DANIELE SEGRE


Un film in bianco e nero girato a camera fissa in un unico ambiente con solo due attrici, Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin.
E’ Vecchie, l’ultima scommessa di Daniele Segre, classe 1952, autore dalla vocazione sperimentale e indipendente, che prosegue così la sua ricerca fatta di continui scivolamenti tra realtà e finzione fuori dalle gabbie dei generi.
Da oltre un decennio veterano del Festival di Venezia, dove nel 1983 ha presentato Testadura, il suo primo lungometraggio, nel 1992 Manila Paloma Blanca, nel 1993 Dinamite e nel 2001 Asuba de su serbatoiu (Sul serbatoio), quest’anno torna al Lido nella sezione Nuovi Territori.
Il film è coprodotto dallo stesso regista, anche montatore, scenografo e costumista, per la sua società I Cammelli e da Gianluca Arcopinto per la Pablo, con un budget di 160 mila euro.
“Prima di Vecchie io e Daniele ci siamo studiati e inseguiti a lungo. – dice Arcopinto – Certo, è con la morte nel cuore che vedo il suo film andare a Venezia perché quest’anno sognavo un Lido vuoto. Ma non me la sono sentita di castrare il suo desiderio di partecipare a un Festival che è comunque un’importante vetrina internazionale. E sono felice per lui e il nostro film”.

Arcopinto usa parole dure verso il Festival. Tu?
Venezia è il mio festival preferito. Ha sempre dato visibilità alla mia ricerca e gliene sono grato.

Come è nata l’idea di “Vecchie”?
Nasce nell’aprile 2001 dalla mia urgenza di tornare a lavorare con gli attori. In questo caso due interpreti che, oltre alla grande capacità recitativa, hanno anche un’eccezionale disponibilità. Avevo già lavorato con Barbara Valmorin in altre produzioni, tra cui Manila Paloma Blanca e, a teatro, Week End, mentre Maria Grazia Grassini è una scoperta. Sono anche coautrici della sceneggiatura. L’abbiamo scritta e poi girata in digitale tra aprile e maggio 2002: una vera ‘full immersion’, molto divertente, a cui ha preso parte una squadra coesa e motivata.

Che ruoli interpretano le due attrici?
Sono Agata e Letizia, due splendide 60enni che si conoscono da trent’anni e parlano di tutto: la giovinezza e la vecchiaia, la morte e l’amore. Il film è girato in un unico ambiente, il soggiorno di una casa al mare, in un luogo imprecisato dell’Italia centro meridionale, da cui, per ragioni che non rivelo, non usciranno mai. E’ una storia dalla grande vitalità, in grado anche di far ridere il pubblico. Le attrici si sono misurate con un testo molto difficile. Mi dispiace che il film sia a Venezia in una sezione non competitiva perché loro meriterebbero un premio.

Perché hai eliminato i movimenti di macchina?
Non volevo suscitare stupore ma arrivare all’essenzialità della storia. E’ la prima volta che faccio una scelta espressiva così vincolante per me e per gli attori. Vincerò la scommessa se sarà superata dall’impatto emotivo della storia e dalla vitalità della recitazione. E’ un film rigoroso e sono soddisfatto. Ora aspetto con impazienza il giudizio del pubblico.

La fotografia è firmata da Paolo Ferrari.
Tra noi c’è un sodalizio che dura da 15 anni. Lui ha intuito perfettamente le mie esigenze e ha illuminato il set con luci morbide e dolci, i toni giusti per due signore perbene.

Porterete il testo anche a teatro. Lo avevi previsto fin dall’inizio?
Ho sempre auspicato un utilizzo diversificato del testo ma non mi aspettavo che tutto avvenisse così in fretta. La versione teatrale sarà prodotta dal Teatro di Pistoia e debutteremo sul palcoscenico la prossima stagione. Saremo a Roma all’inizio di gennaio al Piccolo Eliseo. Le prove cominceranno subito dopo Venezia.

autore
02 Agosto 2002

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