VENEZIA. Dario Argento, come spesso accade, è rinchiuso in un hotel per scrivere un suo film. Ma stavolta c’è anche una troupe a filmare lui, per raccontare con lucidità e classe la storia della sua carriera e della sua vita. A Venezia nella sezione Venezia Classici: Documentari Dario Argento Panico di Simone Scafidi, che segna anche la prima volta alla Mostra del maestro dell’horror.
“Non mi sono mai offeso né amareggiato – dice – anzi non essere invitato mi faceva quasi piacere. Io ero il ribelle, l’elemento di rottura, non mi sarei trovato bene con i film che andavano alla Mostra. Erano tutti film politicizzati, impegnati, l’horror era considerato riprovevole e diseducativo. I miei film uscivano d’estate, il mio pubblico li amava, ero molto più tranquillo. Certo oggi esserci mi fa piacere, il mondo è cambiato, basta dare un occhio a quello che si trova in edicola e in libreria. Per certi versi è stato un miglioramento. Non rispetto al cinema, però. Ai miei tempi c’erano registi con gli attributi, Antonioni, Romero, Carpenter, Hooper. Poi hanno abbandonato il cinema e sono stati sostituiti da altri che però erano meno convinti”.
Il titolo si riferisce a una frase tipica di Argento: “la paura è come avere la febbre a 38, il panico come averla a 41. E io cerco quello”.
“E spero di non guarire mai dalle mie paure – aggiunge – io ci convivo. La prima volta che ho avuto paura al cinema è stato per Il fantasma dell’Opera con Claude Rains, che ho visto in un cinema all’aperto in vacanza sulle Dolomiti con i miei genitori”.
Nel film anche interviste a colleghi illustri come Guillermo del Toro e Nicolas Winding Refn, che proprio ieri durante una masterclass ha scherzosamente tirato in ballo il nome di Argento dicendo che Suspiria era un film realizzato sicuramente sotto cocaina. “E’ una sua supposizione – ride glissando il Dario nazionale – è una persona ironica e intelligente e avrà dato una risposta ironica e intelligente. Però ammetto che quel film mi ha messo moltissima ansia, addirittura facendomi pensare di buttarmi dalla finestra, non so nemmeno per quale motivo, perché stavo passando un momento felice, ma un medico mi consigliò di barricarla con un armadio, perché l’impulso suicida è passeggero e se devi faticare per realizzarlo se ne va”.
Però c’è anche il lato ironico, inedito di Argento, che avrebbe potuto esplicarsi se Le cinque giornate con Adriano Celentano fosse stato un successo. “Ma è proprio il relativo fallimento – conferma Scafidi, seguendo anche un’intervista di Asia Argento nel film – che poi porta Dario a ridarsi all’horror con rinnovato vigore in Profondo Rosso. Non possiamo sapere come sarebbe stata altrimenti la sua cinematografia. Con me, Dario è stato eccezionale nel donarsi anche recitando un po’, come dice il collaboratore e collega Luigi Cozzi, lo ha fatto sempre, anche nella vita oppure in televisione, quando presentava i suoi corti per la trasmissione Una porta sul buio. Mi ha detto ‘stai tranquillo che ci penso io’ ed è andata benissimo. Non volevo dire niente di nuovo su Argento, in particolare, ovviamente è pieno di rassegne e documentari che parlano di lui, mi sono approcciato a un lato più emotivo. Come i film di Argento non danno risposte ma cercano di scuotere lo spettatore, così ho provato a fare io, con gli spettatori e con lui”.
Quanto all’approccio, continua Scafidi “è un film abbastanza canonico: il repertorio, le interviste ai familiari, ai collaboratori, ma abbiamo giocato con gli elementi della sua leggenda, come appunto l’hotel, che si dimostra un luogo fin troppo piacevole in cui Argento non si trova a suo agio. C’è il tema del doppio: Asia spiega che spesso nei film interpreta in sostanza suo padre, ma lo stesso Argento cambia tra l’inizio e la fine del film. E’ un film internazionale, che aspira al nordamerica e ai paesi anglofoni, una quota importante è americana, e d’altro canto il suo nome ti apre le porte in tutto il mondo. Per questo ho cercato anche registi internazionali come Del Toro e Refn e mi ha colpito vedere quanto si preparassero per fare bella figura con Dario, ne parlavano con grande emozione. Poi mi è piaciuto tirare fuori alcuni aspetti di cui si parla poco. Pensiamo all’ultimo film, Occhiali neri, è un dramma più che un thriller e il suo pubblico lo sa e si commuove”.
Nel futuro di Argento c’è un noir francese con Isabelle Huppert: “E’ praticamente pronto – dice il maestro – ma si è bloccato per un mio problema personale. Mi sono rotto il femore e sono stato mesi bloccato tra ospedali e accertamenti. Lo hanno rimandato di sei mesi ma poi ovviamente non sono mai solo sei, perché quando si ricomincia daccapo a cercare soldi e sponsor, è altro tempo che se ne va. Ma Isabelle è una mia carissima amica e lo faremo”.
Il film è distribuito da Midnight Factory.
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