Forse questa è la volta buona. The Revenant – Redivivo di Alessandro Gonzalez Inarritu, con protagonista Leonardo DiCaprio, in sala dal 16 gennaio, arriva giusto in tempo per la corsa agli Oscar. L’attore insegue idealmente la statuina da talmente tanto tempo che la vicenda è diventata un argomento da ‘meme’ (come si definiscono i giochi spiritosi e le battute su Internet).
Dopo i tentativi andati a vuoto con film come Titanic, Blood Diamond, The Aviator, Shutter Island, Inception e, l’anno scorso, The Wolf of Wall Street, Leo non sembra essersi perso d’animo, offrendo nel nuovo film una prova sofferta e soddisfacente, nei panni di un uomo della frontiera americana si inizio Ottocento, disperso tra le nevi, abbandonato dai suoi compagni (Tom Hardy e Will Poulder) – che per di più gli hanno ucciso il figlio mezzosangue, avuto da un’indiana – dopo essere stato aggredito da un orso, che riesce a superare atroci sofferenze e grandi difficoltà pur di sopravvivere, con il solo scopo di vendicarsi dei terribili torti subiti. La storia è basata su un personaggio reale, Hugh Glass, commerciante di pellami, che a sua volta ha ispirato l’omonimo libro di Michael Punke, da cui è tratta la pellicola.
“Faceva così freddo che non si riusciva a tenere gli occhi aperti”, dice l’attore, che ha girato buona parte del film sdraiato sulla neve del Canada o dell’Argentina, in luoghi dove la temperatura raggiungeva anche i 40 gradi sotto zero. “Per trovare la neve, in un inverno particolarmente asciutto, abbiamo raggiunto la punta estrema dell’Argentina – continua DiCaprio – la Terra del Fuoco, andando fino alla città più meridionale del pianeta. Quando abbiamo girato nel fiume ghiacciato, in cui indossavo una pelliccia d’alce e una d’orso che pesavano circa 45 chili, ho rischiato ogni giorno l’ipotermia. È capitato che la temperatura scendesse così tanto da non riuscire a tenere gli occhi aperti. C’erano momenti in cui nemmeno le attrezzature funzionavano più molto bene”. E Leo si è impegnato parecchio, perdendo tanto peso, addentando pesci vivi o interiora di bisonte, infilandosi nella carcassa di un cavallo per tenersi al caldo, lasciandosi ricoprire di formiche e svegliandosi in piena notte per essere sottoposto a ore di trucco prima di buttarsi in mezzo alla bufera. Insomma, il premio se lo meriterebbe proprio. Ma lui giura di averlo fatto per tutt’altro nobile motivo: “Girarlo ha rappresentato una sorta di percorso esistenziale, sia per me che per Alejandro, perché rappresentava la perfetta fusione di violenza e bellezza, ed è proprio questo che volevamo: mettere in scena la brutalità e la bellezza della natura”.
Mentre Inarritu, che lo scorso anno ha vinto l’Oscar per Birdman, lo ha definito come “uno dei film più difficili della mia carriera, caratterizzato da problemi fisici, psicologici, finanziari, ritardi e sacrifici”. E ora un’uscita strategica e intelligente: il film ha debuttato a Natale negli Usa in solo quattro sale cinematografiche, incassando un po’ meno di 500 mila dollari. Il secondo miglior debutto di sempre. Un trucco per far concorrere il film all’Oscar – doveva rientrare tra le pellicole del 2015 – e nello stesso tempo istillare curiosità nel pubblico, sperando di riuscire a rifarsi del 135 milioni spesi nella realizzazione. E intanto il film può contare su quattro nomination ai Golden Globe compresa quella per il migliore attore, proprio a DiCaprio.
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