CORTI DIGITALI


Dopo Sei come sei (i corti di Cinecittà) il cortometraggio, da sempre terreno privilegiato della sperimentazione per registi, direttori della fotografia e attori, incontra di nuovo il digitale “ufficiale”, quello in alta definizione. E lo fa nel modo più innovativo e rischioso, collaudando cioè la versatilità di un nuovo modello di telecamera digitale della Panasonic (la DVCPro HD Varicam) rispetto ad una complessa architettura di effetti speciali.
Le riprese di Red Pause si sono svolte dall’1 al 3 ottobre a Roma, nell’Aula Magna dell’Istituto George Eastman, e in esterni a Fidene. La regia e la fotografia sono di Italo Pesce Delfino, ormai affermato direttore della fotografia e videomaker. La produzione è della Sidecar Films & Tv (impegnata ora nel nuovo film di Edoardo Winspeare, Il miracolo) e della Cydonia. Pesce Delfino si era già cimentato in quello che per gli addetti ai lavori fu il primo esempio di “cinema digitale” in Italia, Due volte nella vita di Emanuela Giordano. Realizzato in 16mm e Digital Beta, il film dell’attrice e regista romana fu il prototipo di una serie di sperimentazioni, poi approdate a film come Scarlet diva, di Asia Argento.
Protagonista di Red Pause è Marco Messeri, in una prova da vero “one man band” grazie all’ausilio degli effetti speciali che lo clonano un numero infinito di volte. Il personaggio è un automobilista alle prese con laceranti problemi di coscienza una volta incontrato al semaforo un lavavetri extracomunitario.
Con la supervisione di Paolo Zeccara della Proxima, il dilemma in questione viene visualizzato tramite una lunga sequenza ambientata in un senato romano, in cui tutti gli astanti propongono la propria idea con più o meno tolleranza. Ognuno di loro è Marco Messeri, ovvero una parte della coscienza dell’uomo al semaforo.
Così l’attore s’infila in un numero infinito di personaggi diversi e recita con se stesso, aiutato da sagome di cartone di finti senatori, green back, potentissimi computer di post-produzione e una buona quantità di pazienza.
Ma l’idea del regista rispetto al digitale è più complessa. Non si tratta solo di accoglierne le potenzialità tecniche al servizio degli effetti speciali: è una vera e propria grammatica in fasce, che riscrive il linguaggio e consente nuove “prodezze” stilistiche e formali.
Pensato per la sala cinematografica, il film – che s’avvale anche della collaborazione di Arcipelago-Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini – verrà trasferito in pellicola e sarà pronto in primavera.

autore
10 Ottobre 2002

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