Storie quotidiane di italiani, in Italia e all’estero, dentro il coronavirus. Da Caltanissetta dove incontriamo il mondo dei circensi a Roma con una volontaria della Croce Rossa in ambulanza, da Trento con una famiglia divisa in due dalla zona rossa a Fortaleza in Brasile, dove padre, madre e figlio sono impossibilitati a prendere un volo di ritorno per l’Italia. Da Casale Monferrato nella casa di una giovane counselor disabile con i suoi pensieri al medico che lavora in un ospedale in Kenya, fino alla Cina con le prime immagini della pandemia…
Aria è un film partecipato firmato da Andrea Porporati, Costanza Quatriglio e Daniele Vicari, realizzato da tantissime persone che si sono riprese con mezzi come smartphone e videocamere, e montato da un team di giovani supervisionati da Luca Gasparini. Da marzo a luglio, si dipanano queste storie vere che vengono ora proposte in sei puntate da circa 20′ l’una dal 29 dicembre su Raiplay. “Quando per la prima volta Daniele Vicari ci ha fatto vedere la docu-serie, ci siamo commossi perché Aria è la storia di tutti noi – ha detto Elena Capparelli, direttore di Raiplay – È il desiderio di luce, sole, libertà, che si deve misurare con la pandemia, il dolore, la perdita, la solitudine. Ma è anche l’aria che ritroveremo, che ci attende alla fine di questo lungo viaggio nell’emergenza”. E se per Daniele Vicari “Raiplay è il futuro della televisione, un luogo dove ciascuno compone il suo palinsesto”, Capparelli frena: “Le piattaforme, con la libertà che offrono, non possono sostituire la tv tradizionale perché il palinsesto tradizionale ha ancora tantissima forza. Ma è vero che il lockdown ha accelerato un fenomeno già in crescita”.
La selezione dei testimoni dell’anno 2020 (Greta in Cina, Marta e Gerardo in Brasile, Daniele e Yasmin in Kenya, Angelo e il suo circo, Costanza dalla sua camera, Cristina in ambulanza) è avvenuta durante le prime settimane del confinamento in Italia, nel mese di marzo. Racconta Porporati: “Abbiamo cominciato a setacciare i social e le notizie dei giornali alla ricerca di possibili testimoni a cui abbiamo chiesto di riprendersi da soli. E’ un’orchestra di persone che, miracolosamente, suonano all’unisono”. E “aria” rimanda anche alle arie delle opere liriche, momenti di protagonismo di una voce.
Racconta Daniele Sciuto, medico in Kenya, “all’inizio avevo declinato la proposta, mi sembrava l’ennesimo tentativo di spettacolarizzare il dramma del coronavirus in Africa. In Kenya ci sono 50 posti letto in terapia intensiva su una popolazione di 50 milioni di abitanti e vari giornalisti mi avevano contattato per intervistarmi. Poi l’insistenza di Pietro Porporati mi ha convinto, ho capito che lo spirito di questo progetto era diverso. Ma è stata dura. Lavorare 12 ore al giorno in ospedale e intanto filmarsi, la sera mettere il girato sulla piattaforma con una connessione molto lenta. Difficile però mi sono innamorato del progetto sociale”.
Daniele Vicari ricorda il suo film partecipato del 2007 Il mio paese 2.0, prodotto anche allora con Francesca Zanza di Minollo Film. “Anche stavolta volevamo restituire la parola alle persone, far scaturire l’energia impressionante degli italiani. Non basta il vaccino per uscire dalla pandemia, dobbiamo cambiare la nostra vita quotidiana e anche il nostro modo di fare cinema”. E aggiunge: “la tecnica di ripresa è la stessa che ho usato nel film di finzione Il giorno e la notte, che stiamo ultimando e per il quale stiamo cercando una distribuzione”.
Tocca a Costanza Quatriglio chiarire il senso del progetto: “Il magma di immagini in cui siamo immersi ha bisogno di un pensiero. Le immagini pubbliche sono destinate ad essere consumate e rimosse, solo nella condivisione di una visione del mondo diventano un linguaggio che resta. E’ una piccola rivoluzione che solo il cinema può fare”. Ovviamente questo discorso è avvenuto al montaggio, come spiega Andrea Porporati: “Il racconto corale aveva bisogno di un filo. Per questo il montaggio, durato da luglio fino a ottobre, è stato così importante. E anche per le musiche il compositore Francesco Cerasi faticava a trovare il bandolo della matassa, finché non ha scelto di usare la musica per accompagnare le immagini, come si faceva nei film muti”. Al montaggio e alla produzione un team di giovani con Chiara Campara, Francesco Di Nuzzo, Flavia Montini, Pietro Porporati, Greta Scicchitano. I proventi saranno devoluti all’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani.
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