Locarno. Che la famiglia possa essere un luogo velenoso ce lo aveva già raccontato al cinema, in tutte le sue sfumature, Monicelli, che in Parenti serpenti aveva descritto con grande cattiveria le piccole e grandi meschinità di un microcosmo familiare medio-borghese italiano. Ma se in questa commedia nera, che demolisce impietosamente tutte le certezze della vecchia Italia democristiana erano tutti contro tutti, in Un nemico che ti vuole bene, di Denis Rabaglia – presentato in Piazza Grande a Locarno – la lotta è senz’altro impari.
Enzo, infatti, il placido professore universitario amante della natura e della tranquillità, interpretato da Diego Abatantuono, s’imbatte per caso in un killer in fuga (Antonio Folletto). Gli salva la vita. Ma da quel momento è la sua di vita a non essere più come prima. Il killer infatti per sdebitarsi si offre di uccidere gratuitamente il peggior nemico di Enzo… Ma Enzo non ha nemici. Né dentro né fuori dalla famiglia. Almeno così sembra. Sarà proprio il guardare finalmente dietro quell’apparenza così bene accomodata che permetterà ad Enzo di vedere come stanno realmente le cose. Seguendo il classico gioco di rovesciamenti pirandelliano niente e nessuno sarà più quello che sembrava prima.
“Anche il killer – sottolinea Abatantuono – potrebbe non essere ciò che appare. Qualcuno potrebbe interpretarlo come una sorta di voce della coscienza, di proiezione mentale. E non avrebbe torto, perché in fondo questo film parla di un risveglio, di una presa di consapevolezza di un uomo che ha voluto credere senza guardare. Lavorare su questo aspetto mi ha interessato molto. Mi piacciono i film in cui si cerca l’ironia ma senza perdere di vista il realismo. In questo caso il tema centrale è proprio quello della solitudine dell’individuo di fronte ad una realtà che ti può sempre stupire, celando nemici fra gli amici e facendoti viceversa scoprire caratteristiche positive e inaspettate tra coloro che pensiamo essere nemici. E poi è interessante come il film affronta la questione della giustizia che spesso cozza con i desideri e le rivendicazioni della coscienza”.
E tra i ‘nemici familiari’ di Abatantuono ci sono Sandra Milo, che interpreta una madre egoista e prepotente e Roberto Ciufoli, nei panni di un sacerdote un po’ particolare. “È stato divertente interpretare questo ruolo -dice la Milo – perché io sono proprio l’opposto del mio personaggio. Sono una donna buonissima e mi piace credere nella bontà degli altri. Quando però mi capita di incontrare qualcuno che lo è un po’ meno, beh, cerco di immaginarmelo bambino, quando era amato dai genitori, coccolato dalla mamma e magari aveva una sua bontà”. Le fa eco Ciufoli: “i buoni fortunatamente non sono mai completamente buoni, così come i cattivi. E la vita si diverte a rovesciare continuamente prospettive e percentuali e a prenderci anche un po’ in giro”.
“Ho cercato di mettere in scena questa storia come se si trattasse di un racconto di Poirot – aggiunge il regista Denis Rabaglia – creando per ogni personaggio un po’ di suspense e analizzando uno ad uno i possibili colpevoli. Sono molto contento del risultato finale, risultato che è stato possibile raggiungere anche grazie alla preziosa collaborazione di Diego Abatantuono che è stato davvero generosissimo: ha dato lui il tono alla storia, guidando il nostro gruppo di lavoro come un bravissimo direttore d’orchestra”.
E anche Abatantuono conferma di aver messo molto di suo nella scrittura del film: “È mia abitudine inserire dei commenti fatti a mezza voce, che non sono né la voce fuori campo né delle battute di dialogo ma una sorta di ragionamento a cuore aperto da parte dei personaggi che interpreto. Anche in questo film ci sono dei commenti, credo che siano utili per far capire la progressiva presa di coscienza da parte del personaggio che interpreto, un uomo che non si accorgeva di niente e che a poco a poco comprende chi sono le persone che lo circondano. È questo il mio contributo principale al film, che mi vede circondato da attori straordinari e da una troupe davvero speciale. Inoltre è stato un onore lavorare con Sandra Milo, una diva che è davvero capace di misurarsi con qualunque ruolo; averla come mamma è un punto di gloria nella mia lunga filmografia”.
Lili Hinstin entrerà in carica al 1° dicembre 2018, succedendo a Carlo Chatrian, che ha lasciato il Festival svizzero per assumere la direzione artistica della Berlinale. Nata a Parigi nel 1977, è stata responsabile delle attività cinematografiche dell’Accademia di Francia a Roma e vice direttrice artistica del Cinéma du Réel
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