D-cinema: digitalizzare l’Italia è davvero possibile?


Dopo la giornata dedicata a Media, la conversione digitale delle sale tiene di nuovo banco al Festival di Roma con la tavola rotonda D-Cinema, organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in collaborazione con Anica e The Business Street, il mercato della kermesse che ha chiuso ufficialmente i battenti il 31 ottobre. Aperto dai padroni di casa, Dario E. Viganò, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e Roberto Cicutto, direttore TBS, l’incontro ha analizzato urgenze e criticità del passaggio da pellicola a digitale e si è chiuso con una speranza, quella di un meeting ristretto all’industria e gli addetti ai lavori in quel della Direzione Generale Cinema nelle prossime settimane. Un’idea partita da Maurizio Sciarra, regista esponente dei 100Autori, che spera in questo modo di trasformare in qualcosa di davvero concreto i tanti spunti emersi nell’incontro. Nodo cruciale di tutti gli appuntamenti su questo tema è infatti l’enorme spesa per l’acquisto del sistema da parte degli esercenti, uno sforzo economico per molti inaffrontabile. La mancanza di uno strumento fiscale, tipo tax credit, che possa aiutare gli esercenti e l’impossibilità di sapere se e quando il Virtual Print Fee sarà al centro di un negoziato tra esercizio e distribuzione, complicano ulteriormente le cose. Tanto che in Italia lo switch-off totale è ancora lontano.

 

Di certo restano solo i dati: nel 2010 e nel primo semestre 2011, il cinema italiano ha dimostrato la sua capacità: gli incassi per le pellicole nazionali sono cresciuti del 41,14%, segnando un saldo di circa 44 milioni di euro e un aumento del pubblico di quasi 7 milioni di presenze. Un trend positivo che potrebbe ulteriormente migliorare con la mutiprogrammazione, una delle tante possibilità offerte dal digitale agli esercenti. per non parlare della possibilità di aprire sale in comuni ora privi di cinema. Ma il problema non sono i contenuti ma i contenitori, cioè le sale che, eccezion fatta per i multiplex, restano abbastanza arretrati tecnologicamente. Tanto da trasformarsi in un problema che va anche contro logiche di mercato. Nel caso della distribuzione di opere prime e seconde di qualità, ovvero film catalogabili come d’essai, anche una società come Cinecittà Luce ha delle difficoltà. “Il cinema digitale è fondamentale per noi che come mission aziendale abbiamo la distribuzione di opere prime e seconde per la maggior parte già girate in digitale: per favorire anche gli esordienti l’optimum sarebbe dunque avere un circuito sale italiano digitalizzato – ha detto Luciano Sovena ad della compagnia – Al momento invece le sale convertite non sono abbastanza e quindi per permettere a questi film di uscire nei cinema siamo costretti a lottare con un controsenso tecnologico, quello di dover sobbarcarci dei costi di conversione al contrario, da digitale a pellicola”.

 

Come sottolineato da Riccardo Tozzi, presidente Anica, che all’esercizio suggerisce di chiedere aiuto alle municipalità perchè se si riqualificano i territori sono i politici locali e le comunità a beneficiarne. “Gli uni per ottenere voti, gli altri per creare ricchezza interna e maggior vivibilità”. A fargli eco Nicola Maccanico: “Industria e istituzioni puntano al prodotto piu’ che al contesto” – lamenta il direttore generale della Warner Bros. Italia – e il passaggio alla digitalizzazione non viene sviluppato in un’ottica di lungo periodo. Occorrerebbe una maggiore attenzione ai luoghi in cui i film crescono e comunicano. Anche le Film Commission regionali, che potrebbero svolgere un ruolo decisivo di supervisione delle sale, sono piu’ attive a livello produttivo che nel controllo dei sistemi di fruizione”.

 

Eppure il sitema sale è una parte fondamentale e streategica del comparto: senza i cinema è impossibile pensare ad un vero futuro per l’industria. Il prodotto filmico è importante ma allo stesso modo, anche per contrastare meglio la pirateria, ci sarebbe bisogno di migliorare e rendere sempre più piacevole e unica la visione in sala. Se le distribuzioni non si curano troppo del problema, i fondi delle isituzioni locali non possono/vogliono sobbarcarsi il problema e la congiuntura economica non consente sgravi fiscali, quando potremmo pensare di vedere una reale digitalizzazione in Italia?

 

autore
01 Novembre 2011

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