“Quando sono stato nominato, alla metà di ottobre 2023, mi è venuto naturale chiedermi in che modo, come scuola, potevamo aprire una finestra di dialogo sulle tragedie che ci stavano accadendo intorno”. Così Sergio Castellitto inizia a raccontare alla stampa la genesi della tre giorni in programma dal 19 al 21 giugno nella storica sede di via Tuscolana, Diaspora degli artisti in guerra, che prevede incontri, masterclass, proiezioni, una mostra fotografica e la realizzazione di un film testimonianza realizzato dagli allievi coadiuvati dai docenti.
“Siamo partiti dalla parola, ‘diaspora’, che è una parola drammatica, ma è anche una parola di pace. Perché chi viene costretto a un esilio, a un trasferimento fisico, trasferisce anche la propria memoria, e riaccende la possibilità di una ricostruzione, in un altro luogo, di ciò che ha lasciato”, ha continuato il Presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia. Diaspora in greco significa “dispersione” e “disseminazione”, ed è patita spesso da tutti coloro che si trovano in paesi in guerra: ma ogni artista vero, almeno una volta nella vita, si è sentito abbandonato e isolato, anche nel proprio Paese. (…). Ci siamo domandati allora dove fossero quei cineasti, artisti, scrittori divisi e riseminati altrove, e abbiamo deciso di offrire loro un luogo, questo luogo, che per tre giorni diventa una casa comune dove raccogliere ciò che è stato disperso delle loro idee, dei loro progetti e delle loro frustrazioni. Ricomporre la diaspora degli artisti. Offriamo uno schermo per mostrare le loro opere e un microfono per parlarne. Tra due fronti c’è sempre una terra di nessuno, un lembo deserto, abitato dalla paura ma anche dal desiderio. Vogliamo occupare questa terra, perché diventi luogo di meditazione umana, nello stesso campo aperto dove l’arte per sua abitudine, incontra il sogno”.
“Le dichiarazioni rilasciate dai cineasti di tutto il mondo che hanno realizzato i film in programma mi hanno colpito molto, e il fatto che questi film potranno essere visti e discussi qui, che questa diaspora possa convergere qui, è meraviglioso”, sottolinea Edoardo Albinati. Una delle prime suggestioni che ho avuto è quella di due registi libanesi, Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, inizia già dal titolo che hanno scelto per il loro film, Je veux voir (Voglio vedere), che parla della guerra in Libano. Una guerra che risale al 2006 e ci dimostra che purtroppo, una delle caratteristiche della guerra moderna è che non finisce mai. L’idea di individuare gli occhi come principali e attendibili testimoni di un evento, più delle parole, più degli altri sensi… e il cinema sembra la strada maestra per raccontare questa testimonianza attraverso la visione”.
“Una decina di anni fa ho cercato nei manuali di politica internazionale, di diritto, una definizione chiara della parola ‘pace’”, aggiunge lo scrittore e sceneggiatore. “E non sono riuscito a trovarla se non nella forma negativa di interruzione della guerra, come se lo stato di guerra fosse il vero stato naturale, perenne. Sempre per rifarmi alle dichiarazioni di cui parlavo prima, una regista ucraina, Maryna Er Gorbach, si riferisce così alla guerra in Donbass del 2014, che a noi è venuta ‘agli occhi’ solo otto anni dopo: “talvolta penso che un film non sia di per se utile a fermare tutto questo, eppure alla fine è meglio che opere come questa esistano”.
“È il destino degli artisti quello di compiere il gesto, al di là del risultato”, prosegue Castellitto. Con Guernica Picasso non ha fermato le guerre, figuriamoci se le possiamo fermare noi. Ma il nostro compito è la testimonianza. E in fondo questa tre giorni è proprio quel segmento di pace che interrompe la guerra dal suo continuare, dopo la fine della ‘diaspora’. Ma non possiamo fare altrimenti, sarebbe da mitomani pensarlo. Il risultato migliore per noi sarebbe che venisse qualche produttore e dicesse a uno dei cineasti ‘ti produco un film!’”
“Un regista congolese che si chiama Dieudo Hamadi, nel rispondere alla domanda ‘ma tu che posto hai?’ risponde ‘non ce l’ho un posto, non so quale sia il mio ruolo, al di là della retorica, il ruolo di un regista nella società”, aggiunge ancora Albinati. “Al di là di coloro che vengono dalle zone di guerra. Hamadi forse una risposta riesce a darla, dicendo ‘il posto da cercare, per me, è quello dove mettere la macchina da presa. Quello so dove e come farlo’. Poi ci sono anche due registi siriani, Saeed Al Batal e Ghiath Ayoub, che dicono un’altra cosa che mi ha altrettanto colpito, ovvero che la telecamera ‘li protegge’… Ma non dalle bombe, dalla fame, dal rischio di venire feriti o uccisi. Da qualcosa di più minaccioso ancora: la follia. È il ruolo che tu occupi a proteggerti dal tuo impazzimento”.
Il primo giorno della manifestazione, il 19 giugno, è dedicato alla “Diaspora dei cineasti”: ad introdurre il pubblico nel cuore dell’evento saranno Khali Joreige, Maryna Er Gorbach e Mehmet Er, Saeed Al Batal, Michel Khleifi, Mahamat-Saleh Haroun, Hala Alabdalla, il Card. Gianfranco Ravasi, David Grossman.
Il 20 giugno il fil rouge sarà “Lo sguardo del cinema italiano sulle guerre” grazie alle testimonianze di Elda Ferri, Costanza Quatriglio, Francesca Mannocchi, Giacomo Abbruzzese, Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, Stefano Savona, Jean Mallet, Giulia Tagliavia, Rami Elhanan e Bassam Aramin.
Il 21 giugno metterà in scena un vero e proprio percorso “Nei paesi di guerra”: a raccontarlo saranno presenti Aleksandr Sokurov, Hagai Levi, Mohamed Kordofani, Sahraa Karimi, Ali Asgari, Yervant Gianikian e Lucrezia Lerro, Dieudo Hamadi, Dieudo Hamadi e Jasmila Zbanic.
Nel corso dell’evento sarà allestita inoltre la mostra “Diaspora delle donne” a cura di Antonella Felicioni: un percorso espositivo che si apre con Anna Magnani e Sophia Loren, accompagnato da registe del calibro di Lina Wertmüller e Liliana Cavani, per proseguire con Claudia Cardinale e concludersi con una costellazione di attrici come Rosanna Schiaffino, Giovanna Ralli, Lucia Bosè, Clara Calamai, Gina Lollobrigida e Silvana Mangano. La mostra celebra i ruoli che la donna è chiamata con forza ad interpretare, e ne fotografa i contesti, i sentimenti, le scelte, le guerre al di là di ogni giudizio.
Durante le tre giornate allievi e studenti saranno impegnati nella realizzazione di un film testimonianza, coadiuvati dai docenti, che racconterà tutti gli incontri e momenti salienti, mentre gli allievi del corso di Recitazione del CSC saranno impegnati nella lettura e interpretazione, in un apposito spazio, di testi di prosa e poesia legati ai temi e ai Paesi delle opere in programma in Diaspora.
Diaspora degli artisti in guerra è un evento a carattere culturale e formativo, finanziato da fondi PNNR dell’Unione europea – NextGenerationEU, nell’ambito del Progetto Cinecittà, e ha come obiettivo un programma di sensibilizzazione didattica, di ricerca e di produzione artistica finalizzato anche alla conservazione e promozione della cultura a livello internazionale.
Questo il link alla pagina web del Centro Sperimentale di Cinematografia dove scaricare il programma e/o il bando, o prenotarsi per seguire la manifestazione.
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