile nel settore


VENEZIA – Due registe (Sue Brooks e Laurie Anderson) su ventuno titoli in concorso. La media resta sempre notevolmente bassa, come conferma anche l’indagine realizzata da “EWA”, European Women’s Audiovisual Network presentata oggi al Lido in un incontro moderato da Cristina Loglio all’Italian Pavilion: le donne hanno diretto il 16.3% dei film europei nel periodo 2003-12 e questi film hanno ottenuto l’8.9% degli incassi totali. La ricerca, che analizza anche i vari aspetti dell’audiovisivo, dalla fiction al documentario, e che comprende le risposte a un questionario inviato agli addetti ai lavori, è un work in progress che avrà un nuovo palcoscenico alla Berlinale ma che già dà un’idea approfondita del fenomeno. E qualche importante indicazione sul futuro con la necessità di pensare a misure per incentivare la parità. Laddove sono state adottate, come in Svezia, le registe e le produttrici, nel corso di un quindicennio, sono aumentate al punto da rappresentare la metà del cielo cinematografico. La creatività femminile è un dato di fatto, ma le donne hanno la tendenza a rinunciare alle posizioni apicali e non solo in questo settore sia per ataviche insicurezze e la difficoltà a sostenere la competizione sia perché spesso tradizionalmente impegnate anche sul versante familiare. In qualche caso anche condizionate dall’accesso alla formazione e dalla scarsità di modelli di riferimento. Oppure dagli stereotipi di genere.  

Per Nicola Borrelli, DG Cinema del MiBACT, è essenziale che l’Italia sia finalmente entrata (dall’anno scorso) in questo network. “Non disponevamo di questi dati, ora grazie al contributo della Rai, della Siae, del CSC, dell’Anac, dei 100autori e anche di Cinetel, abbiamo colmato il gap”. E ancora: “Un problema del cinema italiano è la troppa omogeneità, c’è bisogno di visioni inconsuete o diverse e quella femminile lo è di certo. I poteri pubblici, ai vari livelli, devono lavorare per far sì che l’offerta audiovisiva venga arricchita”.

Monica Parrella, DG per le Pari opportunità alla presidenza del Consiglio dei ministri, ha ricordato che anche all’ultima edizione degli Oscar è stata sollevata con forza la questione dei diritti delle attrici e delle registe. “L’Italia è un po’ al di sotto della media europea, ci sono poche donne registe o produttrici. Dipende anche dalla paura di volare. Resta difficile per le donne ambire alla regia, nonostante le tante autrici affermate, ma il ritardo si nota anche in altri settori, siamo al terz’ultimo posto, prima di Grecia e Malta, per quanto riguarda l’occupazione femminile”. Parrella ha ricordato che esiste una dotazione economica per finanziare i progetti femminili. Un tema, quello delle risorse, toccato anche dall’europarlamentare Silvia Costa, presidente della Commissione Cultura e Istruzione. Costa sottolinea l’importanza dell’accesso ai finanziamenti. E denuncia: “Avevo proposto il tema della parità per il nuovo programma di Europa Creativa, ma non sono stata sostenuta. Si presume che nei lavori creativi le donne ci siano e che la creatività non si possa imbavagliare con le quote, ma è un pregiudizio. Ora in Europa Creativa si può fare ricordo al tema generico dei soggetti sotto rappresentati per ottenere finanziamenti ad hoc, però mancano indicatori comuni ai vari paesi europei, ecco perché questa ricerca è così importante. Le donne, tra le altre cose, arricchiscono la capacità di decodificare la realtà. La foto del piccolo migrante sulla spiaggia, una foto che sta girando il mondo, l’ha fatta una giovane fotografa turca ed è una foto che ci riporta alla verità umana di quella tragedia”. Silvia Costa ritiene anche necessario un incontro con la FEMM, il comitato del Parlamento Europeo per la parità dei diritti e l’uguaglianza di genere, sui temi della ricerca EWA. 

Alexia Muiños, vicedirettore del network EWA, e la responsabile della ricerca Holly Aylett hanno illustrato nel dettaglio i risultati (maggiori informazioni sono disponibili sul sito web) dell’indagine condotta in sette paesi. E Holly Aylett si è agganciata alla sua esperienza personale: “Sono stata anche documentarista, fino a che non ho fatto due figli, allora, siccome anche mio marito è un cineasta, sono rimasta io a casa”. E uno dei temi cruciali è proprio l’incidenza dell’essere genitore o degli altri impegni per le cure parentali sull’attività creativa. 

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