Diego Bianchi: Renzi come Totti

VENEZIA - Diego ‘Zoro’ Bianchi, noto personaggio della rete e della tv, approda in sala da oggi (con Fandango, in 50 copie) e al Lido, dove il suo Arance e martello è evento speciale della SIC


Il film viene definito “storico” e “in costume” nel cartello dei titoli di testa. In realtà le due definizioni servono più per rendere chiaro che non si tratta, tecnicamente, di un documentario, anche se a tratti ci somiglia. Ambientato nella torrida estate del 2011, nel pieno del potere berlusconiano, narra la vita di un tranquillo e ordinario mercato rionale – nel quartiere di San Giovanni a Roma –  che viene stravolta dalla notizia della sua chiusura da parte del Comune. Tutti sono in vacanza, l’unica realtà politica a cui ci si può rivolgere, al di là delle ideologia non proprio sinistrorse dei vari commercianti, è una sezione del PD in fondo alla strada, separata al mercato e dal mondo da un muro giallo di cemento eretto (realmente, non solo nella finzione) per permettere gli interminabili lavori di espansione delle linee di metropolitana. Si sviluppa così una giornata paradossale, comica e drammatica, dove tutto si consuma e diventa man manoi paradigma della storia recente del nostro paese.

Di solito, come opera prima, si sceglie un racconto di formazione. Lei parla invece del PD…

Più formazione di così… ma più che il PD, racconto la militanza politica e scelgo quella di sinistra perché la conosco bene, ma vale anche per altre parti. Oggi la politica non è più considerata ‘cool’, quindi è difficile, specie per chi la pratica sul territorio. Inoltre c’è un problema di ‘convinzione’. Era un vanto e una responsabilità farsi portatore del pensiero di Berlinguer, mentre è più difficile essere altrettanto onorati di rappresentare Bersani o Renzi. L’adesione è sempre minore, regna l’indecisionismo.

Perché la metafora del mercato?

Che si tratti di una metafora, me lo sono raccontato dopo. Io naso e vivo in quella zona lì, il mercato lo conosco bene e lo trovo bello. Mi piacciono i posti popolari e ci vado anche se non devo fare la spesa. E’ un posto di umanità e dialogo, ed è importante parlare e capirsi. E’ un microcosmo che si apre verso il mondo, verso varie realtà etniche. In un altro contesto dovrebbe accadere lo stesso. E poi è forte questo simbolo della “muraglia gialla”, che può diventare simbolo di molte cose, e in ogni caso è una barriera da abbattere.

E il mercato “vero”, come va?

Il suo destino è ancora sospeso ma il pescivendolo sta rifacendo il bancone. Attendono chiaramente con ansia l’uscita del film ma si respira aria d’ottimismo.

Ha contrappuntato la vicenda usando un “coro” di avventori del bar…

Non mi sono inventato granché. Basta sedersi, prendere un caffè e sentire quello che dicono. Qualcosa l’ho scritto anch’io ma è difficile essere all’altezza dei personaggi reali. E chiaramente mi sono ispirato anche a Fa la cosa giusta

Nel film si accenna forse anche al G8, allo scontro con le Forze dell’ordine. Un vecchio comunista definisce l’apologia dei celerini di Valle Giulia da parte di Pasolini “una cazzata”. Proprio nel giorno in cui proiettano il Pasolini di Ferrara, tra l’altro…

Questo però non lo potevo sapere. Pasolini nel partito non contava poi moltissimo, fu espulso. E comunque è spesso usato come totem intellettuale, per giustificare di tutto. Non mi metto certo a discutere Pasolini, però credo che si debba contestare ogni tipo di abuso, da una parte e dall’altra. Chi viene picchiato non può fare il tifo per chi lo picchia. E’ un film di attualità. Ci sono anche dei back block improvvisati, recitano una parte anche loro. Le motivazioni non sono solo politiche: anche personali, sentimentali. C’è un sindaco che interviene in maniera discutibile … beh, la lettura può essere aperta.

Com’è la sinistra di oggi?

La viviamo come “consegnata”. Abbiamo un presidente del consiglio che ha preso il 41% dei voti ma alcuni li ha presi per disperazione. Come dire: “se non ci riesce lui non ci riesce nessuno”. E’ un po’ un’ultima speranza. Speriamo che non abusi di questa fiducia. Tutto è cambiato nell’estate 2011 ma quello che non si è fatto con Berlusconi lo si è fatto con Monti, e poi Letta e Renzi. E’ il momento del grande “pappone”, delle intese. Questo 41% non sappiamo di preciso cosa racchiuda. Renzi offre molti “spunti”, è un comico e un continuo slogan. Il difficile sarà stargli dietro, è velocissimo. Un giorno mangia il gelato, il giorno dopo fa il “governo dei mille giorni”. E’ tutto bizzarro. Bisogna vedere dietro al fumo quanto arrosto c’è.

La vita di sezione serve ancora?

La crisi è cominciata dopo la caduta del muro di Berlino. Io avevo diciott’anni e quindi la cosa mi colse in un momento di crescita anche personale, ormonale e intellettuale. E’ stato un periodo sofferto, il dramma di un paese. Famiglie spezzate, amicizie finite. La sbandata è stata notevole, ma la sezione l’ho sempre vissuta come un luogo necessario. Poi, bisogna sapersi evolvere. Non faccio più militanza, bisogna essere molto motivati per andare avanti. Ho scoperto che ci sono tante altre palestre di sperimentazione e dibattito politico, una per tutte è il web. Purché non se ne faccia un totem come hanno fatto i 5 stelle. Ma anche nei circoli PD online, contribuendo ad annacquare l’identità del partito. Era un colpo continuo, le sezioni si svuotavano man mano del loro significato. Ma Roma è piena di circoli ancora vitali, e non solo di sinistra.

Però i 5 stelle sono assenti, e anche Renzi…

Beh, l’ho scritto nel 2011 e a quel tempo il movimento era in nuce, non era ancora protagonista come oggi. Ma ci sono diversi elementi di grillismo, i commercianti sono mossi da parole che poi sono diventate parte di quella mentalità: “i politici sono tutti uguali”, “ci pensiamo noi”. Non ho citato lo slogan ma se ne sente l’embrione. Chissà che uno di quei commercianti non sia diventato poi un deputato 5 stelle. Discorso analogo per Renzi, ma nel film si respira la necessità di qualcosa di nuovo, che non c’entri col passato. Arrivano a considerare alla stregua di un leader Francesco Totti. E’ l’evocazione di una spinta completamente differente.

Costretto, chi getterebbe dalla torre, Totti o Berlinguer?

L’autolesionismo ha un limite, abbiamo già così poche certezze… ovviamente non getterei nessuno. Io alla vecchia classe dirigente potevo riconoscere un’autorevolezza dovuta alla competenza, alla professionalità, che io non avrei mai avuto. Se non avevi fatto il segretario di partito non valevi nulla era pure inutile candidarsi. Bisogna essere coscienti dei propri limiti. Io in politica non entrerei mai, non me la sentirei.

Però se l’è sentita di girare un film. Anche se alla fine dichiara di non saper fare nulla…

Il cinema può essere uno sbocco, è una risposta sintetica, un osservatorio privilegiato. Non che ne sentissi l’esigenza pressante, ma dopotutto, anche se ammetto la mia incoscienza notevole, in passato ho lavorato in tv e con i video, scrivendo piccole sceneggiature per Tolleranza Zoro e poi Parla con me. Interpretavo anche dei personaggi, che poi erano me stesso. Dopotutto è come quando apri un blog, non sai mai se poi ti apprezzeranno. Ma è stato naturale approdare a qualcosa di più ampio, con dei personaggi. Sono uno che racconta storie. Poi non è la mia primissima volta. Ho fatto già dei lunghi, per esempio Anno Zoro – Finale di partita 2012, solo che non sono andati al cinema. Potevano? Non so. Però in tv sono andati bene.

In un monologo afferma anche di essere diventato “quello che odiava”…

Mi viene da dire “il successo non mi ha cambiato”. Ma al di là del successo o meno, a un certo punto tutti riflettono su come si sviluppa la propria vita, la propria carriera, su come ti percepiscono le persone che ti conoscono, gli amici, o il pubblico, laddove ci sia un pubblico. Si cambia. Non sempre in negativo, magari, ma il dubbio va preso in considerazione.

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