“Milioni di bambini sono considerati malati. E se ci stessimo sbagliando?”. Questa domanda accompagna l’uscita del docu-film di Stella Savino ADHD – Rush Hour, sul tema sempre più attuale della sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività. La pellicola sarà distribuita da Microcinema a partire dal 26 giugno.
Bambini che non stanno fermi, giocherellano con le mani o i piedi, non riescono a stare seduti, corrono, si arrampicano, si distraggono, sparano risposte prima che sia terminata una domanda, interrompono le comunicazioni con gli altri. Tutto sommato atteggiamenti che sarebbero stati considerati comuni tra i bambini di una certa età fino a qualche anno fa. Ma ora invece si sta creando una tendenza spesso non giustificata a diagnosticare appunto questa “presunta” sindrome, basandosi soltanto su diagnosi comportamentale e non su ricerche di tipo neuro-psichiatrico. Il fenomeno parte dagli Usa e in particolare dal sistema scolastico. Gli insegnanti notano bambini irrequieti, chiamano i genitori e dicono ‘vostro figlio non sta bene. E’ iperattivo. Dovete risolvere il problema’. Il punto è che, spesso, risolvere il problema significa somministrare al bambino psicofarmaci che forse sì, tengono sotto controllo i suoi disturbi a breve raggio, ma incidono tantissimo sulla salute e sullo sviluppo. Negli Stati Uniti se ne parla tantissimo perché la casistica è molto ampia (parliamo dell11% degli studenti censiti). In Italia siamo attorno all’1°%.
“La forbice – spiega la regista – mi pare troppo ampia per potersi basare solo sulla differenza di condizioni ambientali, sociali e culturali. Pur senza avere nessuno che ha avuto questa problematica vicino a me mi è parso un dato interessante per partire con una ricerca. La percezione di questa problematica è altissima nei paesi anglosassoni, dove il sistema scolastico è basato sulla performance e sulla competizione, mentre scende sensibilmente nei paesi mediterranei dove c’è comunque un’attenzione familiare maggiore rispetto all’infanzia. E per quanto possiamo essere critici, il nostro paese da questo punto di vista, rispetto all’America, è un paradiso. Ovviamente il mio intento non è trovare soluzioni, in una sola ora e mezza di documentario, su qualcosa di cui la comunità medica discute da 50 anni, però voglio sollevare domande in modo da spingere chi è colpito direttamente o indirettamente dalla problematica a indagare. Ora, io sono tendenzialmente contro l’uso dei farmaci, ma non volevo fare un documentario di denuncia alla Michael Moore. Volevo invece sentire voci pro e contro, solo che gli esperti ‘pro’, in linea di principio, intuivano il mio orientamento filosofico e rifiutavano il confronto. Molto importante il confronto con Stefania, la madre di Armando, uno dei protagonisti, che somministra farmaci a suo figlio in un modo che non esito a definire criminale. Lei sapeva esattamente cosa pensavo di lei, eppure mi ha aperto casa e mi ha permesso di raccontare il ‘sommerso’, ovvero quei casi non registrati di persone che si procurano i farmaci con stratagemmi, ad esempio acquistandoli in Svizzera. Per questo,e per la sua generosità, la stimo, sono stata in casa con lei per settimane. Mi sono chiesta spesso se non lo facesse per un’esigenza di redenzione. Comunque è stato importante perché non volevo finire con un approccio new-age o superficiale, del genere ‘facciamo yoga e risolviamo tutto’. Non è quello il problema centrale, il problema è che sotto il cappello dell’ADHD finiscono decine e decine di malattie e problematiche. Un bambino che si addormenta in classe potrebbe avere problemi non neurologici ma epatici, o problemi in famiglia. E’ molto facile bollare tutto con una diagnosi semplicistica”.
Il consulente scientifico del progetto è l’esperto Stefano Canali, che aggiunge: “Quante malattie psichiatriche nel corso della storia sono poi “scomparse” man mano che cambiavano le condizioni ambientali e culturali. L’omosessualità, l’isteria… la anfetamine un certo dosaggio effettivamente aumentano la capacità di focalizzazione. Addirittura certi colleghi usano il Ritalin per quando sono molto concentrati su articoli o ricerche. Ma gli effetti a lungo raggio potrebbero essere devastanti, e non lo sappiamo. Questi giovani stanno facendo da cavie. E allora è bene ricordarsi come diceva Platone che anche la parola è una cura e che ‘il cervello è un alambicco che distilla l’anima’, per citare le parole di un alchimista – dunque favorevole ai farmaci, ne ‘L’opera in nero’ di Marguerite Yourcenar.
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