Dalla Sic a Roberta Torre: le identità queer si prendono la scena

E' una giornata molto queer questa alla Mostra di Venezia con l'apertura della Settimana della critica nel segno di due opere che mettono al centro le drag


VENEZIA –  Giornata queer alla Mostra di Venezia con l’apertura della Settimana della critica nel segno di due opere che mettono al centro le drag queen in tutta la loro seduttiva e magnifica presenza. Fuori Concorso il cortometraggio d’apertura Pinned into a dress di Guillaume Thomas e Gianluca Matarrese – autore quest’ultimo che era già alla Sic l’anno scorso – che segue lo splendore a caro prezzo di Miss Fame, cresciuto silenziosamente queer all’interno di una famiglia disastrata, con una storia di abusi, traumi e dipendenze superata grazie alla bellezza. E’ diventata una delle supermodel più iconiche e richieste ma sente anche i limiti di tutto questo nella sua vita sentimentale e familiare, qui al Lido la accompagna il marito che vediamo anche tra i personaggi del film, insieme alla madre. Sempre fuori concorso alla Sic il francese Trois nuits par semaine di Florent Gouëlou ambientato nei locali notturni di Parigi dove sboccia l’amore tra il fotografo Baptiste e la drag Cookie Kunty.

Ha debuttato invece alle Notti veneziane, nell’ambito delle Giornate degli autori, Le favolose di Roberta Torre, che parte dalla cancellazione dell’identità subita da molte transgender dopo la morte e in particolare dalla storia di una di loro, Antonia, negata dai familiari che si sono impossessati dei suoi beni e hanno distrutto tutte le sue foto e le testimonianze della sua vita seppellendola con il suo nome maschile. Lo stile vivace e vitale della cineasta milanese – a cui Cinecritica di settembre dedica la copertina con una lunga intervista – ci immerge dentro i sentimenti più intimi di un gruppo di amiche, capitanate da Porpora Marcasciano e Nicole De Leo, attiviste del MIT (la prima presidente onoraria, la seconda attuale presidentessa). Il film, prodotto da Donatella Palermo con Stemal e Rai Cinema, si apre sull’immagine gioiosa delle sette protagoniste in costume da bagno che danzano attorno a una piscinetta gonfiabile: accanto a Porpora e Nicole, Sofia Veet, Mizia, Massimina e la più giovane Mina. Ma non tutto è gioia e divertimento nella vita delle drag costrette a compromessi e rinunce, sottoposte ad abusi e vessazioni. 

Le favolose è, in un certo senso, un film di fantasmi, che gioca con l’identità, le apparizioni e le sparizioni, che fa rivivere il passato fin dentro l’infanzia per dare senso al presente. “Attraverso la memoria – ci spiega Roberta Torre – volevo cercare strade diverse. La storia di Antonia rappresenta tante storie, così ho intrecciato ricordi di tutte le altre protagoniste, emozioni, dolori, felicità. C’è anche una parte in Super8 in cui si vede mio padre da bambino, ho voluto mescolare le storie della mia vita e della mia famiglia con le loro storie. Ma anche la seduta spiritica è un’evocazione di fantasmi. C’è un dialogo con le persone dell’aldilà, non c’è differenza tra il mondo dei vivi e dei morti”.

L’idea del film – che sarà in sala come evento speciale dal 5 al 7 settembre con Europictures – viene da lontano, dall’amicizia decennale tra Porpora e Roberta. “E’ lei che mi ha portato in questo mondo e mi ha presentato tutte loro, che mi hanno fatto il regalo di consegnarmi le loro vite. Ho impostato un percorso dentro il quale potevano restare libere”.

Interviene Sofia Mehiel: “E’ vero, per decenni siamo stati fantasmi, non mogli, madri, lavoratrici, cittadine, non riconosciute come donne. Figure presenti nella società a cui però non viene concesso alcun ruolo. Roberta ci ha rimesso prepotentemente al centro della scena”. E prosegue: “Oggi la gioventù LGBTQ vive meglio, ha più diritti, anche grazie all’impegno delle nostre ‘madri’ trans come Porpora. Ma quante violenze abbiamo subìto”.

“Oggi il dialogo trans è pubblico, si parla di gender fluid, di identità non binaria – spiega Mina – abbiamo il dovere di ascoltare le generazioni precedenti, altrimenti non sapremmo dove stiamo andando. Abbiamo un debito di riconoscenza impagabile”.

Roberta, che sta lavorando anche al lungometraggio di fiction Mi fanno male i capelli con Alba Rohrwacher, ha detto subito alle sue attrici che le avrebbe raccontate fuori da ogni stereotipo, conquistandone così la piena fiducia. E’ questa la sfida del cinema contemporaneo. Che, almeno a giudicare da questa 79ma Mostra, sembra in grado finalmente di fare un salto di qualità, affidando alle transgender ruoli da protagoniste con molte sfaccettature, per esempio nel film del concorso Monica di Andrea Pallaoro interpretato dall’attrice trans Trace Lysette

“Il mondo non cambia dall’oggi al domani – afferma Porpora – la settimana scorsa sono stata aggredita ed è significativo del clima che stiamo vivendo. Ma noi procediamo nonostante tutto. E’ importante aver raccolto la documentazione storica, aver colmato la nostra cancellazione. Nei miei libri ho fatto questo. Ma un film arriva a un pubblico molto più ampio. Noi sessantenni ci siamo dovute inventare le parole, la narrazione, eravamo perseguitate, oggi possiamo raccontarci”.

“Non ci stiamo ad essere additate con odio, stigmatizzate, se la vittima prende coscienza dice no – aggiunge Nicole De Leo, che è anche attrice nel nuovo film di Torre nel ruolo di una madre – Finora siamo state derise, offese e insultate, anche al cinema. Ho avuto pessime esperienze, ma ci sono state anche cose meravigliose”.

Perché proprio adesso sembra essersi aperta la strada dopo tante battaglie? “La Storia – riflette Roberta – arriva a un punto in cui certe cose emergono. Adesso la realtà è cambiata. E’ lo Zeitgeist”.

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