E’ un momento d’oro anzi “d’argento” per il maestro del brivido italiano, amato e idolatrato in tutto il mondo da diverse generazioni, soprattutto dai giovanissimi. Con il suo ultimo film Occhiali neri è stato alla Berlinale (ora sta progettando un noir ambientato a Parigi). Come attore ha interpretato Vortex, convinto dall’amico e regista francese Gaspar Noé e ha anche vinto inaspettatamente il premio al Festival di Locarno. Il Museo nazionale del cinema di Torino gli dedica una mostra importante (leggi qui) e Cinecittà ha restaurato in digitale 17 suoi film, attesi in giugno al Lincoln Center di New York e poi in tour mondiale, mentre Steve Della Casa ha curato, sempre per Cinecittà (ed. Electa) il bel volume bilingue Dario Argento Due o tre cose che sappiamo di lui, presentato alla Casa del cinema anche per lanciare la rassegna “Note d’argento”, partita con Profondo rosso e che proseguirà con altri titoli fino all’8 maggio. La fila degli appassionati nei viali di Villa Borghese era l’ennesima dimostrazione dell’amore per il suo cinema.
Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà, ha introdotto l’incontro con parole di affetto e ringraziamento per il cineasta 81enne e per la Titanus che ha prodotto spesso l’autore romano, compresa l’opera prima L’uccello dalle piume di cristallo (1970).
“Il volume – ha detto subito Della Casa, anche direttore del Festival di Torino e critico da sempre attento al lavoro di Argento – ha un apparato fotografico importante grazie a Cinecittà e contributi notevoli come lo scritto di Banana Yoshimoto, scrittrice giapponese grande amica di Dario che ha subito voluto rendere omaggio ad Argento san. Ci sono anche i testi dei colleghi John Carpenter e George Romero, un saggio di Jean-Francois Rauger su Argento pittore dell’horror di fine secolo, una conversazione con Franco e Verdiana Bixio e Claudio Simonetti sulle musiche nel suo cinema”. “Le persone più sensibili – scrive Yoshimoto – per le quali la spaventosa forza dell’inconscio che si nasconde dietro alla superficie della realtà è e sarà sempre fonte di inquietudine, troveranno consolazione nelle sue immagini. Il suo talento unico e inimitabile, per alcune persone particolarmente sensibili, è come un farmaco”.
Della Casa ha dato molto spazio al rapporto con la musica. “E’ qualcosa che va oltre il semplice apporto in colonna sonora. Argento ha creato assieme ai suoi musicisti un impasto sonoro che è parte integrante del flusso di immagini proposte. Un contrappunto che va oltre la sceneggiatura, che sa costruire emozioni e sentimenti: lo ha fatto con Morricone, con i Goblin, con Keith Emerson, con Bill Wyman….”. E prosegue: “Il suo cinema visionario, sorprendente, barocco è molto più vicino al cinema di Federico Fellini (con il quale ha avuto in comune la presenza di uno sceneggiatore importante come Bernardino Zapponi) di quanto non lo sia al nostro cinema di genere. La costruzione delle immagini è la vera forza del cinema di Argento: è una costruzione complessa, mai semplice, tanto meno banale, è un prodotto in cui gli inserti musicali sono più importanti dei dialoghi”.
E’ lo stesso Argento a parlare del suo rapporto non lineare, a volte controverso e conflittuale, con i musicisti incrociati nella sua carriera. “Sono arrivati a caso, spesso portati dal destino, come tanti miei collaboratori. Occhiali neri ha la musica elettronica di Arnaud Rebotini, che mi è piaciuta molto”. E ricorda: “Con Bill Wyman abbiamo fatto tre film insieme, era sempre molto affettuoso, eppure nella sua autobiografia parla male di me. Keith Emerson aveva l’incarico di musicare Inferno. Stava alle Bahamas, andava in barca, pescava e componeva per me. Ma mi portò una musica orrenda e quando glielo ho detto lui è partito per Londra. Ho spesso avuto a che dire con gli attori e i musicisti. Anche con Ennio Morricone, nonostante i cinque film insieme. Mi invitò a casa sua per parlare, ma siccome gli portai alcuni dischi mi guardò con malvagità e voleva cacciarmi. Quelli che sono? Dischi! Vattene via! Chiesi scusa e alla fine ricucimmo”.
Sulla carriera di attore la considera “iniziata e finita” con Vortex. “Quando mi hanno annunciato il premio come miglior attore a Locarno sono rimasto stravolto. In quel film ho recitato me stesso, è un film improvvisato, avevo appena 6 paginette di copione. Mi sono scelto il mestiere del critico cinematografico, che avevo fatto davvero, ho immaginato di scrivere un libro sul sogno e il cinema, di avere un’amante, tutte cose per me reali. Non sono come gli attori americani che recitano e bevono whisky tutto il tempo, io sono stato spontaneo”.
Racconta qualche aneddoto sulla sua popolarità nel mondo. “In Corea del Sud l’associazione dei registi ha organizzato una cena per me e abbiamo parlato a gesti perché nessuno conosceva la lingua dell’altro. In Brasile mi hanno dedicato una grande rassegna senza sapere che mia mamma era brasiliana. In Russia c’era una voce che traduceva il film imitando le voci dei personaggi, uomini, donne e anche bambini, parlando in falsetto. Il sindaco di Reykjavík mi ha dato un premio e mi ha spiegato che Inferno era l’unico film che avevamo in dvd e che quindi l’avevano visto e rivisto per un sacco di tempo ed era diventato per lui importantissimo”.
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