Niente premi per l’Italia al sesto Festival di Roma. La notizia si era diffusa, seppure in via ufficiosa, già nel pomeriggio. Quattro film italiani in concorso, tra cui la corazzata Pupi Avati e invece niente. Il cuore grande delle ragazze è stato applauditissimo, anche dal ministro Galan, e lo scampato pericolo aveva creato attorno al regista bolognese un clima di affetto speciale. Il presidente di giuria Ennio Morricone è stato di poche parole – e si è sottratto alla conferenza stampa finale per impegni precedenti – limitandosi a rivelare “c’era un film a cui tenevo moltissimo che non ho potuto premiare”. Mentre l’étoile Roberto Bolle è stato quantomai vago: “I film italiani li abbiamo presi tutti in considerazione, ma ce n’erano molti di qualità alta. Le scelte? Quasi tutte all’unanimità”.
Ha fatto man bassa, invece, un simpatico regista argentino nato nel ’63, Sebastian Borensztein e il suo Cuento chino che ha già trovato casa in Italia con la Archibald. Un altro bel colpo, sia detto tra parentesi, per Vania Traxler Protti che aveva in listino anche il Faust di Sokurov, trionfatore di Venezia. Cuento chino ha anche un titolo italiano, Cosa piove dal cielo? e uscirà da noi nel 2012 in data da definire. E’ la storia di Roberto (Ricardo Darin, un attore magnetico che abbiamo visto l’anno scorso nel bellissimo film premiato agli Oscar, Il segreto dei suoi occhi). Roberto è un uomo solitario, scontroso e taciturno, che gestisce un negozio di ferramenta e fa una vita sempre uguale. Ogni sera alle 23 spegne la luce, tutte le mattine alla stessa ora si prepara la colazione, senza cambiare di una virgola, odia parlare e adora gli articoli di giornale, specie se bizzarri, che colleziona. Ha alle spalle la guerra delle Falkland, una ferita che non si rimargina, “una guerra senza senso voluta dal regime militare”, come dice il regista. Finché Roberto non conosce Jun (Huang Sheng Huang), un cinese appena approdato in Argentina che non parla una parola di spagnolo e sta cercando uno zio, unico parente ancora vivo. Al mondo non ha nient’altro.
Coproduzione argentino-spagnola, il film è una commedia tenera e un po’ surreale – piove anche una mucca dal cielo e “un cuento chino” significa proprio una storia da non credere – miglior film e premio Bnl del pubblico (che ha una dotazione di 40mila euro). Borensztein ha ringraziato in italiano, ripetendo per due volte le stesse parole con sicuro effetto comico.
Aperta con un doveroso ricordo delle vittime di Genova, la serata, presentata da una Francesca Inaudi confusa e felice, ha avuto il suo clou con la consegna dell’Acting Award a Richard Gere e la “reunion” con la giurata Debra Winger, sua partner di Ufficiale e gentiluomo. Lei non sembrava pronta a dargli il premio e si è creato un momento di sospensione che ha strappato all’attore un commento divertito: “Mi piace stare qui a Roma, perché tutto è informale, la perfezione non è richiesta”. Poi ha raccontato dell’emozione di rivedersi in Days of Heaven tanti anni dopo, di riascoltare la colonna sonora di Morricone. “E tra un paio di giorni festeggio il mio anniversario con mia moglie Carey”. Poi ha concluso scherzando: “Adesso vorrei il mio premio in denaro, come quell’argentino di prima”.
Sul palco è salita anche Maya Sansa, che ha ritirato il Gran Premio della giuria per Claude Miller. Voyez comme ils dansent, girato tra le nevi del Canada, “è stata una straordinaria esperienza” per lei, che lavora quasi più in Francia che in Italia. Francesca Comencini, presidente della giuria di Extra, che ha premiato il documentario Girl model, ha notato l’alta percentuale di registe tra i premiati. E’ donna l’Emmanuelle Millet de La brindille, miglior opera prima insieme a Circumstance di Maryam Keshavarz (un’altra donna): entrambe hanno affrontato argomenti tabù, per la prima, francese, la maternità rifiutata da una ragazza molto giovane e del tutto inconsapevole (ignora persino di essere incinta), per la seconda, che vive in America, la sessualità e l’omosessualità femminile nel duro contesto dell’Iran contemporaneo. Una donna anche l’ecuadoregna Tania Hermida autrice di En el nombre de la hija, premiato dalla giuria di Alice under 13 che non si è tirata indietro di fronte alla storia di una bambina che afferma la sua identità anche politica, mentre il miglior film over 13 è il belga Nordzee Texas storia di un ragazzo che si scopre omosessuale.
Noomi Rapace, l’ex Lisbeth Salander di Millennium, è la miglior attrice con il thriller Baby Call, altro ruolo drammatico della sua carriera, una madre sotto stress. “Ma non voglio fare altro, le commedie romantiche non esprimono i miei demoni interni”. Miglior attore Guillaume Canet (Une vie meilleure che parla della crisi e di come sopravvivere): l’avevamo visto anche in un altro film del festival, La nouvelle guerre des boutons, piace molto alle signore. Il regista Fred Schepisi (The Eye of the Storm) ha ricordato di quando a Melbourne, appena quindicenne, andava a vedere i film europei sperando che ci fosse qualche scena di sesso in più… “Così ho conosciuto il cinema italiano degli anni ’50, che mi ha commosso e affascinato”. Premio speciale per le musiche, un regalo personale del presidente Morricone a Ralf Wengenmayr autore della colonna sonora di Hotel Lux.
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