Denis Robert: “Alle origini di Charlie Hebdo”

Al Marché abbiamo visto il documentario Cavanna, He Was Charlie, dedicato al fondatore della rivista satirica. Girato prima dell'attentato, contiene anche un video profetico


CANNES – Tra gli addetti ai lavori è frequente sentir dire che il meglio del Festival de Cannes non sia tanto nel concorso ufficiale, quanto altrove. Mezza verità, ma al Marché du Film abbiamo scovato Cavanna, He was Charlie, un film che va alle origini di “Charlie Hebdo”, il giornale satirico francese duramente colpito dal terrorismo islamico. Non poteva che essere francese, girato da padre e figlia (Denis e Nina Robert), finanziato in primis dal web via crowdfunding, è un documentario che nel raccontare la figura di un personaggio “vecchio e per niente cool” come Francois Cavanna, il fondatore di “Hara Kiri” e appunto “Charlie Hebdo” insieme a Choron, sottolinea l’importanza della satira, di penne che sanno essere scorrette, ironiche, controcorrente. Dell’attacco terroristico il film parla poco, giusto alla fine. Commuove di più un video di Cavanna e Choron, girato in tempi non sospetti, allora esilarante e oggi macabro: “Dovevamo morire affinché tutti parlassero di noi”.

Cavanna è morto un anno prima dell’attentato, ma i suoi amici e collaboratori, presenti nel documentario e segnalati da un’animazione di una matita con le ali, non hanno avuto la stessa sorte. Il documentario è dedicato, pertanto, a tutte le vittime dell’attacco e “a chi credeva nello spirito scorretto di Cavanna. Gli altri, come direbbe lui, possono andare all’inferno”.  

Com’è nata la voglia di girare questo documentario?
Tutto è partito 5 anni fa. Insegnavo giornalismo a Parigi e altrove, un giorno feci il nome di Cavanna e scoprii che, a parte un paio di ragazzi, nessuno lo conosceva. Ma scherziamo, mi sono detto, uno che ha ispirato milioni di lettori, fumettisti e giornalisti! Lo stesso che ha spinto me a scrivere, peraltro. Lì mi è scattata l’urgenza: sono andato da lui e, senza finanziamenti né nulla, abbiamo iniziato a chiacchierare. Ci siamo visti 7-8 volte, purtroppo verso la fine tutto si è complicato a causa della malattia di Cavanna, lui la chiamava “Miss Parkinson”.

E’ stato difficile trovare finanziamenti?
Abbastanza. In Francia se non hai una lettera di un canale tv che si dimostra interessato al film è raro che si muova qualcosa. E noi raccoglievamo solo risposte negative. Allora abbiamo pensato al crowdfunding, e grazie a Kisskissbankbank  e internet 548 persone ci hanno mandato i loro contributi. Abbiamo appena finito di montare il film, la scorsa settimana. Lo abbiamo portato a Cannes per cercare distribuzioni internazionali con il nostro amico e coproduttore Bertrand Faivre (Le Bureau). Anzi facciamo un appello: se sapete di canali tv o distribuzioni cinematografiche interessate al nostro film contattateci! In Italia, ad esempio, non ha ancora una distribuzione. 

Qual è lo scopo del film?
Far scoprire ai giovani chi era Cavanna, spiegare cosa fossero davvero “Hara Kiri” e “Charlie Hebdo” anche attraverso materiali di archivio, foto, video, interviste. E far riflettere tutti sull’importanza della satira, dell’umorismo, del diritto sul ridere di ogni cosa e rendere caricaturali anche aspetti tragici della vita. Almeno, così pensavamo prima del massacro del 7 gennaio. Da lì il film è saltato dentro l’attualità. E abbiamo deciso di rimetterci mano, non potevamo non raccontare dell’attacco.

Come avrebbe reagito Cavanna alla notizia, se fosse stato vivo?
Avrebbe continuato: mai mollare, soprattutto perché la domanda che ci ha tormentato e ci tormenta tutti – perché prendersela con i disegnatori, dopo tutto? – rende giornali come “Charlie Hebdo” ancora più indispensabili. Il nostro documentario poi fornisce una spiegazione e una traccia. Registra le parole degli ultimi dei mohicani: Cavanna, Siné, Willem, Sylvie Caster, Delfeil de Ton, Wolinski, uomini e donne che hanno lottato per una stampa libera, aperto porte che valichiamo ogni giorno. Senza di loro non saremmo qui.

Perché un giornale di satira come Charlie Hebdo è importante, oggi?
Cito Cavanna: “Tutti fanno errori. Appena li fanno, bisogna colpirli. Sempre. Anche se sono amici: questo è il ruolo di un giornale di satira. Osservare, denunciare, salvaguardare”.

23 Maggio 2015

Cannes 2015

Cannes 2015

Le Figaro riflette sulla delusione italiana a Cannes

Il quotidiano francese dedica un articolo al disappunto degli italiani per il mancato premio al festival: "Forse è mancata una lobby organizzata"

Cannes 2015

Italian Pavilion, dove il nostro cinema parlava (anche) straniero

"Dà l'idea di un Paese che funziona". "L'ulteriore dimostrazione che l'unione delle forze può veramente andare incontro alle esigenze di ogni categoria del cinema italiano".Sono solo alcuni dei commenti sul nuovo spazio del cinema italiano a Cannes, per la prima volta allestito nell'Hotel Majestic, con una terrazza che affacciava sulla Montée des Marches, due sale per le attività professionali e l'ormai famoso ingresso con il tunnel caleidoscopico. E' stato visitato da circa 3mila persone, di cui oltre il 50% stranieri. Sul finale, presente anche il ministro Franceschini."Tutto ciò è stato realizzato con una spesa leggermente superiore a quella che sostenevamo gli anni scorsi per avere il solo spazio sulla spiaggia nel Village International", spiega Giancarlo Di Gregorio

Cannes 2015

L’era Pierre Lescure al Festival di Cannes

Roberto Cicutto, amministratore delegato di Istituto Luce Cinecittà, commenta il contestato palmarès di questa edizione del festival. "Sulle decisioni delle giurie è inutile soffermarci. Si può condividerle o meno ma pretendere di sapere come dovrebbero comportarsi e' da ingenui. Dobbiamo essere soddisfatti che nell’edizione appena finita il cinema italiano e in generale l’industria audiovisiva si è presentata più compatta, con nuovi strumenti per la promozione e l’attrazione di investimenti e soprattutto con un’offerta di film pieni di talento e molto diversi tra loro. Vorrei però segnalare alcuni cambiamenti significativi nel DNA del Festival più importante del mondo"

Cannes 2015

I film italiani mai presi in considerazione per i premi

Rossy De Palma si lascia andare a qualche confidenza sul lavoro dei giurati: "Abbiamo pianto tutti con il film di Moretti, ma volevamo premiare la novità di linguaggio"


Ultimi aggiornamenti