DANIELE VICARI


“Ci facciamo illusioni se pensiamo che lo stile di vita dominante sia quello piccolo borghese. Velocità massima ha avuto un grosso impatto sul pubblico francese perché racconta un aspetto della realtà contemporanea delle periferie, comune all’Italia e ad altri paesi. Non è un caso che il film qui a Roma continui a essere programmato e riscuota successo in cinque sale distanti dal centro”. Daniele Vicari spiega, con tono pacato ma appassionato, le ragioni della triplice vittoria ottenuta dal suo film al Festival di Annecy.
Velocità massima, prodotto da Domenico Procacci per Fandango, ha ricevuto, oltre al premio del pubblico, il premio come miglior film e quello per il miglior attore protagonista, andato a Valerio Mastandrea, dalla giuria presieduta da Mario Martone. Ma già a Venezia l’esordio del giovane regista reatino non era passato inosservato: il Sindacato giornalisti cinematografici, Sngci, gli aveva infatti assegnato il Premio Pasinetti, dando inoltre una menzione speciale a Valerio Mastandrea. Mentre ad Annecy il film di Vicari ha fatto colpo anche su due maestri come Ettore Scola e Mario Monicelli.

Come è andata con i due cineasti?
Camminavo insieme a Valerio Mastandrea e li abbiamo incontrati. I due hanno iniziato a parlare in modo scanzonato, scambiandosi battute. E tra uno scherzo e l’altro, Mario Monicelli mi ha guardato e ha detto: “Te, però, a differenza di tanti altri, hai fatto un film bello. Bravo!”.

Il film è piaciuto molto anche a Mario Martone, presidente della giuria.
Sì, ci ha creduto molto. Qualcun altro invece, ho poi saputo, voleva che Velocità massima finisse con un incidente ma questa visione critica per fortuna non è prevalsa.

Come mai, secondo te, il film ha riscosso tanto successo?
La dinamica delle relazioni umane espressa dai tre personaggi principali, la sua evoluzione, tocca corde universali.

Il dialetto usato nel film, il romano, non ha costituito un ostacolo?
No. I dialoghi in dialetto possono aver creato più problemi a un varesino che a uno spettatore d’oltralpe. In mezzo al pubblico c’erano gli alunni di un istituto tecnico, che hanno apprezzato anche la parte in cui si descrive la meccanica dei motori.

E Valerio Mastandrea?
La sua intepretazione ha raccolto tra il pubblico una simpatia incredibile. Valerio è stato capace di far digerire Velocità massima anche alle femministe francesi.

Hai altri progetti in mente?
Qualche anno fa ho realizzato un documentario sui pastori macedoni che nove mesi l’anno vengono sulle montagne abbruzzesi per tenere i nostri pascoli. Vorrei fare un film su di loro, ripensando un po’ a Padre padrone, il romanzo autobiografico di Gavino Ledda da cui i fratelli Taviani hanno tratto nel ’77 il film omonimo. Intanto spero che questa vittoria porti il mio film nelle sale francesi.

autore
07 Ottobre 2002

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