‘Coup de Chance’, Woody Allen: “L’adulterio, la morte: temi affascinanti sin dagli antichi greci”

Il regista 88enne al Lido con il suo sfizioso, vivace e perfettamente francese Coup de Chance: voleva girare come un autore europeo e, con questa commedia-thriller, c’è riuscito. Con Lou de Laâge


VENEZIA – Dalla poltroncina della platea buia guardi Coup de Chance e, se non sapessi che il suo autore è un newyorkese doc come Woody Allen, nulla farebbe tentennare nel pensare che sia una spassosa, vivace, sofisticata commedia – anche un po’ noir – di un autore francese e tutto si scopre appena s’incontra il suo autore 88enne, al Lido ad accompagnare il suo film Fuori Concorso, perché subito spiega che “i film che ci hanno più impressionato da registi erano i film europei, tutti noi volevamo essere europei, e tutta la mia vita è passata a girare come un europeo. Questo è il mio 50esimo film, adoro la Francia, perché non girare lì? Ho pensato di girare in francese, anche se non parlo né capisco la lingua, ma non è stato difficile seppur non capissi, perché guardando gli attori, dal linguaggio del corpo, riuscivo a capire le emozioni, il realismo o meno: mi sono sentito come un regista europeo genuino, così penso a Renoir, Bergman e… volevo aggiungermi anche io. Sono sempre stato ammiratore di Renoir: l’adulterio, la morte, sono temi che hanno sempre coinvolto le persone, le affascinano, sin dalle vicende degliantichi greci, e sono sempre stati presenti – direttamente e non – nei miei film, perché sono drammaturgia”.

Fanny e Alain, rispettivamente Lou de Laâge e Niels Schneider, sono stati compagni di liceo a New York che il caso… (la “chance” del titolo) ha fatto reincontrare a Parigi, città in cui lei vive e lavora presso una casa d’aste e lui scrive, sì, di passaggio lì, in questo momento della sua esistenza di scrittore giramondo; anche romantico, e delicatamente esplicito, charmant come solo un francese saprebbe essere, lieve e affasciante, che teneramente le confessa di essere stato innamorato di lei sin dalla scuole superiori.

Lei è spostata, adesso è la signora Fournier, suo marito è Jean – Melvil Poupaud – che di professione “fa diventare i ricchi più ricchi” e come passione ossessiva ha una ferrovia in miniatura che mostra a chiunque con orgoglioso trionfante, come un trofeo sembra essere per lui Fanny, la sua mogliettina dal garbo sensuale, che – come spiega la sua interprete – “vive una prigione dalle pareti dorate e cerca qualcosa che la riconnetta a qualcosa di più libero e fisico, di cui ha bisogno. Poi sarà presa dal senso di colpa perché prova rispetto per tutti, ma questo senso la rende meno lucida, così si deve destreggiare tra caso e fortuna”.

Sono alto borghesi i Fournier, il fine settimana si passa d’abitudine in una magnifica magione di campagna, luogo che appassiona Jean soprattutto per le battute di caccia, ma per lei, Fanny, è un vero castello di noia, a cui s’adatta, finché… nella più modesta ma romantica mansarda dell’affascinante scrittore venuto dal passato – dopo un sandwich, e poi un altro, e un altro ancora al parco – accetta l’invito per una bolognese fatta in casa, accompagnata da un buon rosso e un miglior bacio.

“30 anni fa ero io il protagonista ed ero sempre più capace di scrivere parti più interessanti per le donne: mi hanno influenzato Williams, Bergman, che hanno scritto per le donne; non sono mai stato in grado di scrivere troppo bene parti maschili, tranne che per me”, aggiunge Allen, che pure ha scritto un raffinato Jean Fournier dall’inquietante profilo damerino e un Alain che più francese non sarebbe potuto essere, impeccabile nella gestualità morbida e avvolgente, così come nella camminata rilassata quanto elegante.

Ma se il maritino sembra perfettino, la scaltrezza non gli manca, l’ombra interiore evidentemente gli appartiene, e così nasce il sospetto per il tradimento, questione a cui in quattro e quattr’otto trova una soluzione pulita, integerrima e così Fanny, dapprima sconcertata e poi rassegnata di essere stata abbandonata da Alain, si rimette in pari con se stessa e il suo ruolo da trofeo, addirittura assecondando l’idea di una festa per rinnovare la promessa d’amore e una richiesta di allargare la famiglia da parte del consorte.

Se il Coup de Chance del film è il tema, un coup de foudre (colpo di fulmine) per la verità s’innesca nella mamma di Fanny (Valerie Lemercier), proprio durante il party “di matrimonio”: lì, tra il romanticismo e il punto di vista plurale delle signore e dei signori su questioni come fedeltà e tradimento, lei intercetta un’informazione nota ai più ma non a lei, sulla misteriosa scomparsa di un ex socio di Jean – “come fosse stato rapito dagli alieni”, commenta un ospite -, mai rintracciato, forse individuato in quel corpo riemerso dalle acque, ma niente più. E Lemercier spiega proprio che:“all’inizio credevo fosse una donna molto intelligente e Woody mi ha detto: ‘non è così intelligente come sembra, è una mamma normale; è meglio che qualcosa di straordinario accada all’ordinario’, una frase guida. Woody ci ha riunito tutti e quattro in un hotel, ha detto: ‘non parlerò, non vi dirigerò, vi arrangiate con la vostra arte drammaturgica’, ma alla fine ci ha diretto davvero ed è stato interessante parlare con lui”.

S’instilla il dubbio nella mamma, che cerca, indaga a modo suo, discreto ma forse non troppo per Jean, che riesce sempre a trovare una soluzione, anche in questo caso. Ma Jean, che a differenza di Alain al caso ci ha sempre creduto, non crede all’ironia dello stesso e detesta chi si affidi alla sorte, perché “la fortuna la si costruisce”, afferma; sbagliando evidentemente…

Con una narrazione che semina indizi, furbescamente quasi a spostare dalla direzione verso cui corre il mistero, e senza un grande colpo di scena, ma altrettanto non offrendo mai niente di prevedibile a più riprese, il film – per un dettaglio, perché Fanny ritrova nella soffitta di Alain qualcosa che lui mai avrebbe potuto lasciare lì partendo – e perché… il caso coglie anche chi lo respinge, Coup de Chance raggiunge l’epilogo portando lo spettatore alla soddisfazione dell’imprevedibile, del divertimento intelligente, che – quasi quasi – si sintetizza tutto nello sguardo perfetto della Lamercier tra le frasche del bosco.

“…la vita è una variabile aleatoria, un miracolo da non sprecare…” scriveva, d’altronde, Alain nel suo romanzo in fieri e , continua Allen, “credo non ci sia nulla che si possa fare contro la morte! È una brutta cosa che esiste. Alla fine del film lasciamo il sottotitolo: ‘non pensarci troppo’, ed è quello che noi possiamo fare, perché non c’è via di fuga, non dobbiamo pensarci, dobbiamo distrarci”, conclude e – rispetto al concetto di “chance” – si dice essere stato “molto fortunato, con una vita bellissima; compito 88 anni a breve, non sono mai stato in ospedale e nulla di terribile mi è mai successo; quando ho cominciato a girare film tutti hanno enfatizzato quello che facevo bene, sono stati generosi; sono stato spesso lodato e ho ottenuto rispetto, quindi una buona fortuna fino a questo pomeriggio, che spero continuerà!”, magari anche per realizzare “una bellissima idea per NY: se qualcuno folle uscisse dall’ombra, e si fidasse, girerò di nuovo a New York”.

Se si tinge di commedia e thriller, che colore ha davvero Coup de Chance? Vittorio Storaro, autore della fotografia, dice che “da quando nel 2015 ho incontrato Woody riconosco in lui un grande scrittore: per me è fondamentale capire il concetto della storia e così capire come io possa usare la luce per analizzare il concetto delle parole; quando gli ho presentato il progetto mi ha fatto un grande complimento, per me: ‘Vittorio, tu vuoi visualizzare quello che io ho scritto’. Io senza uno scritto e senza un regista non esisto: letta questa sceneggiatura ho individuato la possibilità di unadualità cromatica, Fanny e il marito. Così ho dato a lei una luce naturale con toni caldi, solari; mentre nella casa ho scelto l’azzurro, connesso al pensiero, alle emozioni. Un tono di intelletto e uno di emozione”, accompagnando questo commento a una precisazione che afferma forte e puntuale: “non sono un direttore della fotografia, ma un autore: Venezia deve imparare ad aggiornarsi da nomi di mezzo secolo fa. Scusate l’aggressività ma volevo difendere il rispetto per il regista e per la fotografia: non si può avere due ‘director’ in un film, il regista e il direttore della fotografia, questa è stata un’arroganza – negli Anni ‘60” – da parte di certi colleghi americani”.

Coup de Chance esce al cinema entro l’anno con Lucky Red.

04 Settembre 2023

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