Rimanere orfano a quattro anni porta con sé la fortuna che non te ne rendi conto, anche se la trama, poi, rovescia l’assunto. Giacomo Antonelli (Fabio De Luigi), infatti, è alla ricerca della figura paterna, stimolato da un testo – Karma Experience – di un anziano professore, Ludovico Stern, interpretato da Philippe Leroy, che, fortuna (o karma?) ha voluto, in anziana età, si sia ritirato in un borgo dell’Italia centrale – in cui si riconosce Civita di Bagnoregio – così che l’orfano, ormai adulto, ha l’occasione di incontrarlo e farsi indicare il nome del proprio padre, quell’amico immaginario di una vita che ora, alla luce dell’identità reincarnata – Mario Pitagora (Elio Germano) – rimane “solo” da cercare tra circa 800 milioni di persone sulla faccia della Terra. Anche se, rimembra sopra ogni cosa Stern: “Quello che conta veramente è l’arrosto di maiale con patate!”, cosa confermata e ribadita, quasi come un mantra, fino all’ultimo…
Non nascoste le abilità d’attore brillante di Fabio De Luigi, un quarantenne sobrio, guidato dalle atmosfere dell’Oriente in una Roma per altro molto riconoscibile, qui particolarmente lodevole per il riuscito lavoro di equilibrio dei toni comici, sempre misurati, in cui mai l’interprete ride con il suo personaggio, riuscendo invece a far ridere o sorridere lo spettatore, proprio per questo profilo tracciato d’ironia, eppure mai grottesco. D’altrettanta efficacia Elio Germano che, per percorso d’attore prettamente più drammatico, e dunque “esordiente” nel genere commedia, si rende ancor più completo in un’interpretazione fuori dai canoni per cui il cinema finora lo ha “usato”. Infatti, Mario Pitagora, un po’ dandy, un po’ mariuolo, di certo non esattamente l’incarnazione del rigore morale e della voglia di lavorare, permette a Germano di dare un’ulteriore prova del suo talento che, come succede per i grandi interpreti, riesce tranquillamente a sconfinare oltre un unico genere e plasmarsi, con successo, in qualsiasi altro.
Nel karma del regista, Edoardo Falcone, qui alla sua seconda opera dopo Se Dio vuole, evidentemente c’è l’America: l’incontro stampa si apre, infatti, con l’annuncio ufficiale del remake americano del film, a cura del regista e produttore Bryan Singer (tra gli altri, L’allievo, I soliti sospetti, X-Man, Superman Returns).
De Luigi e Germano si sono ritrovati sul set, dopo Come Dio Comanda di Gabriele Salvatores, ma con ruoli decisamente differenti. Per Germano: “Fa parte della natura dell’attore il voler cambiare pelle. La pluralità, per un interprete, significa sfuggire allo schiacciamento dato da una vita sola. Come capiamo anche dal film, un atteggiamento circolare verso la vita ci fa meglio…”. Mentre De Luigi aggiunge: “proprio da un atteggiamento poco incline alla circolarità nasce forse la voglia di cercare risposte lontano, mentre sono già a portata di mano”. Infine Falcone: “Parliamo di due limiti, di due solitudini. Il karma, simbolicamente, è l’eterna morte e rinascita, anche durante una stessa giornata, per ciascuno di noi”.
Entrambi – De Luigi e Germano – hanno lavorato su personaggi da commedia con metodo di sottrazione. De Luigi: “Ho letto la sceneggiatura e mi è subito piaciuta, ma ho pensato fosse difficile. L’interpretazione era da fare per sottrazione, mentre per l’attore comico riesce quasi irresistibile il contrario. Non bisognava forzare per reggere la credibilità del paradossale, di certo sono stato molto aiutato da un regista giustamente intransigente”. Germano: “Lavorare insieme ha comportato molta naturalezza. Abbiamo fatto, prima, delle letture della sceneggiatura, per ‘centrarci’, poi la cosa è venuta abbastanza da sé. Non abbiamo mai ammiccato al pubblico. Come disse Pirandello: a seconda di quanto ti avvicini o allontani da qualcosa/qualcuno ne ridi. Se ci si fosse avvicinati troppo al mio personaggio ci sarebbe stato poco da ridere, mentre abbiamo cercato di mantenere la giusta distanza, perché guardandolo si potesse riderne”.
Interviene Falcone: “Io cerco sempre la verità, anche se nella commedia può far rischiare ulteriore senso d’artificio. Mi piace la sottrazione, curare ogni cosa maniacalmente, cosa che condivido con De Luigi: la scena con più ciak è stata quella della telefonata in giapponese, sbagliava sempre nello stesso punto”. Non meno importanti i personaggi secondari, qui in rappresentanza Daniela Virgilio, nel film Serena, la moglie di Elio Germano, e Massimo De Lorenzo, vicino di casa di Pitagora e, all’occasione, falso cardiologo. Daniela Virgilio: “In principio avevo fatto il provino per un altro ruolo, ma poi abbiamo deciso fossi la moglie di Elio: in un solo film, bacio e do un cazzotto a Germano, non mi sarebbe ricapitato! È stato molto interessante il personaggio di Serena, perché lui l’ha delusa e mi piace il cambio di registro dinnanzi alle cose della vita”. De Lorenzo: “È stata un’esperienza arricchente. Spesso capita, mentre si gira, di ‘far andar bene la prima’, per i tempi, per le modalità mutuate dalla produzione della fiction tv, ma non è stato questo il caso, anzi. Qui i personaggi sono tridimensionali e tanto è dovuto al lavoro fatto sul set”.
Tra gli interpreti anche Stefania Sandrelli (la madre di Giacomo), Isabella Ragonese (la sorella) ed Eros Pagni (il patrigno), oltre a Philippe Leroy. Di cui Falcone dice: “Lui è del ’30 e dico solo che il primo appuntamento che abbiamo avuto è stato a metà agosto, in piazza del Popolo a Roma. Si è presentato in moto. Credo sia sufficiente a spiegare…”.
Questione di karma racconta che si nasce, si muore, bisogna accettarlo, il segreto sta tutto lì. Il film esce in sala il 9 marzo in 300 copie, prodotto e distribuito da Wildside, Rai Cinema e 01 Distribution.
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