Un artista troppo complesso per un solo attore. È questo il ragionamento che, nel realizzare il suo film tributo a Salvator Dalì, ha portato il regista francese Quentin Dupieux a prendere una scelta tanto folle quanto lo è solitamente il suo cinema: fare interpretare il protagonista a ben cinque attori diversi. Ciò che ne viene fuori è Daaaaaalì (con 6 a!), film presentato fuori concorso alla 80° Mostra del Cinema di Venezia.
Il punto di vista con Dupieux decide di raccontare il Maestro del surrealismo è quello di una giovane giornalista, interpretata da Anaïs Demoustier, che incontra più volte l’artista nel tentativo di realizzare un documentario a lui dedicato. Le riprese, però, non iniziano mai e il film si avvolge su stesso in continuazione, sciogliendosi e riformandosi come uno degli orologi o dei personaggi dipinti da Dalì.
“L’unico modo di affrontare questo artista era cercare in angoli reconditi che non esistevano. – afferma Dupieux – Il mio metodo di scrittura è lasciarsi andare nell’incosciente, sono andato verso l’inconscio di Dalì, mi sono fatto invitare da lui. Per trascrivere una parte piccolissima di lui. Preferisco le idee del cosmos, piuttosto che il lavoro, questo viene dopo per rendere il prodotto gradevole al pubblico. Prima c’è l’inconscio e poi il banale lavoro di scrittura, come in tutte le sceneggiature. La fonte sono le idee inconsapevoli che vado a pescare dietro la mia scatola cranica”.
“La fonte d’ispirazione era il rapporto tra il personaggio e i mass media. – continua il regista – Negli anni ‘80 era l’epoca in cui compariva in televisione, noi l’abbiamo scoperto così da giovani. Nel film ci sono solo piccoli riferimenti alla sua pittura. Mi sono concentrato maggiormente sul suo linguaggio, sul suo modo di parlare francese. Mi interessava più il personaggio che la sua opera”.
Daaaaaalì è un film volutamente sconclusionato e folle, ricco di citazioni al grande regista Luis Buñuel, il corrispettivo cinematografico di Dalì. L’obiettivo è quello di restituire una struttura onirica, una sorta di matriosca di sogni in stile Inception, ma senza alcuna pretesa realistica. Lo stile sopra le righe del regista francese si piega al servizio dell’artista che si vuole omaggiare, lasciando grande spazio a tutti i talent inclusi, dagli istrionici attori chiamati a interpretare Dalì, al compositore Thomas Bangalter, a cui per la prima volta nella sua carriera Dupieux affida la realizzazione di una colonna sonora interamente originale.
La scelta di mettere in scena cinque versioni diverse del protagonista è sicuramente l’idea più forte del film, anche se risulta perfettamente in linea con il tono voluto dall’autore. “All’inizio ci doveva essere un unico attore. – spiega il regista – Ma era troppo classico, noioso. Un unico attore non sarebbe stato sufficiente per incarnare la follia di Dalì. Ero in bagno quando mi è venuta l’idea di questo mostro pluricefalo, con tante teste. Ho visto subito la possibilità di caratterizzarli in maniera diversa: uno poteva essere più pazzo, un altro più calmo e così via. Potevamo renderlo un personaggio più ricco. Questo caleidoscopio ci ha fatto avvicinare maggiormente a lui”.
Il primo attore scelto per interpretare Dalì, su 10 provinanti, è stato Édouard Baer. La sua performance decisamente sopra le righe è stata poi mostrata agli altri quattro attori, per settare lo stardard e, come dice lo stesso regista, “aumentare la competizione, vista l’alta asticella raggiunta”. “Abbiamo creato un personaggio di fiction, – rivela Baer – quanto recitavamo ci dicevamo di dare sempre di più, ci siamo spinto oltre. Nei biopic c’è un imitatore in scena, qui il film è più forte del personaggio. Per assicurarsi questo ruolo, ci voleva coraggio, noi 5 siamo i sopravvissuti”.
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