Docufiction su Pietro Mennea alle Olimpiadi di Londra?


LECCE. La docufiction Diciannove e settandue di Sergio Basso sulla parabola umana e sportiva dell’atleta Pietro Mennea sarà probabilmente presentata in anteprima in occasione delle Olimpiadi di Londra e sempre a luglio andrà in onda su RaiDue la versione televisiva di 50 minuti. E un’altra tappa potrebbe essere la Mostra del cinema di Venezia. Il Festival del cinema europeo ha presentato all’interno della ‘Vetrina del Centro sperimentale di cinematografia’, il teaser di Diciannove e settandue, presenti il regista, Marcello Foti direttore generale del CSC e Manuela Bordoni di CSC Production; assente Mennea, impegnato in questi giorni nella presentazione del suo libro ‘I costi delle Olimpiadi’, da poco nelle librerie.

 

Un ragazzino è pronto allo scatto tra una Porsche di un improbabile color aragosta e un’Alfa Romeo 1750 nera come la notte. Siamo su un lungomare assolato, negli anni Sessanta. Una ragazza sventola una bandiera, e le macchine sgasano verso di noi, verso il traguardo, a 50 metri. Ma anche il ragazzino si è balestrato verso la meta. E’ piccolo, ma corre come un dannato. E sui 50 metri, vince lui. Il bambino è Pietro Paolo Mennea. E’ il 1967. Il titolo della documentario è il record mondiale dei 200 metri stabilito da Mennea nel 1979 alle Universiadi di Città del Messico e rimasto imbattuto fino al 1996. A questo primato s’aggiunse l’oro olimpico vinto a Mosca nel 1980.

 

“Mi interessa sperimentare generi diversi e sono affascinato dal documentario sportivo”, afferma il documentarista Basso per il quale Mennea, pugliese di Barletta, ha rappresentato un mito della sua infanzia.
La docufiction – prodotta da CSC Production, Sharoncinema, in collaborazione con Rai e con il contributo dellApulia Film Commission – ripercorre i momenti salienti della carriera sportiva di Mennea grazie ai materiali d’archivio, soprattutto delle Teche Rai, e alle testimonianze raccolte oggi, a cominciare dai suoi allenatori Franco Mascolo e Carlo Vittori, della moglie Manuela Olivieri e ovviamente del protagonista.
“La storia di Mennea si è presentata da subito come un materiale drammaturgico e insieme una metafora stupefacente sull’abnegazione, sulla semplicità e sull’ascesa sociale. Oggi i miti sembrano fatti di carta, bruciano subito – spiega ancora il regista – Mennea è stato una stella per gli anni Settanta e Ottanta, un tempo in cui tutto era mitico. Ha saputo compiere rinunce, costruire il suo lavoro giorno per giorno attraverso l’esercizio fisico e spirituale, la disciplina. Per questa ragione è stato un eroe del pubblico e tuttora la sua vicenda parla al cuore dei giovani. E ha continuato ad esplorare i suoi limiti, portandoli sempre un pelo più innanzi. Ma ha anche saputo fermarsi”.

 

C’è il periodo in cui un allenatore della squadra Avis di Barletta si rende conto delle potenzialità di questo ragazzino di Barletta che s’affaccia allo sport dapprima come marciatore. Di qui la scoperta di un talento che lascerà la Puglia per trasferirsi nel Centro di Formia, dove venivano allevati i giovani promettenti dell’atletica e dove Mennea comincerà a dare il meglio sulla distanza dei 200 metri.

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