“Gli anni ’70 erano colorati, esplosivi, straordinari”. Dario Migliardi spiega le ragioni che lo hanno portato a scrivere e dirigere Un Aldo qualunque, al Festival di Torino nella sezione Orizzonte Europa. “E’ vero: c’era violenza ovunque, c’era il terrorismo, ma non erano, come qualcuno spesso ricorda, anni tristi. La società mostrava grande energia”.
Protagonisti di questa storia ambientata all’indomani del delitto Moro e raccontata con ironia e comicità lievi, sono A B C: Aldo (Fabio De Luigi), Biagio (Michele Bottini) e Caimano (Giuseppe Battiston). Aldo è il barese arrivato a Torino a 145 km orari, con un’Alfa sud carica di convinzioni, fede in Dio e nel matrimonio. Biagio invece, da ex comunista si trova a sperimentare il contrario: abbandona il lavoro, la lotta politica, e ‘si perde’ pure la donna. Per ultimo Caimano il pazzo, il cui ruolo da mediatore è quasi un paradosso, e il cui nome è preso in prestito dall’ E656, locomotore elettrico delle Fs già in uso negli anni ’70.
Dario Migliardi nel 1997 a Torino aveva vinto il concorso “Spazio Italia” con il corto La lettera, interpretato da Valerio Mastandrea. Un Aldo qualunque, dopo la kermesse di Steve Della Casa, arriverà in sala, grazie a Rai Cinema, il 29 novembre.
“Un Aldo qualunque” cita i b-movie anni ’70.
Mark, un personaggio nato dalla fantasia di una donna poliziotto, è un chiaro omaggio all’agente interpretato a metà degli anni ’70 da Franco Gasparri nella trilogia di Stelvio Massi: Mark colpisce ancora, Mark il poliziotto e Mark il poliziotto spara per primo. Ho chiesto a Neri Marcorè, Mark, di recitare al meglio, doveva essere un Clint Eastwood italiano. L’effetto finale è stato esilarante: una parodia del poliziesco di quel periodo.
La macchina da presa è in continuo movimento e il montaggio veloce frammenta la continuità degli spazi
I personaggi cambiano in continuazione il loro punto di vista. Le prime scene sono fotografate con una luce contrastata che enfatizza i neri. In quella fase i personaggi sono animati ognuno da precise e inattaccabili convinzioni, che saranno costretti a perdere. Alla fine la cinepresa, come la storia, si stabilizza e riapre l’obiettivo su campi lunghi. Con la fine della lotta politica e la vicenda Moro, c’è stata un’escalation di cani sciolti, persone naufraghe. Descrivo questi cambi di marcia con goliardia.
Tra i personaggi c’è un parroco rock.
E’ Omar Pedrini, componente dei Timoria. La band musicale ha realizzato anche la colonna sonora. Il sacerdote è più vicino alla realtà che non al dogma. I preti di allora erano molto più aperti rispetto ad oggi. Quanto ai miei personaggi non sono universali. Ho raccontato tre persone che si confrontano, con risvolti divertenti, in quel preciso periodo storico.
E Caimano?
E’ il personaggio che più mi somiglia. Ama riconoscere i treni dal loro rumore. Quando ero piccolo anch’io facevo lo stesso. Caimano è il personaggio più poetico, vive in un altro universo fatto di parole onomatopeiche. Caimano interpreta i fumetti, vorrebbe essere Paperino, e la sua casa è un vagone ferroviario. Vive ai margini della società eppure ha la strana abilità di risolvere le situazioni.
Uno dei personaggi è soprannominato “Scapuma”…
Un altro omaggio: l’Armata Brancaleone di Mario Monicelli.
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